logo Fucinaidee

Commento introduttivo

La crisi che sta investendo il CSM è una delle più gravi che si sta abbattendo sul nostro paese. Un paese già peraltro già lacerato da molteplici versanti di crisi, politiche, economiche, direi complessivamente di sistema.
Forse è proprio questa molteplicità di crinali di crisi la ragione che sta mettendo in ombra la grave situazione che sta investendo il Consiglio Superiore della Magistratura: uno scandalo di cui si parla poco, nonostante la sua carica dirompente per la credibilità di un pilastro di qualsiasi ordinamento statuale, qual è appunto la magistratura.

A mio avviso non si tratta di un "fulmine a ciel sereno", bensì del punto di implosione di un processo di sbandamento che viene da lontano e che, da più parti di sicura credibilità è stato tante volte denunciato. Ma la politica non ha saputo far niente, se pur per ragioni diverse.
Il centrosinistra non ha mai saputo (o voluto) capire la pericolosità del crinale su cui si stava incanalando una parte della magistratura, politicizzata e animata da un crescente desiderio di assumere compiti supplettivi rispetto alla politica. Una posizione del centrosinistra, Credo, dettata da vari motivi, fra cui cito una certa propensione al giustizialismo di natura populista, presente nella cultura di certa sinistra, e una certa accondiscendenza per motivi di affinità politica con le parti più politicizzate della magistratura. Aggiungo che è questo uno dei terreni più significativi che hanno segnato negli anni un confine fra il mio pensiero politico rispetto al centrosinistra, almeno così come sinora lo abbiamo conosciuto.
Il centrodestra per carenze di elaborazione politico-culturale e, problema non da poco, per la scarsa credibilità sullo specifico tema del suo leader, più solerte nella ricerca di soluzioni ai suoi specifici temi che non alla ricerca di uno strategico disegno riformatore.
Entrambi gli schieramenti hanno poi mostrato una propensione a strumentalizzare le decisioni della magistratura, servendosene per ragioni di lotta politica, in barba a qualsiasi capacità di valutazione oggettiva dei fatti e dei ruoli.

Insomma, se pur di fronte alle autorevoli denunce della pericolosità della deriva che si stava imboccando, (sottolineo denunce provenienti da parti assolutamente estranee alla lotta politica), si è fatto finta di non vedere e di non sentire, tollerando prassi che - nel loro consolidarsi - ci hanno portato alla situazione esplosiva di questi giorni. Una situazione che - paradossalmente - è il frutto dell'applicazione degli strumenti propri della politica ad un organo che invece da essi dovrebbe tenersi deltutto al di fuori.

IL riequilibrio dei poteri dello stato è sicuramente un tema che dovrebbe trovare un posto privilegiato nell'agenda di un disegno riformista per l'Italia. Ma solo una politica forte e credibile, che sapesse immaginare un orizzonte di futuro, quindi che sapesse liberarsi dalla dittatura del presente, potrebbe trovare la forza per proporre un tale ambizioso disegno. Purtroppo, nella pochezza attuale, non si vede chi possa avere le carte in regola per una tale prospettiva.
E' sfortunatamente probabile quindi che l'attuale grave crisi del CSM rappresenti una ulteriore tappa, sicuramente di straordinaria gravità, di un processo di declino del Paese che non si riesce a capire come possa essere arrestato.

Propongo ai lettori di Fucinaidee un contributo di Giancristiano Desiderio, che mi pare contenga utili spunti di analisi, al di là delle proposte di soluzione che, ove dovessero verificarsi le purtroppo improbabili condizioni giuste, andrebbero ovviamente approfondite.

Paolo Razzuoli

La crisi del Csm e la profezia di Cossiga

di Giancristiano Desiderio

Quando si evoca, spesso e volentieri, la “questione morale” si fa riferimento alla magistratura affinché persegua secondo legge i corrotti e, per gli affezionati della mistica del giustizialismo, estirpi il Male. Ma quando la “questione morale” non riguarda in modo esclusivo i politici ma compare anche tra i magistrati e, addirittura, nello stesso Consiglio superiore della magistratura, allora, a chi si dovrà fare riferimento? David Ermini, che di quell’organo di autogoverno dei magistrati è il vicepresidente, ha pronunciato parole ferme e rigorose: “Gli eventi di questi giorni hanno inferto una ferita profonda e dolorosa; o sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi, o saremo perduti”.

Parole ancora più importanti perché sono state dette dal vicepresidente Ermini ma di fatto sono state pensate e dettate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che del Csm è presidente di diritto. Insomma, sembra che si sia finiti dritti dritti nella VI satira di Giovenale quando lo scrittore latino dice Quis custodiet ipsos custodes? ossia chi sorveglierà gli stessi sorveglianti? Manca, forse, solo Messalina ma – abbiate fede – vedrete che salterà fuori anche lei.

Riepilogo della vicenda.

La procura di Perugia indaga su un bel po’ di magistrati di Roma e l’ipotesi del reato è la pressione e il condizionamento per la scelta dei capi di alcune procure. Tra queste anche la stessa procura romana e, quindi, la scelta del successore di Giuseppe Pignatone. Luca Palamara, che fu già presidente dell’associazione nazionale magistrati, è indagato per corruzione, mentre il membro del Csm, Luigi Spina, è indagato per favoreggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio e si è dimesso dal Csm. Non mancano, come emerge dalle carte dell’inchiesta, altri fatti, altri particolari, altri uomini. Come la riunione in un albergo di Roma per decidere sulla nomina al vertice della procura romana. Riunione notturna con Luca Palamara, due parlamentari del Pd, Luca Lotti e Cosimo Ferri, e cinque consiglieri del Csm e di questi due si sono dimessi dal Csm: Gianluigi Morlini di Unicost e Paolo Criscuoli di Magistratura Indipendente.

Come è facile capire, il Consiglio superiore della magistratura è investito da un grande scandalo che lo delegittima agli occhi delle procure e degli stessi italiani. Un dramma morale al cui cospetto i casi di corruzione ordinaria sono scherzi tra bambini innocenti. Come se ne esce? Con grande difficoltà, se se ne uscirà.

Quando è scoppiato il “caso Palamara” è stato diffuso in rete un video del 2008 in cui l’allora presidente dell’associazione nazionale magistrati venne sbeffeggiato dal presidente emerito Francesco Cossiga. Il recupero di quell’intervista – fatta da Maria Latella per Sky –  e il dramma del Csm forniscono l’occasione per ricordare a tutti noi che proprio Cossiga considerava non la corruzione bensì proprio la giustizia “il più grave dei problemi del nostro Paese”. E siccome non si faceva illusioni, delineò anche una riforma dell’ordinamento giudiziario che definì con ironia “utopica” perché già presente in alcuni Stati come USA, Canada, Regno Unito, Germania, Svizzera per citarne alcuni.
In questa “riforma Cossiga” – che si può leggere nel libro Discorso sulla giustizia edito da Liberilibri – sono indicati tre caposaldi: terzietà del giudice, non obbligatorietà dell’azione penale, giurisdizione disciplinare estratta a sorte.

Come si vede, Cossiga sapeva molto bene che il Csm non è un buon organo di autogoverno della magistratura giacché, pur dichiarandosi indipendente e non politico, è invece politicizzato ed esso stesso fonte di partiti e cordate politiche. Non resta, allora, che creare sia il Consiglio superiore della magistratura sia la Corte costituzionale con il sorteggio. Oggi che il Csm è in crisi e si discute di rivedere i metodi di selezione dei suoi membri, sarebbe utile rileggere il “profetico” Francesco Cossiga e la sua “riforma”. Magari è proprio il sorteggio il modo migliore per rispondere alla domanda retorica di Giovenale.

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina