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Verso il voto del 4 marzo. - Nuova Legge Elettorale ed espressione del voto.

di Paolo Razzuoli

Ebbene, l'ora X, quella della presentazione delle candidature è passata, con tutto il suo carico di polemiche e di psico-drammi. Si entra quindi nell'ultima fase della campagna elettorale, quella più ruggente, che vedrà partiti, coalizioni e candidati affannarsi per la ricerca del consenso. E come sarà questa gara già lo abbiamo visto in queste settimane: sarà all'insegna di chi la spara più grossa, nell'incuranza della reale praticabilità delle promesse, e anche nel sostanziale disprezzo dell'elettorato, considerato come un branco di allocchi a cui far credere le più stravaganti panzane. Questo è il quadro generale anche se, va detto con estrema onestà, tutti non sono uguali ed una graduatoria mi pare che esista nel senso di responsabilità e di realismo con cui ci si presenta al corpo elettorale.
Già ho avuto modo di trattare questo tema, e in vista della tornata elettorale altre volte avrò modo di trattarlo. In questa occasione è invece sulla legge elettorale che voglio porre il focus, partendo dalle feroci polemiche che in questi giorni hanno lacerato i partiti di ogni schieramento.

Ebbene, già ho avuto modo di esprimere la mia valutazione assolutamente negativa sulla Legge Elettorale con cui si voterà il prossimo 4 marzo. Forse il contesto generale, quello determinatosi dalla sciagurata coincidenza della sconfitta referendaria del dicembre 2016 e dei successivi interventi della Corte Costituzionale in materia di Legge Elettorale, non consentiva di fare qualcosa di diverso; ciò nulla toglie alla pessima qualità della Legge Elettorale. Una legge per circa due terzi di impianto proporzionale, e per il restante terzo di tipo uninominale: un impianto già di per sè contraddittorio. Infatti, il sistema proporzionale sprona verso una scelta di tipo identitario, spingendo l'elettore "là dove porta il cuore"; l'uninominale invece favorisce le aggregazioni. Naturalmente il dibattito sulla disciplina elettorale, aperto ed articolato, può approdare ha soluzioni deltutto diverse; in Italia, dall'avvio della vicenda unitaria, le abbiamo sperimentate tutte. Il difetto peggiore è però l'incoerenza e la contraddittorietà, come in questo caso: insomma, voler mettere insieme sistemi che fra di loro dovrebbero essere alternativi. E qui non vale il principio del compromesso: l'unica strada che può funzionare è quella della coerenza. Il compromesso si traduce "pasticcio", e già si è visto nella scelta delle candidature, e ancor più nitidamente lo si vedrà il 5 marzo, quando appariranno chiare le difficoltà di dar vita ad una maggioranza in grado di esprimere una linea di gestione politica del governo del Paese.

Una strana legge questa in cui i partiti, da un lato, hanno cercato di coalizzarsi nei collegi uninominali, mentre dall'altro, quello dei due terzi di proporzionale, saranno in concorrenza fra coalizzati, cercando di raccogliere il maggior consenso possibile. Sì, perché è diffusa la consapevolezza, anche se la si vuole esorcizzare negandola, che dopo il 5 marzo sarà un governo di larghe intese, fra le forze europeiste e non populiste, che potrà dare un qualche respiro al Paese, cercando di rassicurare l'Europa e soprattutto i mercati. Una scelta non certo entusiasmante, ben distante da un governo capace di mettere le mani nel sistema Italia in profondità per riformarlo, ma la "meno peggio" nel contesto reale.
Saranno i fatti, fra non molto, ad incaricarsi di validare o di smentire questa mia valutazione.

Tornando alla Legge Elettorale, un dato è apparso chiaro in questi giorni: la ferrea volontà delle segreterie dei partiti di controllare le liste. Delresto, tale possibilità di controllo è stata, a mio avviso, il collante che ha consentito di trovare attorno a questo testo una maggioranza parlamentare. Comunque la vicenda delle liste attesta inequivocabilmente questo controllo, additando nella fedeltà al capo il requisito prioritario per l'inserimento nelle liste e, soprattutto, per l'ottenimento di un piazzamento ritenuto "sicuro" per l'ingresso in Parlamento. Insomma, una bella affermazione di meccanismi feudali nel XXI secolo.
Poste tutte le riserve sulla fedeltà dei parlamentari (ampiamente smentita ad esempio dalla transumanza consumatasi nella legislatura ora terminata), sta di fatto che questa volontà di controllo è stata ampiamente esercitata; volendo essere eufemisticamente generosi, diciamo che è stata motivata dalla necessità di garantirsi un personale politico flessibile, date le presumibili complessità del quadro politico post-elettorale....
Comunque, (è bene ricordarlo ai fautori del No al referendum del dicembre 2016), questa legge è ben più autoritaria di quella comunemente indicata con l'appellativo di Italicum, e quanto a mancanza di rispetto per la volontà di elettrici ed elettori, è deltutto assimilabile a quella tanto detestata del 2005 (la cosiddetta Porcellum).
Infatti, coloro che si recheranno alle urne il 4 marzo troveranno una "scheda lenzuolo", turgida di simboli e di nomi, ma potranno scegliere ben poco: tutto è definito e bloccato, come vedremo più sotto esaminando nel dettaglio il meccanismo del voto.
Nei collegi uninominali, in cui in un sistema elettorale coerente i partiti dovrebbero indicare figure fortemente radicate con il territorio, elettrici ed elettori troveranno nomi di esponenti di partito alla ricerca di collegi ritenuti sicuri, così come non raramente, tali profili apriranno i listini della parte proporzionale. Così stanno le cose, e mi sono apparsi assai risibili alcuni tentativi di ricercare agganci territoriali a candidature totalmente prive di tali connotazioni. Così, qualche esponente di prim'ordine, si troverà a rappresentare parti del territorio nazionale in cui - forse - è stato qualche volta in vacanza.

Il sistema elettorale secondo il "Rosatellum"

Ma veniamo ora al meccanismo della Legge Elettorale: cosiddetta Rosatellum, legge 165/2017, approvata in via definitiva alla fine di ottobre scorso.
Purtroppo non è agevole orientarsi nei meccanismi elettorali italiani, sia perché ogni livello ha un suo sistema, sia perché il sistema elettorale è stato modificato più volte. Anche l'attuale disciplina potrà avere vita effimera; sarà probabilmente modificata, se non completamente rifatta, soprattutto se – come purtroppo probabile – non produrrà una maggioranza certa il prossimo 4 marzo.

I voti espressi il 4 marzo si tradurranno nei seggi del Parlamento italiano, composto da 630 deputati alla Camera e da 315 senatori al Senato.
Come già abbiamo visto, l'attuale Legge elettorale prevede un sistema misto. Un terzo circa dei seggi della Camera - 232 su 630 - è assegnato in collegi uninominali e con il sistema maggioritario. Uninominali, perché ogni collegio eleggerà un solo rappresentante, e maggioritario, perché quel rappresentante sarà chi otterrà la maggioranza relativa dei voti (cioè anche solo un voto più degli altri).

Per la parte proporzionale, il territorio italiano è stato quindi diviso in 231 collegi (più uno per la Valle d’Aosta) a seconda della popolazione. La divisione si basa su una divisione amministrativa di livello superiore, le 28 circoscrizioni elettorali della Camera.
Le circoscrizioni hanno la caratteristica di non superare mai i confini regionali: diverse regioni coincidono con una circoscrizione (ad esempio Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Puglia e Sardegna) ma alcune regioni molto popolose sono divise in più circoscrizioni (quasi sempre due, ma in Lombardia si arriva a quattro).

I collegi uninominali sono stati ritagliati da un’apposita commissione all’interno delle circoscrizioni e su base demografica. Di fatto, ciascuno dei 232 collegi copre una popolazione piuttosto variabile, ma in media di circa 250 mila abitanti.
Ciascun collegio uninominale eleggerà un solo deputato, per raggiungere i 232 che vengono così assegnati.
E i restanti due terzi? I 386 seggi rimanenti della Camera - escludiamo per il momento i deputati eletti all’estero, che sono fissati a 12 dalla Costituzione - sono eletti in collegi plurinominali e con il sistema proporzionale. Plurinominali, perché in ogni collegio saranno eletti più rappresentanti, e proporzionale, perché all’interno dei seggi assegnati a quel collegio i deputati saranno ripartiti in proporzione ai voti ricevuti.

I collegi plurinominali sono stati ottenuti aggregando gli uninominali vicini, e in ciascuno si scelgono tra i tre e gli otto deputati (con alcune piccole eccezioni nelle regioni meno popolose). I collegi plurinominali sono in totale una sessantina: quindi molto più grandi rispetto agli uninominali, naturalmente, e con una popolazione media molto maggiore.

Veniamo all'esempio pratico della Toscana.
La circoscrizione elettorale della Regione Toscana ha una popolazione di 3.672.202 abitanti (Censimento ISTAT 2011. Il numero effettivo di votanti sarà diverso, vuoi perché voteranno coloro che alla data del 4 marzo compiono 18 anni, vuoi per i decessi intervenuti dopo il censimento) e include la Città Metropolitana di Firenze e le province di Massa -Carrara, Lucca, Pistoia, Livorno, Pisa, Arezzo, Siena, Grosseto e Prato. La legge 165/2017 assegna alla circoscrizione toscana 14 collegi uninominali maggioritari per la Camera e sette collegi uninominali maggioritari per il Senato; 4 collegi plurinominali proporzionali per la Camera e 2 per il Senato. Il numero totale dei seggi assegnati per la Camera dei deputati è 38, dei quali 14 assegnati nei collegi uninominali e 24 seggi nei quattro collegi plurinominali proporzionali. Il numero totale dei seggi assegnati per il Senato della Repubblica è 18, dei quali 7 assegnati nei collegi uninominali e 11 nei due collegi plurinominali.
I 24 seggi assegnati in modo proporzionale nei quattro collegi plurinominali sono così suddivisi:
Toscana 1 (Prato-Pistoia-Lucca-Massa Carrara): 7 seggi;
Toscana 2 (Livorno-Pisa-Pontedera-Poggibonsi): 5 seggi;
Toscana 3 (Firenze-Sesto Fiorentino-Empoli): 6 seggi;
Toscana 4 (Arezzo-Siena-Grosseto): 6 seggi.
Gli 11 seggi proporzionali del senato sono così suddivisi: 6 per il collegio plurinominale Toscana Senato 1 (Firenze-Prato-Pistoia-Lucca-Massa Carrara) e 5 per il collegio plurinominale Toscana 2 (Pisa-LivornoGrosseto- Siena-Arezzo).

Entrando più nel dettaglio, prendiamo il Sig. Ernesto Rossi, residente in un capoluogo di provincia toscano, ad esempio Lucca. Il signor Rossi potrà contribuire all'elezione di un solo deputato per il collegio uninominale Toscana 9, che è più piccolo della provincia di Lucca. Sceglierà un nome che finirà in Parlamento solo se sarà il più votato in tutto il collegio, altrimenti quel suo voto andrà “disperso”.
Il signor Ernesto Rossi voterà però anche una lista di candidati per il collegio plurinominale Toscana 1, "Prato-Pistoia-Lucca-Massa Carrara", a cui sono assegnati 7 seggi con il sistema proporzionale. In questo caso quindi, il voto del Sig. Rossi concorrerà comunque al riparto dei seggi (Più avanti vedremo che non è possibile praticare il voto disgiunto e come i due tipi di categorie sono correlate).

Il meccanismo di elezione è identico al Senato, con la necessaria modifica del numero dei seggi assegnati (116 uninominali e 193 plurinominali, più i sei eletti all’estero) e della loro distribuzione. In questo caso, infatti, la suddivisione di partenza è la regione - la Costituzione prescrive che il Senato sia eletto «a base regionale» - e le circoscrizioni sono infatti 20 e coincidenti con le regioni. Ciascuna regione/circoscrizione plurinominale è divisa in collegi, in totale 34, e in ciascuno si eleggono tra i due e gli otto senatori.
Per la Toscana più sopra sono stati riportati i dati.

I dodici deputati e sei senatori eletti all’estero sono eletti in un’unica circoscrizione, divisa in quattro ripartizioni, e sono eletti con il metodo proporzionale.

 

L'Espressione del voto

Dopo aver sinteticamente illustrato i tratti della Legge Elettorale che disciplinerà le prossime elezioni, torniamo al modo di espressione del voto. Il 4 marzo, l’elettore riceverà Una scheda per la Camera dei deputati ed una per il Senato. Nella stessa scheda, saranno quindi ricompresi i candidati per i collegi uninominali e quelli dei listini per la quota proporzionale.
Non si può dare il voto disgiunto (fra quota uninominale e quota proporzionale), nè si potranno dare preferenze nei listini per il proporzionale. Sulla scheda si troveranno quindi i nomi dei candidati per il collegio uninominale e vicino ad essi i simboli e le liste di candidati che li sostengono. L’elettore potrà scegliere se mettere una croce sul nome del candidato uninominale, su una delle liste che lo sostengono o su entrambi.
Non potendo dare tuttavia il voto disgiunto, non si potranno votare candidati uninominali e/o listini proporzionali non collegati. In buona sostanza, votando un listino proporzionale, il voto andrà anche al candidato uninominale collegato; votando il candidato uninominale, il voto andrà anche al proporzionale della coalizione.

Alleanze, sbarramenti, candidature multiple e sistema di ripartizione dei seggi.

Ed infine, qualche cenno alle alleanze, sbarramenti, candidature multiple e sistema di ripartizione dei seggi.
Il Rosatellum (ormai chiamiamolo così) prevede che siano possibili coalizioni elettorali, cioè l’apparentamento di più liste. I seggi dei collegi plurinominali sono ripartiti su base nazionale: si sommano cioè i risultati di tutti i collegi e, in base alle soglie di sbarramento, si decide se e quanti seggi sono assegnati a ciascuna lista e coalizione.
Le soglie di sbarramento sono la percentuale di voti sopra le quali una lista o una coalizione accede alla ripartizione dei voti. Sono diverse a seconda che una lista corra da sola - come ad esempio il Movimento 5 Stelle - o sia invece in coalizione - come PD-Lista Lorenzin o Forza Italia-Lega-Fratelli d’Italia. Per le liste che corrono da sole, la soglia è al 3 per cento dei voti validi a livello nazionale; per le coalizioni è al 10 per cento, con la condizione che almeno una al suo interno superi il 3 per cento. All’interno delle coalizioni, poi, si contano ai fini della distribuzione dei seggi tutti i voti dei partiti che superano l’1 per cento.

Questi numeri possono sembrare troppo astratti, ma hanno risvolti molto concreti: una formazione politica con qualche speranza di arrivare al 2 per cento, ad esempio, non avrebbe interesse ad andare da sola, ma tutto l’interesse invece a coalizzarsi, perché in quel modo potrebbe comunque dare il suo contributo alla coalizione anche senza mandare rappresentanti in Parlamento (nessun suo candidato, infatti, sarebbe eletto, ma i suoi voti verrebbero “regalati” alla coalizione).
Al Senato le soglie sono uguali, con in più quella del 20 per cento dei voti in una sola regione: la lista che la raggiunge ha diritto ad accedere al riparto dei seggi, anche se non ha il 3 per cento a livello nazionale.

C’è poi il fenomeno delle cosiddette “candidature multiple”. Senza giri di parole, le candidature multiple sono utili ai partiti per avere la certezza di eleggere un proprio rappresentante molto sostenuto o, detto in altri termini, per dare maggior visibilità a candidati particolarmente forti e attrarre più voti.
Il Rosatellum stabilisce che ciascun candidato si può presentare in un solo collegio uninominale e in un massimo di cinque collegi plurinominali (in cinque “listini” diversi). Chi si presenta negli uninominali può quindi contemporaneamente essere candidato nei plurinominali, fermo restando il limite di cinque. Se viene eletto nell’uninominale, sarà eletto lì; se invece è eletto in più plurinominali, risulterà rappresentante del collegio in cui la sua lista ha preso la percentuale più bassa di voti.
Qui una differenza con la legge del 2005, che consentiva, in casi di elezioni in più circoscrizioni, che il candidato potesse liberamente scegliere il territorio da rappresentare.

Equilibrio nella rappresentanza di genere.

Per assicurare l’equilibrio nella rappresentanza di genere, sia alla Camera che al Senato i listini devono avere un ordine alternato di genere e i capilista non possono appartenere allo stesso genere per più del 60 per cento. Nel totale dei collegi uninominali, allo stesso tempo, i partiti e le coalizioni non possono presentare più del 60 per cento dei candidati appartenenti allo stesso genere.

Conclusioni.

In conclusione: visto che il nostro sistema politico è attualmente tripolare, con tre schieramenti molto consistenti, il mix di proporzionale e maggioritario del Rosatellum rende molto difficile che uno dei tre campi abbia la maggioranza. Se, poniamo caso, una coalizione riuscisse ad eleggere il 50 per cento dei candidati nei collegi uninominali, avrebbe 116 deputati da quella quota; se al contempo riuscisse anche ad avere il 50 per cento dei voti nella quota proporzionale (un risultato, stando ai sondaggi di oggi, fuori dalla portata di chiunque), porterebbe a casa altri 193 deputati. Il totale fa 309: ancora insufficienti per raggiungere la maggioranza alla Camera, che è di 315.

E non si possono nemmeno escludere geometrie variabili fra i due rami del Parlamento, posto che per la Camera voterà chi ha compiuto 18 anni, e per il Senato chi ne ha compiuti 25. Due corpi elettorali quindi non omogenei, vuoi per la differenza numerica, ma anche per la diversa mentalità, in un'epoca di accelerazioni, in cui sette anni di differenza portano ad approcci certamente diversi. Un dato questo, che ci riporta all'incongruenza di due Camere con poteri identici, ma elette da corpi elettorali diversi. Ma questa è la realtà, e con essa ora siamo chiamati a misurarci....

Allegato

I collegi elettorali della Toscana

Lucca, 30 gennaio 2018

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