A cura di Paolo Razzuoli
Il 10 febbraio di ogni anno, dal 2004, si commemorano le vittime dei massacri delle foibe e il dramma dell'esodo giuliano dalmata, con la giornata del ricordo. Fucinaidee se ne è sempre occupata, proponendo ai suoi lettori testi di approfondimento su una delle vicende più drammatiche legate al secondo conflitto mondiale.
La "Giornata del Ricordo" venne istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 13 aprile 2004. La data prescelta è il giorno in cui, nel 1947, furono firmati i trattati di pace di Parigi, che assegnavano alla Jugoslavia l'Istria, il Quarnaro, la città di Zara con la sua provincia e la maggior parte della cd. Venezia Giulia.
L’art. 1 della legge afferma che la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo" al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia
degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa
vicenda del confine orientale.
L’art. 2 precisa che in tale giornata sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine
e grado ed è altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservarne la memoria.
Non si possono comprendere a pieno questi eventi se non si possiede una adeguata conoscenza della storia. E l'ignoranza della storia, anche per colpa di una scuola sempre meno attenta ai contenuti, è oggi purtroppo così largamente diffusa fra i giovani, nonostante l'enfasi posta dai responsabili della politica scolastica sul tema dell'educazione civica.
Quindi parliamo un po' di storia...
Il "Giorno del Ricordo" celebra la memoria di un’intera popolazione costretta dagli eventi storici ad esiliare dai confini dell’Italia orientale per sfuggire alla pulizia etnica attuata dal governo comunista jugoslavo.
Ripercorriamo le principali tappe di quei drammatici eventi, per conoscere una parte importante
della nostra storia e per cercare di capire le motivazioni che hanno portato ad ‘insabbiare’, per circa sessant’anni, un capitolo così tragico del dopoguerra italiano.
Gli eventi dai quali ha origine l’esodo istriano sono identificati nella caduta del regime fascista di Mussolini, con il successivo scioglimento del Partito Nazionale Fascista, e la dissoluzione delle Forze Armate.
Nelle regioni balcaniche confinanti con l’Italia le forze comuniste di Josip Broz, detto ‘Tito’, prendono il sopravvento sui territori di Croazia e Slovenia.
Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 esplode la prima ondata di violenza.
I partigiani di Tito si vendicano dei fascisti, colpevoli di aver condotto su quegli stessi territori una politica di italianizzazione piuttosto violenta, gestita con metodi discutibili nel periodo a cavallo tra le due guerre.
I fascisti e gli italiani ostili al comunismo diventano nemici da eliminare; inizia così il massacro delle foibe.
Migliaia di persone vengono gettate nelle cavità carsiche, tipiche della Venezia Giulia.
Dopo una fase di resistenza da parte dei tedeschi, con la caduta del Terzo Reich, il IX Korpus di Tito occupa l’Istria e la Dalmazia; siamo nel maggio del 1945.
Il nuovo governo comunista si accanisce nuovamente contro gli italiani.
Il processo di eliminazione si svolge attraverso un’esecuzione a dir poco atroce, che vede i condannati a morte legati l’uno all’altro, con un fil di ferro stretto intorno ai polsi, attendere la propria fine sugli argini delle foibe.
L’avvio della strage di massa è innescato da un mitra che spara a raffica sui primi tre o quattro componenti della catena umana, i quali precipitando nelle cavità trascinano con loro il resto dei condannati.
Per i sopravvissuti alla caduta la sofferenza è inimmaginabile: costretti ad attendere la propria inevitabile fine sui cadaveri dei compagni e tra sofferenze fisiche indicibili.
Con il Trattato di Parigi, firmato il 10 febbraio 1947, la Jugoslavia ottiene l’Istria, Fiume, Zara, la Dalmazia e le isole del Quarnaro, per cui inizia a dedicarsi con maggiore forza alla ‘gestione’ degli italiani sui territori conquistati.
L’intento di Tito si palesa chiaramente in una strategia che mira ad un’integrazione subordinata degli italiani ritenuti meritevoli; tutti gli altri, ovvero quelli di determinate classi sociali e quelli contrari all’annessione, sono da espellere in quanto non integrabili nello Stato jugoslavo. Si tratta ovviamente della maggioranza, per la quale inizia un tragico esodo innescato dalla speranza di allontanarsi da un clima di terrore e incamminarsi verso condizioni di vita migliori.
Le stime attuali rivelano che dal 1944 al 1958 circa 300.000 persone furono costrette ad abbandonare le proprie case e le proprie terre, al confine orientale con l’Italia, per cercare fortuna altrove.
Gli esuli arrivati in Italia non vengono accolti in maniera benevola; al contrario, la maggior parte viene confinata in campi profughi allestiti all’interno di caserme, scuole e strutture di vario genere.
Oltre ai numerosi disagi pratici, gli esuli giuliano-dalmati sono costretti a sopportare anche atteggiamenti ostili da parte di connazionali, anche se in moltissimi casi non mancarono esempi di grande solidarietà.
Soprattutto i comunisti - e le varie loro propagini nei corpi intermedi - li osteggiarono in quanto persone che abbandonavano uno stato comunista, che per loro era ovviamente il traguardo supremo dell'azione politica. Circa gli altri, venivano visti come concorrenti per quel poco di lavoro che c'era. Non va infatti dimenticata la condizione di miseria generalizzata in cui versava allora il paese, e le non certo lusinghiere possibilità di trovare un lavoro che consentisse di risolvere il problema della fame.
Come ho sopra accennato, non mancarono tuttavia esempi di grande solidarietà, così come non mancò una legislazione che permise a molti di rifarsi una vita dignitosa in Italia.
Come già accennato, per molto tempo eventi come il massacro delle foibe e l’esodo istriano sono stati in un certo senso silenziati, per motivi di natura culturale, ideologica e politica.
Qualcuno ha addirittura ‘giustificato’ i terribili eventi come una sorta di reazione popolare spontanea, attivata dall’idea radicata che i profughi fossero in realtà fascisti. Fortunatamente la storia si è incaricata di sconfessare queste tesi, sorte ed in un certo senso anche alimentate da coloro che, (purtroppo non mancano mai), pretendono di piegare l'esegesi storica alle loro esigenze politiche.
Dell’anno 1947 viene ricordato un episodio passato alla storia come il ‘treno della vergogna’.
L’episodio riguarda alcuni esuli provenienti da Pola che sbarcarono ad Ancona per poi proseguire il viaggio in treno fino a La Spezia.
Durante la prima sosta sul territorio italiano gli esuli non ricevettero la solidarietà che si aspettavano; la gente del posto, convinta che si trattasse di fascisti in fuga, riservò agli ‘stranieri’ connazionali un’accoglienza fredda e ostile, al punto che si rese necessario l’intervento dei militari.
Da Ancona il viaggio proseguì a bordo di un treno merci.
Presso la stazione di Bologna la Croce Rossa Italiana e la Pontifica Opera di Assistenza avevano predisposto un pasto caldo, ma la sosta saltò a causa di una sassata contro i convogli organizzata dai ferrovieri comunisti per impedire la fermata in stazione del cosiddetto ‘treno dei fascisti’.
Il treno fu quindi costretto a ripartire per Parma, dove finalmente i profughi, tra i quali tanti anziani e bambini, riuscirono a ricevere assistenza e qualche pasto prima di raggiungere definitivamente La Spezia.
A proposito di Pola, noi lucchesi non dobbiamo dimenticare che De Gasperi incaricò di gestire l'esodo da questa città, che rimase quasi disabitata, l'On. Giovanni Carignani, un nostro illustre concittadino purtroppo prematuramente scomparso nel 1961, a seguito di un incidente stradale.
La tragedia delle foibe spiegata dalla storica Barbara Bracco
Lucca, 10 febbraio 2021