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Rivalutare i partiti - Perché bisogna ridisegnare il sistema politico con una legge elettorale proporzionale

di Mario Lavia

Se a Roma il 60% della popolazione non va a votare, allora “Italia, abbiamo un problema”. Riduttivo spiegare tutto con sociologismi scontati, lo smarrimento dinanzi alla crisi economica, l’orrore della pandemia, un certo smarrimento dinanzi al bombardamento mediatico. Tutto vero, ma soprattutto la gente non va a votare perché, in poche parole, l’offerta politica attuale non convince.

Caduta la grande illusione del populismo post-politico per il momento nulla sta prendendo il suo posto, c’è un reciproco assedio di debolezze ideali e in questo vuoto cresce la tentazione di aggrapparsi alle certezze del passato: ed è un errore.

Voler resuscitare un bipolarismo aggressivo tipo quello degli anni Novanta, che allora fu prodotto dal simultaneo avvento di una sinistra di governo e di un newcomer come Silvio Berlusconi, non ha molto senso. Negli anni Novanta il doppio turno in vigore alle amministrative incentivò la partecipazione - i mitici duelli Rutelli contro Fini, Bassolino contro Mussolini - ma oggi non è più così: perché mancano i soggetti (i poli) che stavano dietro quelle personalità, tra l’altro molto più forti di quelle di oggi.

Per questo Enrico Letta rischia di apparire un nostalgico che guarda indietro piuttosto che avanti e s’illude di poter utilizzare la sua immensa pazienza politica per mettere insieme un polo – addirittura battezzandolo col nome del “nonno”, il “Nuovo Ulivo” – composto da un Partito democratico in forte ripresa e da altri soggetti non identificati. Adesso farà un altro giro di incontri, auguri. Incontri per fare che?

Se poi guardiamo a destra peggio ci si sente. Forse senza rendersene pienamente conto ma è stata la stessa Giorgia Meloni a intonare una specie di de prufundis dell’alleanza di centrodestra ammettendo che lì coesistono tre linee differenti, il che non è un problema risolvibile con il solito vertice ad Arcore ma ponendosi finalmente una domanda di fondo: come stanno insieme il suo sovranismo “madrileno”, il populismo di Salvini e l’europeismo di governo di Forza Italia? Semplice, non stanno insieme. Che Giorgia stia pensando a tornare al proporzionale per giocarsi la sua partita dentro la destra?

Dunque, malgrado l’illusione ottica prodotta dal doppio turno, non esiste nessun bipolarismo reale, il quale tra l’altro avrebbe bisogno di due forti leader che al momento non ci sono né a destra né a sinistra. E infatti al governo c’è una personalità che non fa parte di nessuno dei due schieramenti.

Come ipotesi, si potrebbe anche sostenere che una parte dell’elettorato che si è astenuta lo ha fatto perché vede un certo modo di fare politica al governo che non è rispecchiato dai partiti – la serietà, la competenza: se un elettore di destra apprezza Draghi ma sulla scheda vede il nome di Michetti, resta a casa.

E in effetti il presidente del Consiglio è stato un po’ il convitato di pietra di questa tornata amministrativa. La bocciatura della leader antidraghiana Meloni, il successo del Partito democratico di Letta che non perde occasione per confermare sostegno al governo, il buon risultato di Calenda a Roma, il trionfo di Sala a Milano, l’eclissi del Movimento 5 stelle: tutto questo forma un quadro che non coincide affatto col bipolarismo muscolare che lo stesso Letta vorrebbe ricostruire.

Al contrario, per recuperare i consensi della marea di astenuti (è lì che si giocherà la partita delle politiche) e ricostruire il rapporto tra politica e società, occorrerebbe mettere mano a una seria operazione di rilancio dei partiti nella loro singolarità.

E davvero non si capisce perché un partito in salute come il Partito democratico non punti con decisione a riproporsi come una forza ambiziosa, si sarebbe detto anni fa “a vocazione maggioritaria”, ben oltre la ridotta del 20% in cui pare essersi accoccolato. E meno che mai si giustifica l’assenza di un qualunque processo aggregativo dei riformisti, in gara tra di loro invece di saldarsi, magari attraverso un processo di scioglimento in vista di una successiva ricomposizione.

Insomma, nessun dirigente di partito può pensare che il sistema politico possa restare così com’è. A tutti, ma proprio tutti, sta il compito di ridisegnare le regole, a cominciare da una legge elettorale proporzionale, e restituire un’anima alla politica. Se non si vuole che ai No vax si sostituiscano presto i No voto.

(da www.linchiesta.it - 20 ottobre 2021)

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