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Draghi e i due populismi sui migranti da dominare (uno di destra e uno di sinistra)

 

Di CLAUDIO CERASA

 

Sullimmigrazione, europeisti e sovranisti hanno una linea comune: è colpa dellEuropa. E davvero così? Superare i dualismi farlocchi fra aprire tutto e fermare tutto si può. Quattro svolte per Draghi 

C’è una tassa ben più pericolosa e ben più divisiva che si intravede sullorizzonte del governo Draghi. Quella tassa non ha a che fare con laggravio proposto da Enrico Letta sulle successioni (riccastri, restituite il malloppo) ma ha a che fare con un tema destinato a diventare il primo vero elemento di scontro non di facciata tra le anime che vivono nella maggioranza di governo. La tassa in questione è una tassa squisitamente politica ed è quella che Mario Draghi rischia di dover pagare presto, quando il dibattito sullimmigrazione costringerà tanto il presidente del Consiglio quanto i partiti presenti in maggioranza a dover rispondere a una domanda semplice: che fare? E soprattutto: cosa dire?

 Nella giornata di oggi, (25 maggio ndr), il presidente del Consiglio cercherà di porre il tema al centro del dibattito del Consiglio europeo organizzato tra ieri e oggi a Bruxelles in via straordinaria. Ma per quanto il tentativo di spostare il dibattito in Europa sia nobile è difficile non accorgersi di un paradosso che vale la pena affrontare: la sostanziale simmetria sullimmigrazione da parte dei partiti europeisti e dei partiti non europeisti. Tutti convinti a vario titolo che la conclusione di ogni ragionamento relativo alla gestione dellimmigrazione non possa che coincidere con unaltra domanda, la cui sola esposizione equivale a un atto di accusa: signori belli, ma dove diavolo sta lEuropa?

 Per i sovranisti, la colpa di Bruxelles è quella di non controllare come dovrebbe i confini dellEuropa (linea: limmigrazione non va governata, va solo fermata). Per i non sovranisti, la colpa di Bruxelles è invece quella di non voler redistribuire in Europa i migranti che arrivano in Italia (linea: limmigrazione non va governata, va solo accettata). Entrambe le pose sono facilmente vendibili sul mercato dellopinione pubblica e sono facilmente contrapponibili nellarena dello scontro politico (vergognatevi, li volete far affogare in mare; vergognatevi, volete farci invadere). Ma entrambe le pose (che diverranno sempre più esplicite con lavvicinarsi delle amministrative) hanno il difetto di alimentare due sentimenti destinati a fare dellimmigrazione un elemento di divisione, da spendere agevolmente in campagna elettorale per rinfacciare agli avversari di essere alloccasione o amici dei trafficanti di esseri umani o fascisti desiderosi di affogare i migranti. La vera rivoluzione a cui potrebbe contribuire il governo Draghi è una rivoluzione desiderosa, come si dice, di passare dalla stagione dei capri espiatori a quella delle soluzioni. E per provare a imboccare questa traiettoria ed essere un po concreti occorre mettere da parte le soluzioni impossibili e concentrarsi sulle soluzioni possibili. 

Scaricare sui paesi membri il dovere di accogliere i migranti che lItalia sostiene di non poter accogliere (idea resa difficile non solo dal no di paesi come lUngheria, lAustria, la Polonia ma anche dalla presenza di una complicata campagna elettorale con cui dovranno fare i conti nei prossimi mesi Germania e Francia) è una soluzione che può permettere di tamponare un problema (laccordo di Malta, strutturato su base volontaria, lo abbiamo visto e onestamente non funziona) ma in definitiva sposta lattenzione dai quattro veri capisaldi su cui dovrebbe investire un paese con la testa sulla spalle per superare lo sterile dualismo aprire le frontiere vs bloccare i confini. Il passaggio necessario da compiere è quello di non chiedere più allEuropa di condividere in Europa i problemi che ha lItalia (moltiplicare i problemi non aiuta a risolverli) ma è quello di spostare lattenzione al cosa fare concretamente per governare il fenomeno dallesterno (sapendo quanto può essere difficile intervenire in un paese in bilico come la Libia), mettendo in altre parole in atto tutte le azioni necessarie affinché limmigrazione venga governata (e laddove serve, fermata) prima ancora che questa possa diventare un problema strutturale. Se è vero, come si dice, che una democrazia non può rinunciare allidea di conciliare sicurezza e umanità è altrettanto vero che questa idea passa dalla promozione di quattro direttrici precise.

 Primo: scommettere ancora più di oggi sui corridoi umanitari per i rifugiati che ne hanno diritto (corridoi monitorati a livello internazionale dallUnhcr). Secondo: scommettere su un sistema rafforzato di rimpatri volontari da implementare nel Nordafrica ancor prima che i migranti possano imboccare le rotte del mare (sistema attualmente già coordinato dallOim, lOrganizzazione internazionale per le migrazioni, a cui lUnione europea potrebbe dare un contributo sostanzioso stanziando il denaro necessario per aumentare gli accordi bilaterali con i paesi da cui provengono i migranti). Terzo: scommettere (citofonare nel caso a Roberto Maroni) su un decreto flussi annuale più ampio rispetto a quello di oggi necessario per definire le quote di migranti economici di cui lItalia ha bisogno (oggi il grosso dellimmigrazione, in Italia, arriva da paesi come la Tunisia e il Bangladesh, ovvero non da paesi i cui cittadini hanno diritto allasilo). Quarto: combattere una guerra senza quartiere contro i trafficanti di esseri umani, che dovrebbe portare non solo al rafforzamento della famosa guardia costiera libica (non volerla rafforzare significa non voler governare limmigrazione) ma anche alla chiusura dei centri di accoglienza illegali (perché non affidare allEuropa la gestione dei centri di accoglienza che si trovano in Libia e perché non pretendere che la Libia in cambio di aiuti non dia accesso alle organizzazioni internazionali  in tutti i campi dei migranti?).

 Rinunciare a considerare i confini dei paesi nordafricani come i veri confini dellEuropa (cosa che lItalia ha iniziato a fare nel 2017, ai tempi del governo Gentiloni-Minniti, quando il nostro paese ha accettato di inviare le sue truppe in Sahel) significa non voler entrare nella carne viva dei problemi che riguardano limmigrazione. E significa voler accettare il fatto che la Turchia possa governare in modo indisturbato i due rubinetti da cui parte limmigrazione in Europa: la rotta balcanica e la rotta libica. Per provare dunque a disarmare il conflitto destinato a maturare nel governo sul tema dei migranti Draghi ha due opzioni: accodarsi al coro dellEuropa irresponsabile, sapendo che per Salvini rompere le uova nel paniere sullimmigrazione è lunico modo che ha il leader della Lega per fare il Pierino senza pagare dazio, o portare la discussione sullimmigrazione dal piano di ciò che lEuropa dovrebbe fare a ciò che lItalia potrebbe fare per non investire lEuropa di missioni impossibili. E la linea Letta (aprire le frontiere) e la linea Salvini (bloccare i confini) sono due posizioni facilmente comprensibili ma se le si guarda con attenzione sono destinate per ragioni diverse ad aggravare i problemi scaricandoli interamente sullEuropa. Chissà se anche su questi temi Draghi avrà o no il coraggio di sparigliare. 

 

(da Il Foglio - 25 MAGgio 2021)

 

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