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Alberto Alesina ci ha lasciati

A cura di Paolo Razzuoli

Quando, ieri 24 maggio, ho appreso la notizia della morte del Prof. Alberto Alesina, sono rimasto di ghiaccio. Alesina è stato stroncato da un infarto, mentre era in montagna - negli USA - con la moglie.
Il Prof. Alesina era, a parere dei più, uno degli economisti italiani più lucidi e lungimiranti. Di formazione bocconiana, era stimato moltissimo anche all'estero, tanto che era in predicato per il premio Nobel. Era docente presso la prestigiosa Harvard University di Boston, dove era amato da studenti e colleghi. colleghi.
Ho avuto il privilegio di averlo conosciuto personalmente, in occasione di un convegno organizzato da IMT qualche anno fa a Lucca.
Ho da sempre ritenuto particolarmente interessanti le sue analisi, scritte per il Corriere della Sera a quattro mani con Francesco Giavazzi, di sovente pubblicate su questo sito.
Sul profilo personale e culturale di Alberto Alesina propongo ai lettori di Fucinaidee due testimonianze: la prima appunto di Francesco Giavazzi, l'altra di Mario Monti, che di Alesina fu insegnante e relatore di tesi di laurea alla Bocconi.

Ciao, Alberto appassionato di vita e conoscenza

di Francesco Giavazzi

Indomabile era la passione di Alberto per la montagna: per i ghiacciai dell'Alaska e per la roccia dura grigia del suo Monte Bianco, che contrapponeva con tagliente ironia alle "colline" dolomitiche. Indomabile era la passione per la ricerca, che lo portò ad aprire sempre nuove vie, e ad uscire dai sentieri già battuti. "Se vogliamo che l'economia come disciplina sopravviva - diceva - dobbiamo estenderne le frontiere all'ambito della storia, della sociologia, senza temerne il confronto". Testarda la sua ossessione per le pareti di vetro contro le quali si scontrano le vite e il lavoro delle donne.

L' ultimo capitolo de "L'Italia fatta in casa" (Mondadori 2009) scritto qualche anno fa con Andrea Ichino, confronta una sera nella casa di una famiglia italiana e di una americana. Poche pagine che valgono molti trattati sull'eguaglianza di genere. E poi testardo cercava l'origine di questi fenomeni. "La fertilità e l'aratro" un articolo scritto con Paola Giuliano e Nathan Nunn e pubblicato sull'"American Economic Review" nel 2011 cerca evidenza a favore dell'ipotesi che diversi atteggiamenti verso il ruolo delle donne nella società riflettano differenze nelle tecniche agricole utilizzate alcune migliaia di anni fa. Nelle società in cui la coltivazione della terra utilizzava la zappa, le donne partecipavano attivamente all'attività produttiva. Invece, dove si usavano tecniche di coltivazione intensiva, che utilizza l'aratro, il lavoro agricolo richiede molta forza e quindi è riservato all'uomo. In queste società gli uomini tendono a specializzarsi in agricoltura e le donne nella produzione domestica. Una differenza che è sopravvissuta secoli e secoli dopo.

Nella sua straordinaria vitalità si interrogava sulle società multi-etniche e sul loro destino. "L'immigrazione farà scoppiare l'Europa" scrisse in un capitolo di Goodbye Europa (Rizzoli 2006) almeno un decennio prima che iniziassero ad arrivare i barconi dall'Africa del Nord. Una linea di ricerca che sviluppò negli anni mostrando come l'aumento della diversità etnica fosse negativamente correlato con i livelli di fiducia, il capitale sociale, la qualità dei governi e il supporto dei cittadini alle politiche redistributive.

Indomabili erano la sua curiosità e il suo intuito. Una curiosità per le dinamiche della società e per la sua storia. Curiosità verso la vita delle persone che gli erano vicine, studenti, colleghi, amici, che si trattasse di economia, di fisica, di scienze cognitive. La curiosità delle persone intelligenti, che non smettono mai di ascoltare e di imparare.

Fu questa la qualità che fece di lui un maestro e un mentore per così tanti studenti e studentesse che oggi si sono fermati, attoniti, in silenzio. Studenti molti dei quali sono diventati negli anni collaboratori e colleghi, perché Alberto, sebbene solitario e taciturno, fu, nel lavoro un collaboratore insaziabile.

Infinita la sua umanità. Alberto era una persona rara in cui intelligenza e lucidità di pensiero si incontrano con un'impietosa auto-ironia. Solo verso la stupidità e la banalità era insofferente, spesso sprezzante. Come tutte le persone intelligenti era sempre pronto ad ammettere i suoi errori. Quante volte, dop o una mail scontrosa, molto succinta, in risposta ad una mia affermazione d'acchito ritenuta sciocca, lo chiamavo e gli spiegavo perché secondo me sbagliava. La ruvidezza della mail lasciava il posto all'intelligenza, e se contrapponevi un buon argomento la conversazione si concludeva, Hai ragione tu. Un dialogo ininterrotto da trent'anni.

(dal Corriere della Sera - 25 maggio 2020)

Il ragazzo della Bocconi

di Mario Monti (*)

Ricordo Alberto Alesina diciannovenne, quando nel 1976 entrò alla Bocconi attratto dal DES, il nuovo corso quinquennale in Discipline economiche e sociali, voluto dal rettore Innocenzo Gasparini. Era una classe selezionata, poco numerosa, alla quale insegnavo Teoria e politica monetaria e, con altri docenti, Economia politica. Alesina era, così come il suo compagno Vittorio Grilli, tra gli studenti più appassionati a quelle materie. Il prof. Gasparini doveva aver visto giusto. Di quei due ragazzi, Alberto sarebbe diventato presidente del dipartimento di Economia ad Harvard e uno dei più autorevoli economisti al mondo, Vittorio avrebbe avuto, tra le altre, la posizione di Ministro dell'Economia e delle Finanze. Le loro compagne e compagni di corso avrebbero avuto responsabilità elevate in altri campi.

All'avvicinarsi della tesi di laurea, nel 1979, Alesina intensificò le visite al mio ufficio, che condividevo con tre colleghi di Istituto. Piano piano, inanellando discussioni sempre più approfondite - lui doveva chiedersi "chissà se riesco a fare la tesi con Monti", io ripetevo tra me e me "vorrei proprio prendermelo io questo Alesina pieno di talento" - concordammo una tesi sul tema "Inflazione, indicizzazione e stabilità : un'analisi teorica".
In quegli anni incoraggiavo i miei studenti ad impegnarsi su temi che comportassero solide basi teoriche, ma tenendo gli occhi ben aperti su quello straordinario "laboratorio" nel quale vivevamo : un Paese, l'Italia, che aveva attraversato una crisi dopo l'altra, con un intreccio di inflazione, disavanzi pubblici, squilibri nei conti con l'estero non riscontrabili altrove. Questa patologia non poteva venire spiegata, a mio parere, se non si fosse guardato anche ai costi e benefici politici che le diverse scelte di politica economica comportavano per i soggetti che le compievano. Ma questo richiedeva anche un'attenta analisi delle istituzioni, sia economiche che politiche.

In quell'atmosfera cominciarono a forgiarsi giovani economisti come appunto Alesina, laureatosi nel 1981, e Guido Tabellini, laureatosi un anno prima, che sarebbero diventati artefici della moderna "Political Economy".
Dopo la laurea consigliai ad Alberto di proseguire gli studi negli Stati Uniti. Decidemmo di essere abbastanza ambiziosi : Harvard. I titoli di Alberto erano molto forti. Per parte mia, scrissi una lettera di presentazione a Benjamin Friedman, presidente del Dipartimento di Economia di Harvard. Alberto fu ammesso. Probabilmente non sapevano di essersi così assicurati, a pronti, uno studente eccezionale e, a termine, un futuro presidente del dipartimento.

Nel corso della sua luminosa carriera, il professor Alesina non ha mai smesso di pensare alla sua Alma Mater. Dopo che la Bocconi, con una decisione lungimirante che rompeva una tradizione e fu ostacolata, offrì una cattedra di Economia all'ingegner Francesco Giavazzi, si formò un forte sodalizio Alesina-Giavazzi dal quale, se posso permettermi, trasse grande beneficio anche il "Corriere della Sera". Non supereremo presto, credo, la tristezza nel veder apparire da sola la firma di Francesco.

Certo ne ha beneficiato molto la Bocconi, sia per i molti allievi di valore che da quell'incontro intellettuale sono scaturiti, sia perché così abbiamo potuto avere una maggiore vicinanza, e spesso l'insegnamento come visiting, del professor Alesina per i nostri studenti. A volte, Alesina è stato critico con la Bocconi. Dei suoi consigli abbiamo tenuto conto e ho l'impressione che fosse fiero dei progressi realizzati. Lo ha attestato con simpatia anche in occasione della presentazione, presieduta da Ferruccio de Bortoli, del suo libro "Austerity" con Giavazzi e Carlo Favero, che ha appena ricevuto il prestigioso Premio Hayek.

Uomo di grande passione civile, esprimeva opinioni influenti sulle politiche economiche degli Stati Uniti, dell'Italia, di tanti altri Paesi. E lo faceva con schiettezza. Ricordo un editoriale di Alberto e Francesco sul "Corriere" nel dicembre 2011, particolarmente critico nei confronti del governo dell'epoca, da me guidato. Di prima mattina ricevetti una telefonata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che mi disse : "Caro Mario, ho letto l'articolo di Alesina e Giavazzi. Non si può dire che alla Bocconi viga il pensiero unico..." Gli risposi : "Presidente, è questa la forza di un'università".

Grazie, Alberto, per quello che hai fatto per tutti noi, da quei giorni del 1976. Ci mancherai, ma non ti dimenticheremo.

* Mario Monti è attualmente presidente dell'Università Bocconi

(dal corriere della Sera - 25 maggio 2020)

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