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La manifestazione antifascista di Macerata? L’ultimo chiodo sulla bara della sinistra italiana

di Francesco Cancellato

Non c’è errore più grande di una manifestazione anti-fascista a Macerata. Un assist clamoroso alla destra securitaria. Ma soprattutto la prova provata che la sinistra non ha capito perché i “penultimi” l'hanno abbandonata. E continua pervicace ad accanirsi su di loro

Fantastico. Con la polemica sulla manifestazione sì o no di sabato prossimo a Macerata, con la presumibile presenza di centri sociali e neofascisti che se le daranno di santa ragione, con le successive dichiarazioni di Salvini e dei suoi antagonisti che terranno banco la settimana successiva, a occhio e croce arriveremo al 4 marzo parlando di immigrazione e ordine pubblico. E chiuderemo questa meravigliosa campagna elettorale a riflettere pensosi sullo smottamento a destra del Paese, a chiederci per l’ennesima volta se il fascismo sia o meno l’autobiografia della nazione, a prometterci di tornare sui territori, da domani, per capire cosa non avevamo capito.

Le cose, in realtà, sono molto più semplici di così. C’è stato un doppio caso di cronaca - l’omicidio di Pamela Mastropietro, la caccia al migrante di Luca Traini - che ha fornito a destra e sinistra le prove delle proprie ossessioni: il coinvolgimento di uno spacciatore nigeriano clandestino ha offerto alla destra la prova inconfutabile che la grande invasione degli stranieri è un fenomeno sociale incontrollabile; la folle azione di Luca Traini ha convinto la sinistra che siamo praticamente in Germania, nel 1933.

Nessuna delle due ossessioni è vera - né a Macerata, né nel resto del Paese - e nessun numero è in grado di suffragarla. Ma evidentemente siamo in una di quelle fasi della storia di questo Paese in cui la ragione si prende un anno sabbatico. Soprattutto a sinistra, perdonate l’assenza di equidistanza, dove alcuni ancora faticano a capire quanto la manifestazione di sabato sia in realtà uno dei più clamorosi boomerang possibili. Primo: perché genera problemi di ordine pubblico in una realtà traumatizzata da problemi di ordine pubblico. E indovinate da che parte si vota, quando il problema è l’ordine pubblico.

Secondo: perché mostra impietosa la follia di uno schieramento progressista che marcia unito contro il pericolo fascista, ma poi si presenta balcanizzato alle urne, tra tre settimane. Delle due, una, ragazzi: o siamo nell’imminenza di una dittatura, e allora si va tutti assieme a sparare in montagna. Oppure mettete giù il fucile e il fazzoletto rosso e discutiamo tutti insieme di Jobs Act e Buona Scuola. Terzo, perché confonde causa ed effetto, perpetrando la teoria che il neofascismo faccia proseliti perché ha visibilità in piazza, o da Mentana, o da Formigli, laddove invece è esattamente il contrario: la visibilità arriva perché il neofascismo fa proseliti nei luoghi - fabbriche, periferie, aree di crisi - che la sinistra ha abbandonato.

Quarto, più importante: perché è francamente paradossale vedere i terzultimi che se la prendono coi penultimi perché si accaniscono sugli ultimi, mentre i primi, i secondi e i terzi si godono lo spettacolo alla televisione, sgranocchiando popcorn. Già: quei penultimi che un tempo, quand'erano ultimi, votavano proprio a sinistra. E che sono stati definiti dei lobotomizzati catodici quando si sono messi a votare Berlusconi, dei razzisti quando hanno barrato il simbolo di Alberto da Giussano, analfabeti funzionali se folgorati dal Movimento Cinque Stelle. Senza che mai si provasse davvero a comprenderne il disagio, senza che mai vi fosse qualcuno che chiedesse conto del loro smarrimento: “La cosa più stupida che possa accadere nei prossimi mesi è una riedizione dell’antifascismo militante, con scaramucce nelle strade e nelle piazze, morti e feriti soprattutto dalla nostra parte. Nei confronti dei miserabili occorre esercitare la pietà, l’ironia terapeutica e la pazienza. Perdona loro perché non sanno quello che fanno. Perdona loro perché sono vittime come le loro stesse vittime”, scrive Franco “Bifo” Berardi, ancora oggi uno dei più radicali e lucidi teorici dell'antagonismo di sinistra, in un articolo intitolato “Antifascismo? No grazie” . E forse non poteva essere detta meglio. Finirà malissimo.

(da www.l'inchiesta.it - 9 febbraio 2018)

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