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Commento Introduttivo

IL governo Draghi ha giurato. Finalmente siamo usciti dall'incubo di Giuseppe Conte e dei suoi governi un po' tendenti al giallo-verde e un po' al giallo-rosso.
Ora l'Italia può sperare di iniziare un percorso di guarigione, anche se la malattia sarà dura da sconfiggere.
Sì, perché si tratta di una patologia ampia e ben radicata nella nostra società, un virus assai preesistente al Covid-19.
Quel virus che ha progressivamente creato un clima di ripiegamento e di adattamento al ribasso; quel virus che ha fatto sì che il nostro paese non riesca a crescere come gli altri partner europei ormai da un trentennio.

E' tutta colpa della politica, come una diffusa narrazione vorrebbe far credere? La mia risposta è no. Certo la politica ha abdicato al suo ruolo di saper tracciare la rotta, ma gli italiani non le hanno chiesto il buon governo, le hanno chiesto sussidi, prebende e regalìe. Diversamente non si spiega il motivo per cui in Parlamento siedono i rappresentanti di certe forze politiche.
Non è veritiero il paradigma che vorrebbe una politica sporca in contrasto con una società pulita. La politica rispecchia gli umori della società. Si potrà dire ogni cosa del nostro ordinamento, ma non si potrà certo dire che i parlamentari siedono in Parlamento per volontà dei marziani.

appare chiaro che il tema vero è quello di una forte capacità di incidere in profondità sugli elementi distorsivi del nostro sistema paese: una strada che si potrà sperare di imboccare solo di fronte ad un progetto politico ampiamente condiviso.

Un obiettivo che non può quindi essere circoscritto all'arco temporale di un governo, bensì ad una stagione politica, pensata e gestita con orizzonti intelligenti e lungimiranti.
E' quindi sbagliato caricare un governo di eccessive aspettative, quasi fosse dotato di poteri palingenetici. In Italia abbiamo anche questo vizio, peraltro alimentato anche dai media: quello di mettere qualcuno su un piedistallo, per poi farlo cadere nella palude.

Detto tutto ciò, il Governo Draghi è quanto di meglio è possibile in questa fase. Anzi, diciamolo con chiarezza: è quasi un miracolo che una legislatura iniziata con un governo presieduto da un avvocato di nome Giuseppe Conte e sostenuta da una maggioranza Lega-M5S, poi proseguita con un governo Pd-Leu-IV- M5S sempre presieduto dallo stesso Giuseppe Conte, che al titolo di Avvocato può fregiarsi di aggiungere quello di "Campione italiano del trasformismo", veda la nascita di un governo guidato dalla più qualificata personalità disponibile, che certo imprimerà una decisa svolta nella gestione delle emergenze, e ridarà decoro all'Italia nei consessi internazionali.

Il percorso per un disegno realmente riformista sarà lungo e molti tenteranno di arginarlo. Ma intanto uno iato c'è stato: gli schemi politici così come si sono sinora consolidati hanno fallito e, comunque vada, si dovrà pensare ad una nuova stagione. All'uscita dal Governo Draghi, le cose non potranno essere più come prima...

Ma intanto godiamoci la festa: Conte non è più a Palazzo Chigi, così come non sono più nella compagine di governo figure che in un paese normale, o nell'Italia di altri tempi, nei palazzi del governo avrebbero potuto al massimo aspirare a vincere un concorso per commesso.
Così come era iniziata e proseguita, mi sembra veramente un miracolo!

Paolo Razzuoli

L’Italia inizia la guarigione - Draghi indica la nuova direzione, lo stolto guarda la riconferma dei ministri politici

di Christian Rocca

La priorità dell’Italia, come abbiamo scritto prima ancora che cominciasse la crisi favolosa che ci ha finalmente liberato di Giuseppe Conte e di Rocco Casalino, era appunto quella di rimuovere Giuseppe Conte e Rocco Casalino da Palazzo Chigi, scrivere un Recovery plan serio e accettabile, organizzare una campagna nazionale di vaccinazione, far tornare i ragazzi a scuola e risolvere le liti tra comari con le Regioni.

Con grande sapienza politica, Mario Draghi ha formato un governo che raggiunge tutti o quasi questi obiettivi: Conte non c’è più se non nel cuore di Travaglio e, ahimè, di Giuliano Ferrara, Casalino presenta le sue memorie di successo, il team recovery è stato sostituito in toto, Lucia Azzolina e Francesco Boccia sono stati giubilati.

È rimasto in pista solo l’altro saggista del team precedente, Roberto Speranza alla Sanità, ma si confida ancora nella sostituzione di Domenico Arcuri, il super commissario nominato da Palazzo Chigi e non dal ministero. In sostanza, Draghi controlla l’economia, con Daniele Franco, lo sviluppo, la transizione digitale, la transizione ecologica, cioè i 209 miliardi del Recovery plan, ma anche le infrastrutture, l’istruzione, la giustizia e, quando sostituirà Arcuri, anche la salute pubblica. Ai politici ha lasciato le briciole, fingendo di accontentarli. Chapeau.

Roberto Speranza è il leader di LeU, così come Luigi Di Maio, confermato agli Esteri, è il leader dei Cinquestelle. Difficile estrometterli dal nuovo esecutivo che hanno contribuito a formare. Allo stesso modo sono rimasti in Consiglio dei ministri Lorenzo Guerini, garante dell’atlantismo italiano, e Dario Franceschini, viceré della Cultura sebbene mutilata delle competenze sul Turismo, accorpate in un nuovo ministero affidato al leghista Massimo Garavaglia.

C’è l’ingresso al governo del vicesegretario Andrea Orlando al Lavoro, non esattamente un esperto della materia, come non lo era Di Maio nel Conte uno, mentre il sandersiano Peppe Provenzano lascia il ministero per il Sud, affidato a Mara Carfagna.

Draghi non solo tiene per sé e per i suoi tutto ciò che serve, ma abbandona anche la visione pseudo declinista dell’alleanza Conte-Pd e prende una direzione sicura a favore della crescita, con il leghista presentabile Giancarlo Giorgetti allo Sviluppo economico, al posto del grillino Stefano Patuanelli, spostato all’Agricoltura, con la liberale Mara Carfagna al Sud, più un interessante ministero turistico con capacità di spesa. E lo fa, soprattutto, con sei tecnici di grande valore, capacità e visione come Vittorio Colao alla transizione tecnologica, il quale si riscatta dopo l’umiliazione subìta da Conte agli Stati generali, come Enrico Giovannini alle Infrastrutture, come l’uomo di Leonardo/Finmeccanica Roberto Cingolani alla transizione ecologica (mica un grillozzo come avevano previsto i retroscenisti), come l’accademico Patrizio Bianchi all’Istruzione, uno che vuole una scuola orientata al lavoro, come il rettore Cristina Messa all’Università, fino a Marta Cartabia che è pronta ad azzerare gli anni bui di Alfonso Bonafede alla Giustizia.

Una squadra nuova, ma con i capi corrente della precedente coalizione e con le conferme di quelli bravi, tra cui la renziana Elena Bonetti alla Famiglia, con Maria Stella Gelmini che difficilmente farà litigare il governo con le regioni guidate dal centrodestra, più gli esperti che vengono dal privato in aggiunta alla riconfermata Luciana Lamorgese all’Interno.

Menzione d’onore per il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, prossimo uomo chiave del governo. Garofoli era il capo di gabinetto del Ministero dell’Economia del Conte uno, un funzionario costretto a dimettersi in seguito a una campagna populista che lo accusava di essere la «manina» manipolatrice della legge di bilancio. Quella campagna sulla «manina» era stata orchestrata da un certo Luigi Di Maio, forse un omonimo del Ministro degli Esteri che da domani risponderà alle convocazioni di Garofoli.

La guarigione italiana può iniziare.

(da www.linchiesta.it - 13 febbraio 2021)

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