Qualche giorno fa Fucinaidee ha pubblicato l’appello di Emmanuel Macron.
Ora pubblichiamo il testo di
ANNEGRET KRAMP-KARRENBAUER, segretaria
generale della CDU tedesca.
Due figure rappresentative di culture politiche diverse, ma animate dalla
stessa, fortissima consapevolezza che la prospettiva europeista è l’unica
capace di garantire un futuro per il nostro continente.
Prospettiva che si potrà costruire mediante un progetto caratterizzato da forti punti di riferimento che, nel contempo, sappiano rassicurare sul presente e sappiano offrire speranze per il futuro. Ovviamente i due testi riflettono differenti sensibilità ed hanno punti di divergenza non certo marginali; i lettori che vorranno confrontare i due documenti potranno agevolmente individuarle. Ma sono un esempio di come un confronto dialetticamente sano e alto possa svilupparsi all’interno di una prospettiva storica e politica condivisa, e ben distante da cedimenti alle lusinghe della narrazione sovranista che sembra sempre più trovare consensi in ogni parte d'Europa.
Paolo Razzuoli
POCHI giorni fa, il presidente francese Emmanuel Macron si è
rivolto con un appello ai cittadini dell'Europa, dicendo che c'è bisogno di
agire con urgenza. Ha ragione, perché ci troviamo di fronte a domande urgenti:
vogliamo essere guidati in futuro da decisioni strategiche prese in Cina o
negli Stati Uniti? O vogliamo contribuire attivamente alla realizzazione di
regole per la futura convivenza globale? Vogliamo dare una risposta comune a un
governo russo che, in maniera ben evidente, ricava la propria forza dalla
destabilizzazione e dall'indebolimento dei vicini? Vogliamo infine
sottometterci alle idee politiche e sociali degli altri, oppure vogliamo
rappresentare in modo proattivo lo "European way of life" della
democrazia rappresentativa di tipo partitico, del parlamentarismo, dello stato
di diritto, della libertà individuale e dell'Economia sociale di mercato per
noi stessi e in tutto il mondo? A tutto questo non può che esserci una sola
risposta: la nostra Europa deve diventare più forte.
L'Europa è stata sinora una storia di successo
senza precedenti. Appartengo alla generazione felice che non ha vissuto alcuna
guerra. Lo dobbiamo a una comunità europea che ha imparato le lezioni dal
passato e che volge risolutamente lo sguardo in avanti. Noi europei viviamo in
una delle regioni più ricche e sicure del mondo, perché negoziamo i nostri
conflitti l'uno con l'altro al tavolo dei negoziati e abbiamo costruito un
sicuro muro difensivo contro le minacce esterne attraverso la stretta alleanza
transatlantica.
Eppure, molti guardano
all'Europa con inquietudine. Il consenso all'idea europea è in questo momento
più alto che mai: tuttavia, ciò di cui la Ue agli occhi dei cittadini sembra
essere priva, è la chiarezza, l'orientamento e la capacità di agire sulle
questioni chiave del nostro tempo. I cittadini lamentano mancanza di chiarezza,
quando, per esempio, alla Ue serve un tempo infinito per arrivare a una
comprensione comune degli eventi in Venezuela; sentono mancanza di
orientamento, se posti davanti al confronto con il futuro dell'economia
digitale e del mercato del lavoro digitale; e sentono la mancanza della
capacità di agire nel gestire la migrazione, i cambiamenti climatici, il
terrorismo e i conflitti internazionali.
Per quanto concerne le imminenti elezioni del
Parlamento europeo, il tema non può essere la difesa dello status
quo incompleto dell'odierna Ue contro le accuse dei populisti. La
questione del "per" o "contro" l'Europa non si pone affatto
per la maggior parte dei cittadini. Invece, dobbiamo discutere con differenti
concetti sul modo in cui la Ue sarà in grado di agire, prossimamente, sulle
grandi questioni e su come proseguirà la sua storia di successo senza
precedenti sullo sfondo di condizioni di base globali mutate anche in futuro.
In primo luogo, si tratta di mettere in
sicurezza le basi del nostro benessere. Anche nel Mercato unico europeo il
profitto si trova davanti alla questione della sua distribuzione. Con l'Unione
economica e monetaria e con la stabilizzazione dell'Eurozona abbiamo intrapreso
la strada giusta. Se vogliamo che le nostre aziende europee continuino in
futuro ad essere finanziate dalle banche europee, dobbiamo creare un mercato
unico per le banche. Allo stesso tempo, dobbiamo puntare in maniera coerente a
un sistema di sussidiarietà, auto-responsabilizzazione e responsabilità civile
a queste connessa. Centralismo europeo, statalismo europeo, comunitarizzazione
dei debiti, europeizzazione dei sistemi sociali e del salario minimo
costituirebbero la strada sbagliata. Dobbiamo però anelare alla convergenza in
termini di pari condizioni di vita all'interno degli Stati membri e tra gli
Stati membri. Perciò abbiamo bisogno di una strategia di sostegno alla
convergenza, che colleghi in modo intelligente approcci nazionali ed europei.
Abbiamo bisogno adesso di un approccio europeo
circa le seguenti questioni, ossia: con quali tecnologie vorremo proteggere il
nostro clima e fare al contempo buona economia; con quali sistemi intelligenti
alimentare miliardi di persone e preservare la creazione; quali dei nostri
risultati nel campo della ricerca porteranno a nuove medicine e trattamenti,
per sconfiggere le malattie; come si configurerà la nostra risposta a una
mobilità compatibile con il clima, ma comunque personalizzata. Ricerca,
sviluppo e tecnologia comuni dovrebbero essere finanziati da un budget
dell'innovazione della Ue e recare l'etichetta "Future made in
Europe". Una nuova strategia europea per le tecnologie future non dovrebbe
far venir meno le nostre regole sulla concorrenza leale, ma deve porre l'Europa
nella condizione di essere competitiva a livello mondiale, quando
contemporaneamente altri stravolgono la concorrenza in chiave protezionistica o
con monopoli di Stato.
L'Europa ha una distinta responsabilità per la
protezione del clima globale. Come per la stabilità finanziaria, stiamo
parlando delle condizioni di vita delle generazioni future. Eppure, nonostante
ambiziose definizioni circa obiettivi europei e valori limite non è stato
raggiunto ancora niente. Questo percorso incontrerà infatti un ampio sostegno
popolare solo se riusciremo a tenere conto degli aspetti economici e sociali in
modo tale da preservare occupazione e potere economico e creare nuove
opportunità di sviluppo. Ecco perché abbiamo bisogno di un patto europeo per la
protezione del clima, negoziato congiuntamente tra industria, occupati e
società, coinvolgendo attori europei e nazionali democraticamente legittimati.
Dobbiamo infine anche mettere in pratica i
nostri sforzi comuni per porre fine alla distorsione della concorrenza in
Europa attraverso l'elusione fiscale. Per fare questo, abbiamo bisogno di
chiudere le scappatoie fiscali in Europa e introdurre una tassazione digitale
modellata sul modello OCSE. Solo così le aziende attive a livello
internazionale daranno un contributo altrettanto equo alla nostra Economia
sociale di mercato in Europa, così come le nostre piccole e medie imprese.
Sono espressamente d'accordo con Emmanuel
Macron: il nostro senso di comunità e sicurezza in Europa ha bisogno di confini
esterni sicuri. Dobbiamo completare Schengen. Per questo abbiamo bisogno,
nell'UE, di un accordo senza lacune sulla protezione delle frontiere. Là, dove
la frontiera esterna non può o non deve essere protetta da soli mezzi
nazionali, deve essere costruita rapidamente e dispiegata come polizia di
frontiera operativa Frontex. Già ai confini di Schengen occorre verificare se
vi sia una domanda di asilo, uno status di rifugiato o qualsiasi altro motivo
ai fini dell'ingresso. Si rende perciò necessario un registro elettronico di
entrata e uscita e l'espansione del Sistema di informazione Schengen in modo
che le autorità possano utilizzare un sistema di dati comune e condiviso a
livello nazionale ed europeo.
L'Europa tiene fede alla sua richiesta
umanitaria di concedere protezione ai perseguitati politici e ai rifugiati
provenienti da zone di guerra civile. Le soluzioni europee da noi perseguite
per l'accoglienza dei rifugiati e il rigetto dei migranti economici non sono
state applicabili fino ad oggi. Ma le soluzioni nazionali non potranno aver
alcun successo senza in definitiva mettere in discussione fin nel suo stesso
principio Schengen. In futuro, dovremo riorganizzare la politica comune
sull'immigrazione dell'UE secondo il principio dei vasi comunicanti. Ogni stato
membro deve dare il suo contributo alla lotta delle cause, alla difesa delle
frontiere e all'accoglienza. Ma più ogni Stato lo farà in uno specifico campo,
tanto minore dovrà essere il suo contributo negli altri campi.
L'Unione europea ha urgente bisogno di
migliorare la propria capacità di azione in materia di politica estera e di
sicurezza. Dobbiamo rimanere transatlantici e allo stesso tempo diventare più
europei. La Ue in futuro dovrebbe essere rappresentata presso il Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite con un seggio comune permanente. Allo stesso
tempo, in un Consiglio di sicurezza europeo che coinvolga il Regno Unito,
dovremmo prendere decisioni in merito a posizioni di politica estera comune e
organizzare un'azione congiunta in materia di politica di sicurezza. Inoltre,
anche da noi in Germania, sarebbe un'idea degna di considerazione quella di un
Consiglio di sicurezza nazionale per lo sviluppo di linee guida strategiche a
coordinamento della politica estera, di sicurezza, di difesa, di sviluppo e
commercio esteri.
Già adesso Germania e Francia stanno lavorando
insieme al progetto di un aereo da caccia europeo del futuro, altre nazioni
sono invitate a parteciparvi. Come prossimo passo, potremmo iniziare con il
progetto simbolico di costruire una portaerei europea comune per conferire
espressione al ruolo globale dell'Unione europea quale forza di sicurezza e di
pace.
Allo stesso tempo dobbiamo creare una nuova,
ulteriore, prospettiva con e per l'Africa. Nell'interesse delle persone che
sono lì, ma anche per il nostro proprio interesse, abbiamo bisogno di una
partnership strategica a livello paritetico. Ma ciò può anche significare
concretamente che l'apertura del nostro mercato ai prodotti agricoli africani e
lo smantellamento delle ampie regolamentazioni e sussidi in questo settore non
devono più essere un tabù.
Nessun superstato europeo soddisfa l'obiettivo
di un'Europa in grado di agire. Il lavoro delle istituzioni europee non può
rivendicare la superiorità morale nei riguardi della cooperazione dei governi
nazionali. Una rifondazione dell'Europa non può prescindere dagli stati
nazionali: essi creano legittimità democratica e identificazione. Sono gli
Stati membri che formulano e riuniscono i propri interessi a livello europeo.
Solo allora emerge il peso internazionale degli europei. L'Europa deve puntare
sulla sussidiarietà e sulla responsabilizzazione degli Stati nazionali ed
essere al contempo in grado di agire nell'interesse comune. La nostra Europa
dovrebbe pertanto porsi su due pilastri paritari, quelli del metodo
intergovernativo e del metodo comunitario. Allo stesso tempo, dovremmo anche
prendere decisioni a lungo attese e abolire gli anacronismi. Questi includono
la concentrazione del Parlamento europeo su Bruxelles e la tassazione del
reddito dei funzionari dell'UE.
Molti Stati membri si trovano davanti alla sfida
di mantenere coesa una società fattasi più eterogenea per via
dell'immigrazione. Questo vale soprattutto se guardiamo a correnti dell'Islam
che sono incompatibili con le nostre idee di una società aperta. Una delle
grandi questioni del futuro è quella per cui vi potranno essere, a partire
dall'Europa stessa, impulsi per una manifestazione dell'Islam che possa essere
compatibile con i nostri modelli valoriali. Per fare questo, dovremmo creare
delle cattedre universitarie europee cosiddette ''cattedre di Nathan", seguendo
la tradizione dell'illuminismo e della tolleranza, nel solco del cui stesso
spirito formare i nostri stessi imam e insegnanti.
Dopo la caduta del Muro di Berlino, quasi
trent'anni fa, milioni di cittadini dell'Europa centrale sono diventati nuovi
membri di questa comunità, e altri sono desiderosi di aderirvi. Per quanto
riguarda gli Stati membri dell'Europa centrale e orientale, è necessario
rispettare il loro approccio e il contributo specifico alla nostra storia e
cultura europea comune. Eppure, non ci devono essere dubbi sul nucleo non
negoziabile di valori e principi. Se abbiamo il coraggio di parlare adesso
concretamente circa le modifiche ai Trattati europei, né ''l'élite di
Bruxelles'' né ''l'élite occidentale'' né la presunta élite "europeista"
dovrebbero rimanere chiuse in sé stesse. Acquisiremo la legittimità democratica
per la nostra nuova Europa solo quando coinvolgeremo tutti.
Non dobbiamo avere alcuna paura di queste
discussioni. Quanto sia attraente il nostro "European Way of Life" in
tutto il mondo ce lo dimostrano le tempeste turistiche globali nelle metropoli
europee, lo mostrano gli sforzi di adesione e riavvicinamento nel nostro
vicinato, lo dimostrano gli studenti internazionali e le start-up che vogliono
aprire in Europa. L'Europa è meta di desiderio per molti nel mondo. Anche nella
Russia di Putin la gente vuole vivere, del resto, secondo lo "standard
europeo".
Il mondo è in continuo movimento, e l'Europa si
trova davanti a una scelta. La mia, di scelta, è chiara: è adesso che dobbiamo
fare per bene l'Europa. Abbiamo bisogno di forza strategica per la nostra
industria, per la tecnologia e per le nostre innovazioni, abbiamo bisogno di un
senso di sicurezza per i nostri cittadini europei e capacità comuni in materia
di politica estera e di sicurezza che facciano valere i nostri interessi.
Dovremmo adesso volgerci al lavoro sicuri di noi stessi e non farci fermare,
scoraggiandoci, dalla costante, ansiosa domanda sui ''populisti".
(da La Repubblica – 11 marzo 2019)
Note
L'autrice è segretaria generale della CDU tedesca
(Traduzione di Dario Morabito)