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La forza del cestino:
Lettera ad una professoressa ed al far west della scuola italiana

di Paolo Razzuoli
Allegato un articolo di Massimo Gramellini

Che la scuola sia allo sbando lo sanno tutti coloro che con essa hanno a che fare, e che non hanno smarrito la capacità di giudicare obiettivamente.
Ormai da quasi mezzo secolo, l'intreccio perverso fra trito ed ideologico "pedagogese" e "sindacalismo meramente rivendicativo" ha prodotto nella scuola italiana una situazione di disorientamento totale, dal quale si potrà uscire solo se qualcuno troverà la forza di rimettere in discussione l'intero assetto del comparto.
Presupposto che, nello scenario attuale ed in quello realisticamente ipotizzabile per l'immediato futuro, non si potrà certo verificare. Anzi, stiamo vivendo in una fase di controriforma, forse sarebbe meglio dire di "normalizzazione", in cui si sta progressivamente cercando di smantellare quello che il precedente governo aveva - se pur timidamente - tentato di fare in controtendenza rispetto al passato.

Naturalmente nella scuola, analogamente ad ogni altro contesto, è sbagliato fare di ogni erba un fascio. Ci sono esempi di grande dedizione e di elevata qualità; esempi che, con grande generosità, capacità e tenacia riescono a supplire al disastro strutturale, spesso in assoluta solitudine e, talvolta, anche nell'ostilità del sistema.
Anche qui si ripropone uno dei paradossi della Pubblica Amministrazione italiana: in un contesto di generale deresponsabilizzazione, chi si impegna non solo non viene premiato, ma spesso deve fare i conti con l'ostracismo degli altri.

Problemi che nella scuola, comparto vissuto all'ombra della più totale autoreferenzialità, sono particolarmente presenti e che, rendono ancor più meritoria l'azione di quei docenti e/o dirigenti scolastici che cercano di opporsi alla deriva.
E conoscendo bene la scuola, vi assicuro che opporvisi non è assolutamente facile. Magari in privato si trova anche chi dà loro ragione; ma quando poi si deve agire, vuoi per paura di grane, vuoi per sudditanza al pensiero "quasi unico" dominante, vuoi per il nauseante gioco allo scarica barile, tanto diffuso nella Pubblica Amministrazione, questi coraggiosi si trovano soli, ad affrontare situazioni che nessuno potrebbe avere la forza di affrontare individualmente.
Ecco la rassegnazione, certo sbagliata ma non colpevole...

E pensare che sul ruolo della scuola si versano fiumi d'inchiostro e si investono anche tanti soldi. Ma fino a quando non si avrà il coraggio di alzare quel velo di ipocrisia che si è voluto stendere a protezione dell'esistente, non ci sarà investimento che potrà risollevare le sorti della scuola. Il tema vero è, anzitutto, quello di mettere le mani in profondità nel comparto, con una visione chiara, e con la determinazione di andare a capire come i soldi si investono e qual è effettivamente il loro ritorno in termini di crescita formativa dei giovani. Dopo si potrà affrontare anche il tema dell'accrescimento delle risorse, non per rendere ancor più vorace un sistema inefficiente ed inefficace, ma per adeguarlo alle esigenze della contemporaneità.
Un ripensamento che non potrà prescindere dalla valorizzazione dei profili personali scolastici, non nella logica seguita negli ultimi cinquant'anni, ma partendo dal merito, dalla valorizzazione delle professionalità, e dal riconoscimento economico di una funzione che, al di là della retorica, ha visto purtroppo, progressivamente sminuita la propria funzione sociale. Fatto assolutamente grave, posto che il riconoscimento sociale è un presupposto imprescindibile per chi opera in ambito formativo.

Insomma, si dovrebbe invertire di 180 gradi la strada da percorrere: per ora non succederà, e la scuola continuerà ad avvitarsi su se stessa.
E gli insegnanti che si rendono conto dello sfascio, e che vorrebbero opporvisi, sono destinati a restare soli ancora per un lungo tempo.

Sul Corriere della Sera è apparso un breve articolo di Massimo Gramellini, scritto in forma di lettera ad una professoressa vittima di un episodio particolarmente increscioso.
La sottopongo all'attenzione dei lettori di Fucinaidee, condividendone a pieno il contenuto.

Testo di Massimo Gramellini

Cara professoressa dell’Istituto Galilei di Mirandola, provincia di Modena e del Far West scolastico italiano,
in Rete circola il video di uno studente che per puro sfregio le lancia addosso il cestino dei rifiuti. Un’immagine simbolica dello sfascio in cui versa la scuola: ho letto che nella sua scuola, ancora vent’anni fa, ci si alzava in piedi all’ingresso dell’insegnante.

Più della bravata del bulletto, colpisce la sua mancanza di reazione. Il cestino le rimbalza addosso, eppure lei non alza nemmeno la testa, vittima muta e inerte di un oltraggio inaccettabile, ma evidentemente considerato ineluttabile.

Mi piacerebbe interpretare la sua passività come dimostrazione sublime di autocontrollo. Invece temo che nasconda la rassegnazione di chi ha smesso di lottare contro forze soverchianti: ragazzini impuniti e impunibili, genitori protettivi fino all’arroganza, presidi omertosi che per difendere il buon nome dell’istituto lasciano che si calpesti la dignità di un professore. La scena del cestino ha scavalcato le mura della scuola solo perché un altro studente l’ha filmata attraverso il telefonino, con l’intento non di denunciare l’umiliazione, ma di moltiplicarla. Giorni dopo, mentre lei in aula si prendeva in testa anche una matita, il genitore di un altro ragazzo è incappato nel video e lo ha segnalato al consiglio di istituto, mettendo in moto la fabbrica delle denunce, destinate con ogni probabilità a evaporare nel consueto pasticcio perdonista.
Resta la sua inerzia che sa di resa, cara professoressa. Ma non me la sento di criticarla. Solo di abbracciarla.

(dal Corriere della Sera - 1 novembre 2017)

Lucca, 1 novembre 2017

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