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Il grande consenso di Draghi e la nascita di nuove prospettive politiche liberaldemocratiche

 

di  Antonio Preiti

 

Un’inchiesta di Format Research e Sociometrica, in collaborazione con Linkiesta, svela che gli italiani non considerano l’ex banchiere centrale un tecnico,

ma un fatto politico nuovo, diverso, con un’identità specifica: il 38% crede che abbia un’ispirazione di centro-destra; il 21% di centro-sinistra, ma la

maggioranza relativa, 42%, ne vede un’ispirazione riformista.

I processi politici innestati dalla formazione del Governo Draghi sono profondi e coinvolgono le dinamiche dell’offerta (i cambiamenti di leadership e di collocazione governativa dei vari partiti) e ora anche le dinamiche della domanda politica degli elettori (i cambiamenti molecolari di percezione e attribuzione di valore verso i leader e i partiti).

  Quest’ultima indagine di Format Research e Sociometrica documenta chiaramente i cambiamenti politici in corso, destinati a produrre presto conseguenze ampie

e profonde nel panorama italiano. Però prima di darle volto e contenuto, vediamo i fenomeni messi in evidenza da questo lavoro:

 

– c’è un “effetto Letta”: in pochi giorni il PD conquista 3 punti percentuali arrivando al 18,3% e, ancora più significativamente, ritorna al secondo posto, dopo esser stato scavalcato dal Movimento 5 stelle (che torna al quarto posto) e da Fratelli d’Italia;

 

– c’è un “effetto Conte”, che si è registrato nelle settimane scorse, ma che oggi appare stemperato, tanto che, pur giudicando il 24% degli elettori un

fatto positivo che Conte assuma la leadership del Movimento (evento negativo solo per il 5%), non gli impedisce di registrare una caduta delle preferenze;

 

– il consenso per Draghi è grande (il 63% esprime un giudizio molto positivo), ma soprattutto è da sottolineare che il 42% degli elettori sostiene che siamo

davanti alla nascita di nuove prospettive politiche complessive, non solo davanti a un cambio di leadership;

 

– questa percezione è del tutto coerente con l’asserzione del 43% degli italiani, che percepisce Draghi non come un “tecnico”, ma come il protagonista “di una politica nuova e diversa da quella del passato”, insomma lo vede come un leader politico a tutto tondo, e non come un “tecnico prestato alla politica”;

 

– gli elettori che, in termini relativi, sostengono maggiormente Draghi sono gli elettori di Italia viva, di Azione, del PD e di Forza Italia; mentre quelli che lo sostengono di meno, e in assoluto, sono quelli di LEU, ancor meno di quelli di Fratelli d’Italia che pure sta all’opposizione, seguiti dal Movimento 5 stelle. In sostanza, c’è una relativa asimmetria tra appoggio parlamentare e preferenze degli elettori. È abbastanza evidente che le preferenze (o almeno

la simpatia politica) verso Draghi sono minori dove le “nuance” siano più “populiste”: nel caso degli elettori del Movimento 5 stelle la spaccatura è netta:

il 52% lo sostiene e il 48% non lo sostiene.

 

Alla domanda sull’appartenenza e sul significato politico di Draghi, il cambiamento di prospettiva appare ancora più evidente. Richiesti di rispondere a chi, dal punto di vista dei contenuti e dello stile politico, Mario Draghi assomigli di più, il 37%, rispecchiando le caratteristiche del governo, risponde che Draghi è un “mix politico” che prende un po’ da tutti i partiti della maggioranza. Il 23% degli intervistati, però, risponde in un altro modo: sostiene

che Draghi non è il risultato della “media politica” di quel che c’è, ma è un leader politico del tutto nuovo, con una sua identità specifica, distintiva.

Sono pochi perciò quelli che lo avvicinano “tout court” a un singolo partito: il 17% lo vede vicino al PD e il 16% lo vede vicino a Forza Italia; solo

il 3% lo vede vicino ai partiti centristi o alla Lega, e solo l’1% vicino al Movimento 5 stelle.

 

Il diavolo del cambiamento, come se non bastassero i dati generali, si nasconde nel dettaglio, perché una specifica domanda è stata posta per capire come si possa sintetizzare, e forse semplificare (vista la complessità della sua figura), la sua ispirazione ideologica. E in questo caso c’è forse la sorpresa

più grande, ma anche la prova della particolare percezione della sua figura come qualcosa di nuovo rispetto al panorama pre-esistente al suo governo, perché

il 38% ne vede un’ispirazione di centro-destra; il 21% un’aspirazione di centro-sinistra, ma la maggioranza relativa , 42%, ne vede un’ispirazione liberal-democratica

(o riformista).

 

È abbastanza evidente che in Draghi si possano cogliere insieme elementi di cultura conservatrice (a cominciare dalla sobrietà dello stile), una sensibilità verso la sinistra riformista e naturalmente un’appartenenza al mondo liberal-democratico, un mondo che come cultura politica è sempre stato abbastanza minoritario in Italia. Oggi l’asticella dell’orientamento politico generale del Paese, confluendo nella medesima direzione di offerta e domanda politica,

sembra decisamente spostarsi verso questo mondo, anche se non è chiaro con quale combinazione elettorale e con quale distribuzione di partiti e di liste.

Anche perché alcune label hanno perso i loro caratteri radicali e sono diventate onnicomprensive (chi non si direbbe oggi democratico, liberale o riformista?

sebbene ciascuno a modo suo) e perciò per la distinzione politica non basta la declamazione della label, ma ci vuole molto di più (caratteristiche del

leader, decisioni effettive, lessico, evocazione di pantheon diversi e altro ancora). Il modo di fare politica sta cambiando, e forse i media sono quelli che non lo hanno capito abbastanza.

 

Cosa ne potrà sortire sul piano dell’offerta politica, allora? Un Pd che riprenda fortemente la sua natura liberal-democratica e riformista, ideologia da cui non è mai stato conquistato? Una Lega che a sua volta entri appieno nel grande gioco europeo con una legittimazione definitiva quale “forza di governo” legittima? I gruppi centristi a geometria variabile, che possano aggiungere una forza politica sullo scenario politico di una certa consistenza?

 

La sensazione, questa sì molto netta, è che la tregua del governo di (quasi) tutti i partiti, stia liberando energie dagli steccati in cui non tanto le ideologie, ma la logica asfissiante del clickbait dei social media, avevano “costipato” per troppo tempo. L’esito politico di questa doppia pressione dal lato dell’offerta (nuovo governo Draghi con un presidente dal profilo massimamente politico e minimamente partitico) e dal lato della domanda (la libertà

riconquistata di vedere fatti e protagonisti politici con nuova libertà e creatività di pensiero) è ancora tutto da scrivere e la scrittura dipende dal coraggio e dalla creatività di una nuova azione politica e di un nuovo pensiero politico, magari insieme.

 

(da www.linchiesta.it – 21 marzo 2021)

 

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