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Ora manca solo la rivolta dei migranti (e Salvini non aspetta altro)

di Francesco Francio Mazza

Le aggressioni agli stranieri non accennano a smettere, ma le opposte tifoserie politiche sono troppo occupate a litigare tra loro per interessarsene davvero.
Buon per la Lega: perché quando i migranti si ribelleranno, Salvini potrà conquistare l’Italia col suo pugno di ferro

E se un domani, in Italia, scoppiasse una rivolta su base razziale? Cosa accadrebbe se in futuro dovesse accadere da noi quello che accadde in Francia nel 2005 con la rivolta delle banlieu? È una domanda che ha senso iniziare a porsi nel momento in cui tra i due schieramenti rivali presenti in Italia - “Ultras Identitari” contro “Uomini Buoni” - sembra essere in atto una gara a chi strumentalizza di più lo straniero per i propri interessi di quartiere, come si è visto durante questi giorni di cortocircuito mediatico sul caso della banda dell’uovo molesto.

Gli Ultras Identitari, si sa, i migranti non li possono vedere, e questo lo sospettavamo. Quello che ancora non avevamo capito fino in fondo è quanto questa convinzione si configuri come puro istinto naturale, tipo quel battito animale di cui cantava Raf in un’estate di tanti anni fa, sorpassando ogni possibile impedimento offerto dalla ragione. Così, in pieno 2018, siamo tornati a una concezione del diritto di tipo feudale e come in una puntata di Game of Thrones abbiamo scoperto che non solo la colpa del padre ricade sul figlio, ma che le idee politiche del figlio devono necessariamente rispecchiare quelle del padre. Se il padre di Daisy ha avuto condanne penali, allora anche Daisy deve essere una poco di buono; se il padre del lanciatore dalla mira prodigiosa appartiene al Pd, allora il figlio non può che farne parte a sua volta.

Fa nulla dimostrare la fallacia del ragionamento, magari ricordando come anni fa il figlio di La Russa venne pizzicato a Milano a fare una tag eppure a nessuno saltò in mente di considerare il padre Ignazio come il king di una crew di graffitari sotto mentite spoglie; tanto basta per utilizzare l’episodio non solo in chiave difensiva - la prova provata che il razzismo è una bufala inventata dai giornali – ma addirittura in chiave offensiva, chiedendo l’estromissione di Daisy dalla nazionale italiana di atletica. Ma se gli Ultras Identitari trovano intere praterie per diffondere i loro strampalati ragionamenti, il merito più grande è da iscriversi agli stessi Uomini Buoni, che accecati dal loro antirazzismo paternalista non si rendono conto di come, ogni volta, contribuiscono a rendere la situazione dei migranti sempre più insostenibile.

L’aver cercato per tre giorni, in tutti i modi, di trasformare Daisy in una graziosa Balotella, in un feticcio mediatico da agitare nella Guerra Santa contro le forze del male guidate dal “Ministro della Mala Vita”, ha dimostrato per l’ennesima volta come la difesa dei migranti sia essenzialmente uno spot mediatico, un esercizio autoreferenziale che serve più all’immagine di chi lo fa che ai migranti stessi, i quali da queste appassionate prese di posizione non ricavano assolutamente nulla. Fosse stato anche un militante di Forza Nuova o il figlio di un consigliere leghista, quello di Daisy sarebbe stato comunque un fatto insignificante in un Paese in cui, poche settimane fa, un uomo di 29 anni non è stato fatto bersaglio del lancio di un uovo ma ammazzato con un colpo di fucile alla testa. Parliamo, ovviamente, di Soumaila Sacko, il “sindacalista” dei braccianti che nella Piana di Gioia Tauro vengono schiavizzati per la raccolta di frutta e verdura da italianissimi proprietari terrieri.

Una storia italiana Doc di cui però si è parlato meno, molto meno che di Daisy e non certo per sbadataggine: un conto è il gesto di un singolo, un altro una storia che puzza quanto un cesso alla turca intasato alla Stazione Termini, spia di un sistema economico marcio fin nelle fondamenta, dove la tratta degli esseri umani si incrocia alle lupare della ‘ndrangheta e alle connivenze della politica di tutti i colori. Meglio far finta di niente, dunque, meglio chiudere gli occhi davanti alle persone sfruttate sul nostro territorio e ammazzate come cani se osano ribellarsi; più comodo stracciarsi le vesti per il lancio di un uovo, scrivendo un commento durissimo sulla bacheca del Ministro dell’Interno, magari sdraiati sul lettino in spiaggia sorseggiando un salutare centrifugato di frutta raccolta da quelli come Sacko, la cui storia è già stata dimenticata. Logico, quindi, ipotizzare che prima o poi i migranti si stancheranno di recitare il ruolo delle banderuole in balia di un esercito di paranoici da una parte e di uno stuolo di narcisisti dall’altra, pronti a difenderli solo quando la posta in palio è grande quanto un uovo, e proprio come accaduto in Francia o negli Stati Uniti inizieranno a ribellarsi sul serio.

Ma a quel punto, per loro sfortuna, proveranno sulla loro pelle gli effetti di un’altra specialità italiana nota nel mondo come “strategia della tensione”. Si, perché sarebbe sbagliato liquidare i proclami e le tirate anti-migranti di Ministri ed esponenti leghisti come generica propaganda elettorale. Al contrario, il bombardamento quotidiano in atto ha una funzione precisa: sfruttare il “razzismo alle cozze” degli italiani - quel razzismo “a basso voltaggio” che attraversa trasversalmente il Paese - per diffondere una situazione di allerta perenne, di vaga inquietudine di fondo. E poi strumentalizzare l’esplodere di una protesta come casus belli per mettere in atto la propria durissima agenda, senza incontrare alcuna resistenza. Sembra la trama di un film, ma è quanto fatto in Francia da Nicholas Sarkozy, che ai tempi delle rivolte della banlieue era Ministro degli Interni (guarda un po’ il caso) e che sfruttò la popolarità ricavata dalla repressione delle stesse per lanciare un’Opa sulla Presidenza della Repubblica due anni dopo.

Del resto, per rendersi conto di quanto la situazione sia già oggi diversa, basta fare il paragone con un anno fa, quando ci fu il caso dello stupro di Rimini e per qualche giorno, a leggere i giornali, pareva che la salsedine tramutasse i migranti in tori da monta assetati di violenza sessuale. All’epoca l’opinione pubblica resse l’urto e, anche a causa della concomitante follia dei due carabinieri di Firenze, l’isteria collettiva rientrò. Dovesse accadere oggi, un fatto come quello di Rimini, cosa accadrebbe? La calunnia è un venticello, canta Don Basilio ne Il Barbiere di Siviglia. Da noi, il Barbiere di Pontida aspetta solo la scusa buona per farla diventare tempesta. E i migranti, c’è da scommettere, se la dovranno cavare da soli.

(da www.linchiesta.it)

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