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La perfetta manovra maldestra

di Mario Monti

Sbagliano i critici della manovra. Essa non è né maldestra né azzardata. Chi critica la manovra lo fa perché la valuta sulla base dell’interesse generale del Paese. Ma così è come fare gol a porta vuota.

Allora proviamo a ragionare. È vero, la manovra è maldestra. Sceglie con orgoglio una strategia pluriennale di significativo disavanzo pubblico, sfidando gli articoli 81 e 97 della Costituzione e le regole convenute con l’Unione Europea. Presenta un’Italia refrattaria al buon senso. Il nostro Paese spicca infatti per alto disavanzo e debito pubblico e per bassa crescita, dovuta anche ad uno Stato-provvidenza e frenatore del mercato. Ora che il «governo del cambiamento» ha preso in mano il Paese, punta a farlo crescere di più mediante disavanzo e debito ancora maggiori e l’inversione del percorso avviato dagli ultimi quattro governi per rimuovere alcuni ostacoli alla crescita.
Inoltre, la manovra è effettivamente azzardata. Pur con ipotesi prudenziali, Federico Fubini nel Corriere di ieri ha quantificato quell’azzardo in un probabile accumulo di oltre 100 miliardi di euro aggiuntivi di debito pubblico nei prossimi tre anni, con una preoccupante conseguenza.«Per la prima volta a ogni lavoratore in Italia corrisponderà una quota di debito dello Stato superiore ai centomila euro, come se a ciascun occupato nel Paese facesse capo un mutuo-casa da pagare ogni mese, senza però che questi abbia la casa».
La prospettiva potrebbe aggravarsi ulteriormente se i mercati finanziari reagissero con nervosismo alla manovra italiana (venerdì lo spread Btp-Bund aveva toccato i 282 punti, contro i 102 della Spagna e i 33 della Francia), alle prossime valutazioni delle agenzie di rating e alle posizioni che assumeranno la Commissione e l’Eurogruppo. Questi, se vorranno mantenere un minimo di credibilità, dovranno prendere in considerazione una procedura di infrazione per disavanzo eccessivo nei confronti dell’Italia. Ciò sottoporrebbe le scelte del governo a vincoli più stretti. Un governo nazionalista e sovranista finirebbe così per provocare una riduzione della sovranità effettiva della Nazione.

Con le ampie emissioni di titoli di Stato che questa manovra comporterà, il loro assorbimento da parte del mercato è destinato ad assottigliarsi e a richiedere tassi di interesse crescenti, quando si ridurranno gli acquisti da parte della Bce al venir meno del quantitative easing. Gli Stati bisognosi di un temporaneo sostegno non verranno lasciati soli dalla Ue. Potranno richiedere alla Bce l’attivazione di uno strumento di finanziamento creato nel 2012 e che nessuno Stato ha finora richiesto, l’Omt (Outright monetary transactions). Attenzione, però : per potersene avvalere, lo Stato deve essere in regola con le norme e gli impegni europei.
Con questa manovra, l’Italia ha scelto di non rispettarli. Non so se ne fossero consapevoli, ma i ministri usciti euforici l’altra sera sul balcone di Palazzo Chigi avevano appena tagliato le funi dell’unica rete di sicurezza disponibile per l’Italia in caso di bisogno.

Possiamo allora concludere che questa manovra è effettivamente maldestra e azzardata. Diciamolo pure, è irresponsabile. Però questo è vero solo dal punto di vista del bene del Paese, dell’interesse generale, della Nazione, del popolo e della sovranità, che verranno tutti danneggiati. Ma smettiamola di essere così ingenui ! Non è questo che in generale interessa ai politici, in Italia e altrove, in questi anni. Il loro vero obiettivo è ottenere il consenso per essere eletti e, una volta che sono al governo, il consenso per essere rieletti.
Da questo punto di vista, va dato atto al governo verde-giallo (che, come nei semafori, tende al rosso per quanto riguarda i bilanci) di avere concepito una strategia impeccabile, da manuale.
Così è, se la si valuta in base al vero obiettivo del consenso. Di Maio e Salvini disprezzano (in parte, giustamente) i mercati finanziari. Ma devono averli studiati a fondo. Quel che hanno fatto, con le tre «carte» programmi elettorali-contratto di governo-manovra, è un impeccabile e riuscitissimo Lbo (leveraged buyout). Come è noto, un Lbo è un’operazione di finanza strutturata utilizzata per l’acquisizione di una società mediante lo sfruttamento della capacità di indebitamento della società stessa. Nel caso dei nostri due, la società è lo Stato italiano. Il controllo dello Stato (assicurato dalla maggioranza parlamentare e dal governo) è stato acquisito mediante l’emissione di ingenti promesse di pagamenti vari ai cittadini-elettori (reddito di cittadinanza, flat tax, condono, abolizione della legge Fornero, ecc.), beninteso alla condizione che si presentassero numerosi il giorno dell’assemblea sociale (le elezioni) e votassero in modo tale da far sì che gli autori delle promesse acquisissero il controllo della società (lo Stato) e assolvessero poi al debito da loro assunto con le promesse attingendo alla cassa della società e alla sua capacità di indebitarsi ulteriormente.
Certo, siccome coloro che avevano accettato le promesse-contro-voto facevano parte di due grandi gruppi, quello giallo e quello verde, occorrevano appropriati accordi (il contratto di governo) per assicurare un equilibrio nell’assolvimento delle promesse fatte agli uni e agli altri. Dato che le disposizioni del contratto di governo hanno natura di patti parasociali, nessuna sorpresa che a garantirne l’osservanza, come spesso avviene per i presidenti dei patti di sindacato, sia stato chiamato come presidente del Consiglio uno stimato docente di Diritto.

Durante la campagna elettorale avevo osservato che, siccome ogni promessa è debito e le promesse dei partiti erano di una generosità senza precedenti, noi cittadini alla fine saremmo stati gravati da pesanti debiti, per disobbligare i partiti verso gli elettori. Non avrei però immaginato che il gioco delle tre carte sarebbe stato praticato su scala così vasta e con una tale perfezione.

(dal Corriere della Sera - 30 settembre 2018)

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