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De Mita: "La Dc, Berlinguer e Craxi. Il potere è una fatica"

 

Intervista a Ciriaco De Mita di Federico Bini

 

Da Nusco (AV) Lo storico leader della Democrazia Cristiana, all’età di quasi 94 anni racconta la sua ascesa politica iniziata da ragazzo e non ancora terminata.

Ciriaco De Mita è sindaco di Nusco dal 2014.

 

Presidente, intanto come si sente?

 

“L’età è lunga, qualche menomazione, ma non mi lamento, anzi mi lamento positivamente. La testa c’è”.

 

La storia di Nusco, di cui è ancora sindaco è strettamente legata a quella della sua famiglia.

 

“Mio padre è stato segretario della DC e sindaco di Nusco, ma la sua professione era quella di sarto. Nel paese cinque abitanti su dieci venivano nella

sua bottega, chiudevano la porta e si regolavano sul futuro”.

 

Quando ha iniziato a fare politica?

 

“A tredici, quattordici anni. Ero bambino e grande insieme. Io leggevo già i giornali, i pochi libri che arrivavano in paese. A Nusco c’erano due o tre

radio e io dopo un attento ascolto, nel primo pomeriggio andavo a passeggio con mio nonno che aveva le cataratte inoperabili. E quindi io lo accompagnavo

e quello in un certo senso ha determinato la mia qualità politica. Un giorno tutto contento arrivo da mio nonno e gli dico: “Abbiamo conquistato l’Amba

Alagi… è una ricchezza”, e lui: “Io non lo so, però con la guerra tutto si perde, con la pace tutto va bene”.

 

Come si schierò nel ’46 in occasione del referendum tra Monarchia o Repubblica?

 

“Io ero repubblicano insieme a parecchi ragazzi di questo paese, dove c’era una forte Azione Cattolica. A Nusco vinse la Monarchia per circa trecento voti.

La cosa divertente fu la chiusura della campagna elettorale perché mio padre era schierato con la Monarchia e io con una quantità di ragazzi di Nusco e

di Bagnoli a favore della Repubblica”.

 

L’altra dura battaglia si ebbe invece nel ’48.

 

“I comunisti erano molto forti ma noi facemmo una campagna elettorale casa per casa e avemmo la sensazione di essere quelli condivisi. Facemmo una campagna

elettorale seria perché nelle zone di campagna non c’erano le strade, la luce e l’acqua. E noi ci impegnammo a fare queste tre cose. E uno degli avversari

disse: “Sì, ma per fare queste cose ci vorrebbero 200 mila lire. Dove li pigliano?”. Insomma la credenza era molto forte e passò. Solo che le cose le facemmo

alcuni anni dopo”.

 

Nella sua zona era molto influente il democristiano Fiorentino Sullo.

 

“Io ho cominciato a fare un giornale ad Avellino intorno al 1940. Eravamo un gruppo di sei o sette giovani. Io mi ero appena imbarcato nell’attività democratica

cristiana e per pubblicare il giornale Sullo ci diede 500 lire. Con il patto che noi scrivevamo il giornale, ma lui lo poteva leggere solo dopo che lo

avevamo pubblicato. Prima mai! I miei rapporti con lui sono stati singolari e ho avuto occasione di dirglielo. Una cosa caratterizzava Sullo, non faceva

propaganda ma ragionava. E io nella mia vita politica lunghissima ho sempre e solo ragionato”.

 

Alla parete vedo una bella immagine di don Luigi Sturzo. Padre del Partito Popolare Italiano.

 

“Lui ha fatto l’Italia, non gli altri. All’inizio del secolo fu invitato dai socialisti. Il suo rapporto era con i socialisti - i comunisti ancora non c’erano

– e lui dice ai socialisti che mentre loro volevano togliere la terra agli agrari per conservarla, lui voleva invece darla ai braccianti in proprietà”.

 

E De Gasperi?

 

“Lui è stato il genio della politica estera”.

 

Con ‘il Patto di San Ginesio’ (1969) Lei e Forlani cercaste di dare una svolta generazionale alla DC?

 

“La DC non era un partito di vecchi ma delle diverse età. E c’erano parecchi giovani dell’Azione Cattolica che si iscrivevano”.

 

Il suo rapporto con i comunisti? Tra i democristiani è stato considerato quello più aperto al dialogo.

 

“Il Partito Comunista era fortissimo, io però ho fatto la lotta al comunismo fino al 1948, quando si aveva la sensazione della sconfitta o della vittoria.

Dal ’50 in poi io parlavo con il segretario dei comunisti, o meglio lui parlava con me, lo facevamo insieme. Berlinguer ad esempio aveva con me un rapporto

di una delicatezza infinita. Ricordo che una volta ho usato un’espressione e lui mi ha interrotto dicendo: “Ringrazi Dio che noi siamo amici… altrimenti

le cose sarebbero andate diversamente”. Ancora oggi non riesco a capire che cosa ho detto! Anche con Natta ero molto amico, una volta mi disse che Berlinguer

voleva fare il governo con me”

 

Anche Moro era favorevole all’apertura ai comunisti nella DC. Cosa vi differenziava?

 

“La differenza tra me e Moro è stata che io progressivamente pensavo qualcosa, lui non pensava progressivamente qualcosa, pensava la cosa che stava facendo”.

 

Un cattivo rapporto lo ha avuto con Bettino Craxi.

 

“Mi ha fregato una volta, la seconda si è fregato da solo. Io i socialisti non li conoscevo, erano un po’ saccenti e superbi… se dovessi dire che lavoravo

per l’alleanza con loro direi una bugia. Io ho avuto buoni rapporti con i vecchi socialisti appena eletto parlamentare, personaggi di grande saggezza poi

fatti fuori da Craxi. Ma c’è un episodio. Io Craxi non lo conoscevo, ero a Roma e uscivo dall’albergo accompagnato da Marcora. Lui e Craxi erano amici

politici, entrambi di Milano, Marcora lo saluta e lui risponde con una volgarità. Io rimasi un po’ così…”.

 

Con ‘il Patto della staffetta’ cercaste però un equilibrio.

 

“La sua condizione di salute mi apparve già incerta e mi propose di dividere i cinque anni a metà, però prima lui e dopo io. All’inizio lui assunse un atteggiamento

da capo e io lo snobbai. Mentre il vicepresidente democristiano lo sosteneva. Dopo lui venne da me parlando, pensando di fare altre cose, e quando stavamo

per arrivare al traguardo non voleva andare via”.

 

Com’è stata la sua esperienza da segretario della DC?

 

“L’ho fatto per sette anni e credo bene”.

 

Da presidente del Consiglio si dice che ebbe un buon rapporto con Gorbaciov.

 

“Ottimo rapporto. Una sera a cena gli chiesi di spiegarmi una cosa e lui la spiegò troppo bene. La moglie lo rimproverò, allora lui la guardò e disse: “Deve

sapere che mia moglie è comunista. Io cosa dovrei fare?”.

 

Si sente ancora democristiano?

 

“Io sono rimasto sempre democristiano. La sola cultura che rimane è quella democristiana”.

 

Il presidente della Repubblica Mattarella viene appunto dalla DC. Come giudica il suo mandato?

 

“Ottimo presidente. Secondo me il miglior presidente della Repubblica. Il nostro è un rapporto amichevole e antico”.

 

Per la presidenza della Repubblica punta su Draghi?

 

“No, spero rimanga a Palazzo Chigi?”.

 

Cosa serve per arrivare al Quirinale?

 

“I voti”.

 

E lui sulla carta li avrebbe…

 

“Lo mandano al Quirinale perché ognuno pensa di fare il presidente del Consiglio”.

 

Renzi e Calenda puntano a rifare un grande centro anche se partono già divisi.

 

“Sono nomi di persone che stanno da una parte o dall’altra purché siano presenti”.

 

Dimenticavo Mastella, appena rieletto sindaco di Benevento. Altra sua vecchia conoscenza democristiana.

 

“Mastella… Mastella è tutto. Centro, destra, sinistra”.

 

Chi sono stati i suoi maestri politici?

 

“Io”.

 

Cos’è il potere per De Mita?

 

“Il potere è una fatica e qualche volta una soddisfazione”.

 

Come si definisce De Mita in una parola?

 

“Ciriaco De Mita, anche se mi chiamerei Luigi Ciriaco De Mita”.

 

(da Il Giornale – 21 novembre 2021)

 

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