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Da Indiana Jones al Dottor Marsala - Il maschio di mezz’età e la sindrome del rischio zero

di Flavia Perina

Dicono le mie amiche su Facebook: «Avanza un Astrazeneca? Datelo a me», risultando a quanto pare più ardimentose dei loro compagni che gonfiano la bolla del «ve lo avevo detto, è pericoloso» e quella de «lo Spuntnik è l’unico sicuro». Ora che a Ragusa un vigile urbano è morto dopo il Pfizer, magari bisognerà buttare un occhio pure lì, ed è immaginabile che i fanatici del Rischio Zero saranno solerti nella caccia al caso sospetto (gira anche la segnalazione di un morto Pfizer nel Siracusano, si vede che la Sicilia è particolarmente esposta).

 

Ecco, questa davvero non ce la aspettavamo nel Paese dove gli attuali settantenni sono cresciuti immaginando di guidare a fari spenti nella notte (Emozioni, Battisti, 1970) e i sessantenni celebrarono la maturità invocando giornate da Steve McQueen (Vita spericolata, Rossi, 1983). Ragazzi che andarono in autostrada a centocinquanta all’ora senza casco e acquistarono sostanze proibite tagliate con chissà cosa,  ora pretendono la Sicurezza Assoluta Garantita dallo Stato, e par di capire che preferirebbero un eterno lockdown piuttosto che affrontare la modestissima realtà statistica delle reazioni avverse alla fatale iniezione (30 casi di trombosi segnalati su cinque milioni di vaccinati Astrazeneca in Europa).

 

Persino il sindacato dei Carabinieri Sim, gente che lavora contro i delinquenti e le mafie con la pistola alla fondina, invoca lo Stato Maggiore: serve «estrema attenzione» nel decidere il proseguimento della campagna vaccinale. Molti militari, dice, hanno segnalato crampi e dolori muscolari, oltre che le immancabili trombosi (quante? Dove? Boh), patologia che una volta preoccupava solo le vecchie zie con vene varicose e adesso inquieta pure i giovani maschi in divisa (immaginarli mentre si esaminano le gambe cercando rigonfiamenti è tremendo, ma probabilmente corrisponde alla realtà).

 

Il più spiritoso in rete è stato Vincenzo Vitulli, avvocato di imprinting radicale: «Abbiamo, come generazione, consumato, in maniera costante, sostanze di dubbia composizione, trasportate in orifizi di dubbia igiene da sudamericani di dubbia provenienza e venduteci al dettaglio da gente di dubbio gusto in giardinetti con dubbia illuminazione. Non credo dovremmo avere molti dubbi sulla possibilità di farci inoculare un vaccino dai dubbi effetti collaterali». Però è una voce isolata, e pure lui appare sospetto al partito del Rischio Zero: nell’immagine di copertina ha la partita a scacchi del Settimo Sigillo tra Antonius e la Morte, e infatti molti non capiscono la battuta e lo contestano: «Dubbia similitudine».

 

Il contrappasso dell’italiano medio è servito. Parafrasando Pitigrilli si potrebbe dire: si nasce Indiana Jones e si muore Dottor Marsala, il personaggio che entrava nello studio di Alto Gradimento strascicando i piedi e lamentandosi: «I dolori, i dolori…».

E tuttavia la sindrome Rischio Zero nel maschio italiano di mezza età va indagata meglio, più profondamente, anche perché ha convinto la Repubblica e poi a cascata mezza Europa a sospendere un pezzo determinante dei piani vaccinali. Insomma, non è uno scherzo.

 

Innanzitutto: perché maschio? Perché sono gli uomini, soprattutto, quelli che pretendono il Rischio Zero, ma anche il genere dove il gap tra esibita arditezza e tremarella da iniezione risulta più evidente. La vita esagerata, la vita maleducata, la vita “che se ne frega, di tutto, sì” è prevalentemente roba loro, e tutta loro è (è stata) pure la presunzione di superiorità antropologica ed esistenziale, il “vedi cara, è difficile spiegare se non hai capito già” (Vedi Cara, Guccini, 1970). Che franino emotivamente davanti allo 0,0 virgola di possibili reazioni avverse fa riflettere sulla saldezza delle loro personalità.

 

I signori anzianotti che fanno circolare l’ansia da vaccino, almeno dalla mia esperienza web, sono gli stessi che denunciano le invasioni di cinghiali e di zanzare-tigre, invocano coperture assicurative condominiali contro la caduta di asteroidi, vedono in ogni acquazzone una bomba d’acqua, dopo tre giorni di pioggia paventano il Vajont («Non passate da Ponte Milvio, c’è il Tevere in piena!») e di notte ti telefonano per informarti: c’è stato il terremoto in Turchia, ma si è sentito benissimo anche qui a Ravenna.

 

Si potrebbe ironizzare a lungo sulla categoria e sulle sue contraddizioni, ma la vera domanda è un’altra: quand’è che la politica ha deciso che l’ipocondria fosse valore sociale da tutelare? Come, per quali vie, gli ipocondriaci sono diventati così potenti da influenzare le scelte dei governi? C’è una P2 degli ipocondriaci che agisce nei palazzi del potere italiani? Mentre cerchiamo le risposte, proporrei soluzioni semplici per Astrazeneca: datelo a chi lo vuole e mettete in coda quelli del Rischio Zero, l’ipocondria è senz’altro un diritto individuale ma appare esagerato imporlo come dovere collettivo.

(da www.linchiesta.it - 17 marzo 2021)

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