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Ruggenti (ma consapevoli) anni Venti. Non come un secolo fa

di Danilo Taino

Tutti speriamo in una primavera di rinascita, però dovremo evitare che il decennio finisca come nel 1929

Si dice che questo decennio potrebbe somigliare agli Anni Venti del Novecento, all'Età del Jazz. Che in arrivo ci sia una stagione di spensieratezza, anche di follia, di ebollizione delle arti e della politica come quella seguita alla Prima guerra mondiale e alla pandemia dell'influenza Spagnola che provocarono decine di milioni di morti. Forse ci stiamo avviando verso Anni Ruggenti come reazione alle privazioni imposte dal Covid-19 e dai lockdown. Durante la presentazione dei suoi dati di bilancio, la multinazionale L'Oréal ha citato esplicitamente i "Roaring Twenties" parlando di nuovi rossetti e profumi. E le sfilate di moda di New York e Londra hanno puntato su un ottimismo roboante per lo stile dei prossimi anni. Il business della bellezza dovrebbe saperla lunga nell'interpretare lo spirito dei tempi. Tutti speriamo in una primavera di rinascita e che anche in economia gli Animal spirits possano galoppare.

Dovremo però evitare che il decennio finisca come nel 1929, con un crash globale. Si tratta di non ripetere l'errore di un secolo fa, di non considerare chiusa una crisi che chiusa non era nemmeno allora, tanto che si ripresentò con la seconda delle guerre mondiali, per molti versi continuazione della prima.

Nel nostro caso, dovremo essere preparati alle pandemie del futuro, quelle che gli esperti sono certi arriveranno. L'esperienza dell'anno trascorso è stata di un'enormità tale che l'idea si possa ripetere risulta inaccettabile. E inaccettabile dovrebbe risultare ai governi di tutto il mondo. A quelli democratici ancora di più, perché una lezione della pandemia da Covid-19 è che la Cina può limitare i danni con un lockdown garantito da esercito e polizia, le società libere no: se scelgono quella strada non possono che fallire, così come in gran parte dei casi è successo.

Ci possono essere alternative ai lockdown assoluti? In questa crisi probabilmente non si poteva fare a meno dei confinamenti, generalizzati e parziali. Quando l'Italia, esattamente un anno fa, si è trovata, primo Paese occidentale, al cospetto del coronavirus, sorpresa e impreparata, non ha potuto fare altro che seguire il modello cinese. E così è diventata essa stessa un modello per i Paesi che l'hanno seguita nella pandemia. Si poteva fare meglio, in Europa e negli Stati Uniti, come si è fatto nella Corea del Sud, in Nuova Zelanda, a Taiwan e altrove. Fatto sta che la risposta lockdown-centrica non ha funzionato nell'evitare la diffusione del virus e i milioni di morti e ha distrutto imprese e posti di lavoro.

Oggi possiamo affermare che questo approccio non funzionerebbe nemmeno in futuro, almeno nei molti Paesi nei quali la libertà è tenuta in conto dalle popolazioni.
Il problema, dunque, sta nell'essere preparati alla prossima pandemia ai livelli nazionale e internazionale. Nel primo caso, con la riforma e il potenziamento della Sanità. Con la sua organizzazione territoriale, con una rete d'informazione capace di individuare l'arrivo e la circolazione del virus, con un sistema digitale di monitoraggio, con una rete di strutture in grado di effettuare test, con il mantenimento di reparti di terapia intensiva in tutto il Paese, con personale medico e ospedaliero preparato. E con la messa in sicurezza della rete digitale che ci ha permesso di resistere nella crisi.

Cosa si tratta di fare è chiaro agli esperti del settore e le imprese e la società possono mobilitarsi per realizzarlo. Un'intrapresa costosa che per di più per lungo tempo potrebbe non dovere essere utilizzata interamente. Ma molto meno costosa di quanto lo è stata la crisi da Covid-19.

Sul versante internazionale, i Paesi democratici che hanno i muscoli finanziari e organizzativi più robusti - ma anche la Cina - dovranno studiare e mettere in pratica un'organizzazione su scala globale, in collaborazione con le imprese private e con fondazioni come quella dei coniugi Gates, che possa individuare tempestivamente i punti di pericolo, li sappia isolare e si dia le risorse per migliorare i sistemi sanitari dei più poveri. L'idea che lo possano fare le Nazioni Unite e il suo braccio Organizzazione Mondiale della Sanità è bella ma probabilmente illusoria: occorre la leadership dei governi dei Paesi più ricchi. Anche qui, costi consistenti ma risparmi alti in prospettiva.

Ora sappiamo che i vaccini funzionano, che la strada per battere la pandemia è forse imboccata. In questo anno trascorso, la scienza e la tecnologia hanno fatto balzi in avanti portentosi, nei vaccini, nella diffusione del digitale, nell'intelligenza artificiale, nelle telecomunicazioni e in molto altro. Si può evitare che la tragedia si ripeta uguale a sé stessa. I Roaring Twenties non dovranno essere un breve e spensierato decennio verso la prossima sciagura.

(dal Corriere della Sera - 14 marzo 2021)

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