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Cara Azzolina, belle le 24 pagine sul rientro a scuola. Ma praticamente?

di Maria Laura Antonelli

Cadono le braccia nel leggere il documento tecnico partorito dal Comitato tecnico scientifico sulla scuola. Metà del testo ci informa su dati statistici e numerici che conoscevamo già. L’altra metà è un articolato invito a lavarsi le mani e a tenere le distanze. Non c’è alcun respiro futuro su cosa la scuola potrà essere, da settembre, dopo questa lunga claustrofobia. Speravamo di più da dotti, medici e sapienti, ma non c’è stato nulla da fare.

Gli edifici scolastici di più recente costruzione sono 21mila. Per recente, si intende edificati dal 1976 in poi, quasi cinquant’anni. 23.800 invece sono stati tirati su tra il 1946 e il 1975. Altri 3.800, infine, stanno in piedi dal 1920. Siamo proprio sicuri che distanziamento sociale, ridefinizione della numerosità delle classi, differenziazione dell’inizio delle lezioni, rimodulazioni/riduzioni orarie, uso degli spazi esterni, distanziamento di due metri in palestra, e ci fermiamo qui, sia tutto possibile in scuole così vecchie, in moltissimi casi? Qualcuno del Comitato tecnico scientifico ci ha messo piede (con i dovuti accorgimenti, non sia mai) nelle scuole di cui si parla? Il tempo c’era, non solo per mettere insieme le carte.

I ragazzi devono stare a distanza di un metro: che si fa? Si usano i banchi con doppio posto mettendocene uno, ma a quel punto si deve ridurre la numerosità della classe di un terzo. E dove i ragazzi stavano stretti già, che si fa? Si moltiplicano le sezioni, si ricomincia con classi da quindici, per cui, magari alle superiori, dove avevano iniziato in 25 dal prossimo anno faranno la seconda ginnasio A e A1? E poi, come si riuscirà a rispettare l’indicazione del Cts quando dice che “nella prospettiva della riapertura delle attività didattiche in presenza la modalità a distanza potrà rappresentare un momento integrativo e non sostitutivo, diversamente applicato e commisurato alle fasce di età degli studenti”. Ehi, leggete bene. Un modo per dire tutto e non dire niente, perché se è integrativo, non potrà essere prevalente come sta accadendo ora. Come la mettiamo.

Ma tornando un passo indietro: ai presidi che in questo momento stanno formando le classi prime, alle medie come alle superiori, qualcuno ha dato indicazioni dal ministero di viale Trastevere? Perché si può dire come un mantra di voler eliminare le classi pollaio, ma se non si fa una legge i dirigenti scolastici devono attenersi a quella che c’è. Per quanto dividono al fine di formare le classi? Per 15, per 10, per 20 o per 25/28 come sono stati costretti a fare ormai da quasi vent’anni?

Quando la scuola ricomincerà, dal primo settembre (poi si vedrà regione per regione), i docenti dovranno occuparsi del recupero dei ragazzi con il debito e leggersi i Pai (Piani di apprendimento individuale) richiesti dalla ministra Azzolina per moltiplicare la burocrazia cartacea della scuola (Bes, Dsa, etc, etc, etc...). E, nello stesso tempo, dovranno avviare, si presume, l’anno scolastico per le loro classi. Il come, quanti a distanza, quanti in presenza, quante classi? Boh. Quel che si capisce bene dal rapporto è che tutto dovrà essere pulito e continuamente ripulito: sanificazione, mani pulite, mascherine (che a questo punto qualche ragazzo se la terrà anche a distanza). Dispenser, ma no termoscanner (farsi misurare la temperatura all’ingresso non è obbligatorio, come non sono obbligatorie le mascherine fino a sei anni di età se si va a scuola).

Quanto al rispetto della 626, siamo a posto? Sa qualcosa il Cts? Hanno chiesto al ministero se tutte le scuole sono a posto con i precedenti criteri di sicurezza e quante invece aprono ancora in deroga? Quanti lavori di ristrutturazione sono stati appaltati, quanti iniziati, quanti ancora a livello progettuale? Per tutto quello che di avveniristico si deve fare nella scuola futura viene da immaginare che, con la spinta del governo, finalmente risolto a decidere cosa sia prioritario o cosa no (la scuola è frequentata tra docenti e studenti da quasi 8 milioni e mezzo di persone), ci sia un brulicare di attività, di cantieri, di confronti in corso, che da questo momento in poi non si parli d’altro e non si faccia altro che quel che possa darci una certezza a settembre. Vedete qualcosa in giro? Se sì, ditecelo, dateci un segnale di speranza.

 

Infine. Si parla (ma anche qui siamo ancora alla chiacchiera da bar) di ore di lezione ridotte a quaranta minuti. E’ così? Sarà così? I professori hanno un contratto che parla di 18 ore. Togliendo un quarto d’ora ad ogni ora (in moltissimi fanno 55 minuti su 60)  gli rimarrebbero a disposizione altre quattro ore. Avranno altre classi, quindi, un aggravio di consigli di classe, ricevimento genitori e quant’altro? Qualcuno al ministero dell’Istruzione si sta occupando degli effetti della didattica a distanza (perché passato il momento del quanto è bello stare a casa ci sono ricadute fisiche e mentali di cui tener conto, e questo vale per tutte le categorie in smart working, naturalmente).
Ci vorrà una normativa anche qui o facciamo un eterno stato di eccezione? Adesso ci dovrà essere un documento della task force del ministero. Qualcosa è già trapelato e non siamo molto lontani da quanto ha scritto il Cts. Ma avere fiducia non costa niente.

(da huffingtonpost.it 31 maggio 2020)

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