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Quando uno stato è fragile

di Angelo Panebianco

La vita degli Stati è influenzata sia dalla qualità delle loro istituzioni che dalla qualità dei leader che le guidano. Talvolta, nonostante le loro buone istituzioni, certi Stati si trovano comunque in difficoltà perché le circostanze hanno portato al potere capi di qualità scadente. Ci sono poi gli Stati che, a causa di una diffusa cultura anti-istituzionale, hanno istituzioni mal disegnate e mal funzionanti e non sono in grado di porvi rimedio. Alla loro cattiva sorte può talvolta rimediare (ma solo provvisoriamente) il caso o la fortuna.

Può accadere che circostanze eccezionali portino al potere, per un breve tempo, qualche leader di qualità. Danilo Taino (Corriere, 25 giugno) ha spiegato perché in una fase in cui Angela Merkel sta per lasciare la scena mentre su Emmanuel Macron incombe la difficile prova delle elezioni presidenziali del prossimo anno, spetti a Mario Draghi, capo di governo del Paese che è la terza economia d'Europa, un ruolo preponderante nella guida dell'Unione. Draghi però non ha alle spalle forti istituzioni, non guida una solida struttura di governo. Deve sopperire alla mancanza di quella struttura con la sua reputazione , il suo prestigio internazionale, le sue personali doti politiche.

E' tuttavia evidente che la debolezza istituzionale dell'Italia è un ostacolo con cui Draghi deve fare quotidianamente i conti tanto quando agisce sul teatro europeo tanto quando si occupa , per citare solo i dossier più caldi, di Libia o di Sahel.

Perché non possiamo permetterci forti istituzioni a differenze delle altre grandi democrazie occidentali? Perché noi italiani possiamo soltanto sperare che, di tanto in tanto, emerga un leader che, per le sue caratteristiche individuali, sia in grado di tenere per un po' la barra dritta, di impedire che la nave affondi?

C'è qualcosa di incongruo - ha a che fare con l' ottusità degli uni e con i calcoli di convenienza di altri - nel fatto che coloro che hanno sempre difeso lo status quo istituzionale, e che sono quindi responsabili della fragilità del nostro sistema di governo, siano gli stessi che si stracciano le vesti quando, nonostante la debolezza del contesto istituzionale, emerge di tanto in tanto un leader forte solo in virtù delle sue personali qualità . In genere , in quei momenti, essi hanno l'aria di scandalizzarsi per il fatto che il Paese sembri sul punto di affidarsi a un qualche supposto "uomo della Provvidenza".

In realtà, l'Italia continua ad assomigliare per certi aspetti, più che alle grandi democrazie europee, a certi paesi dell'America Latina ove una diffusa cultura anti-istituzionale mantiene deboli le istituzioni di governo e , per conseguenza , alleva innumerevoli caudillos specializzati nel cavalcare l'anti-politica. Tali caudillos, il cui successo dipende dalla debolezza delle istituzioni, sono di tanto in tanto tenuti a bada da qualche figura tecnica cui siano state affidate, in via provvisoria, le leve del governo. E' una eventualità rara, ma qualche volta accade, che il suddetto tecnico dimostri di possedere anche doti politiche.
Faccio tre esempi di quanto in Italia la faccia da padrone l'inconsapevolezza dell'importanza di disporre di istituzioni ben congegnate. Inconsapevolezza che, a sua volta, è la spia - proprio come accade in America latina - di una diffusa e radicata cultura anti- istituzionale.
Primo esempio: abbiamo visto in questi mesi di pandemia, quanto siano caotici, ingestibili, i rapporti fra Stato e Regioni. In tanti se ne sono lamentati. Ma il bello o il brutto è che molti di coloro che denunciano queste storture sono gli stessi che nel referendum del 2016 dissero no a una proposta di riforma costituzionale la quale, fra le altre cose, intendeva dare una veste più razionale ai rapporti centro- periferia. Come mai i suddetti non si rendono conto del rapporto che c'è fra il fallimento di quella proposta di riforma e l'attuale ingovernabilità del sistema Stato/Regioni?
Secondo esempio. Tutt'ora , come mi è capitato di sentire in una recente trasmissione televisiva dedicata alla giustizia, ci sono addetti alla comunicazione e intellettuali vari che chiamano "giudici" i procuratori. Si tratti di semplice ignoranza oppure di malafede, se di fronte al grande pubblico confondi i procuratori con i giudici stai facendo una cosa molto grave: stai dando l'impressione che non ci sia differenza fra le azioni giudiziarie dei procuratori e le sentenze dei tribunali, stai contribuendo a rendere impossibile per il pubblico rispettare il principio della presunzione di non colpevolezza, fino a che sentenza non intervenga, degli indagati e degli imputati. Nemmeno la vigente unità delle carriere dei magistrati giustifica questi strafalcioni. E' un esempio di come il pressapochismo con cui, talvolta, tratta le istituzioni chi per mestiere dovrebbe sapere di cosa sta parlando, produca danni sociali ingenti. Ma tale pressapochismo , a sua volta, è il frutto di un'anti-istituzionalismo diffuso: l'atteggiamento di sospetto, quando non di aperta ostilità, nei confronti delle istituzioni della democrazia alimenta l'idea che, in fondo, il modo in cui esse sono congegnate non sia un fatto rilevante.
Terzo esempio. Che cosa c'è di "fascista" nei poteri istituzionali di cui dispongono in Gran Bretagna Boris Johnson, in Francia Emmanuel Macron, in Germania Angela Merkel? Tanto il governo del premier britannico quanto il semi- presidenzialismo francese, quanto, infine, il cancellierato tedesco sono strutture di governo forti, strutture che danno ampi poteri a chi ne occupa il vertice. Perché tutte le volte che si è tentato di dare poteri simili al nostro capo di governo , si è scatenata una canea contro il "fascismo alle porte"? Naturalmente, coloro che denunciano presunte marce su Roma sono spesso i primi a lamentare le inefficienze dei governi italiani.

Le democrazie che hanno solide istituzioni di governo devono subire, qualche volta, la presenza di leader mediocri . Nelle democrazie difficili, dotate di istituzioni deboli, di tanto in tanto salta fuori un leader adeguato. Di regola, si tratta di un evento fortuito e transitorio.

(dal Corriere della Sera - 27 giugno 2021)

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