Di Vittorio Barsotti
Parlare di Walter Tobagi a pochi giorni della ricorrenza del suo martirio sembrerà un po’ retorico rispetto a quella data, ma il sacrificio di questo giovane giornalista va oltre la ricorrenza. Esso va ricordato sempre.
Impegnato come cronista serio e puntuale, senza sbavature nel trattare gli argomenti più crudi, Tobagi ha lasciato una lezione memorabile alla storia del nostro Paese. Ha rappresentato il vero muro di una tendenza alla sopraffazione, quella degli anni di piombo dove, per dirla con Eco, la soluzione di continuità tra la seconda guerra ed il dopoguerra non è stato mai così marcato.
Quindi nella sua opera di storico del sindacalismo e di meticoloso giornalista, Tobagi aveva sollevato grandi contraddizioni tra i movimenti della sinistra e della sinistra c.d extraparlamentare.
Con il ’68, la differenza tra i vari movimenti, a cominciare dal Movimento Studentesco fino ai marxisti-leninisti si era spessita con la demarcazione della Linea rossa. L’operaismo di fabbrica, rappresentato dai CUB (comitati di Base) si contendeva con il Sindacalismo di tradizione che tardava ad affermarsi contro quella che si definiva lotta di classe ed a cui faceva, comunque, l’occhiolino il Pci senza, però, venir meno al contrattualismo con i “padroni” (Lama-Benvenuto) e definendo i “compagni che sbagliano” quelli dell’ala più oltranzista della sinistra (frutto di scissioni nella sinistra storica e già nel 1964 nasceva il PSIUP) che avrebbe partorito, purtroppo la lotta armata, formata, piaccia o meno, in gran parte da ex-comunisti e dai rivoli di Lotta Continua, Avanguardia Operaia, Potere Operaio e Marxisti-Leninisti.
Questo denunciava Tobagi apertamente, specie nel suo ruolo
di Presidente del Sindacato della Stampa e per prendere le parole di un’altra
vittima indiretta del clima di bieca contrapposizione che si allargherà anche
alla magistratura, Sergio Moroni, “Tobagi nella Milano degli “anni di
piombo” capitanò la rottura della corrente maggioritaria di sinistra, attivò
una scissione ed una conseguente chiarificazione proprio nel rifiuto del motto
“nessun nemico a sinistra”e mise in crisi ed in minoranza, a partire dal
Corriere della Sera, un sindacalismo estremista e fortemente ideologizzato fino
ad allora dominante”.
Il suo pregio, ma fu questo anche la sua condanna a morte, è stato quello dello
smascheramento di una Sinistra che della tolleranza verso queste frange
pericolose aveva fatto un motivo politico ed in particolare il PCI che aveva
lasciato loro libertà di intervento nelle Università, restando al di fuori
della mischia, a condizione di non aver avversari nella leadership delle masse
lavoratrici.
Tutto questo Tobagi scriveva con una lucidità assoluta ed insopportabile per i gestori della lotta armata di allora, spesso anche oggi, i residui rappresentanti di questa triste e violenta pagina politica nazionale, ancora restano poco isolati e talora lasciati impuniti.
Si deve ricordare Tobagi, ma soprattutto leggere i suoi scritti dove alla denuncia delle contraddizioni unisce anche la speranza concreta del futuro quando sostiene l’esigenza di tenere duro ed avere fiducia in quello che lui chiama il “recupero riformista”. “Infatti- scrive- è necessario che chi governa sfugga alle suggestioni delle spontanee istanze di base. Se venisse commesso questo errore, se il recupero riformista - nonché realizzato - non fosse neppure tentato, la macchina del tempo potrebbe tornare indietro con conseguenze traumatiche per l’indispensabile equilibrio democratico”.
Parole quanto mai attuali, ancor più nella cornice in cui oggi ci troviamo ad operare!!!