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A Ludwigshafen am Rhein, lo scorso 16 giugno 2017 è morto Helmut Kohl, il Cancelliere della riunificazione tedesca, protagonista di primo piano dell'integrazione europea e dell'Euro.
Era nato nella stessa Ludwigshafen am Rhein, il 3 aprile 1930.

Helmut Kohl, il gigante della Germania riunificata e dell’euro

di Alessandro Merli

L'ultima immagine pubblica, di due anni e mezzo fa, lo ritrae in controluce, di spalle, il suo corpaccione di due metri quasi accasciato sulla sedia a rotelle sulla quale era costretto da tempo, davanti alla Porta di Brandeburgo, a venticinque anni dal giorno in cui venne riaperta, riunificando l'est e l'ovest di Berlino. Un luogo non casuale.

Helmut Kohl, morto dopo una lunga malattia nella sua casa di Ludwigshafen, la città dove era nato 87 anni fa, resterà per sempre nella storia il cancelliere della riunificazione della Germania. Un'altra foto, del 1989, lo ritrae in mezzo alla folla e ai perplessi dirigenti della Germania orientale, mentre, davanti alla stessa porta, guarda una colomba bianca che spicca il volo, simbolo della fine della Guerra fredda. Meno di un anno dopo, le due Germanie tornavano una sola, una battaglia che Kohl condusse quasi isolato, contro la realpolitik degli altri leader europei, contro Mikhail Gorbaciov, contro molti nel suo stesso partito. «Un uomo – dirà nel 2012, alle celebrazioni del trentennale dell'inizio del suo cancellierato, l'ex presidente della Commissione europea Romano Prodi, il politico italiano che gli è stato più vicino – che ha saputo combinare il sogno e i fatti».

Il Governo, dopo avere a lungo archiviato la sua figura troppo ingombrante, un po' per i modi della sua uscita di scena, un po' per i suoi dissensi sulla linea europea di Berlino, lo festeggiò allora, in stile tedesco, con un'emissione di francobolli.

Kohl, che è stato il cancelliere più longevo dai tempi di Otto von Bismarck, sedici anni al potere fra il 1982 e il 1998, ha in realtà costruito il suo successo politico proprio sull'essere tutto meno che un sognatore: un politico a volte testardo, ma pragmatico, un po' grigio, l'accento provinciale, uno stile da uomo comune, arrivato al potere dopo una lunga gavetta fra i democristiani della Cdu, cui aveva aderito già nel 1946, e un ribaltone orchestrato ai danni di Helmut Schmidt insieme ai liberaldemocratici.

Ma in due momenti della sua vita ha saputo guardare lontano. Un'altra immagine è entrata nella storia: quella di Kohl e il presidente francese François Mitterrand nel 1984, a Verdun, mano nella mano per ricordare i caduti dei due Paesi e per mettere l'Europa su un cammino che avrebbe messo fine per sempre alle guerre fra Francia e Germania e pacificato il continente. Kohl ricordava che quelle guerre avevano portato alla morte di suo fratello e di suo zio. Suo padre aveva combattuto in entrambe le guerre mondiali.

Il punto più alto dell'asse franco-tedesco, l'intesa fra Kohl e Mitterrand, una coppia in apparenza caratterialmente male assortita, darà l'impulso decisivo all'integrazione europea passando attraverso il Trattato di Maastricht e l'unione economica e monetaria. L'integrazione europea e la riunificazione tedesca, strettamente legate per il loro ispiratore, furono i due sogni realizzati di Kohl, “il più grande leader europeo della seconda metà del XXesimo secolo”, lo definì George Bush padre, uno dei pochi a sostenerlo nella missione di riportare dentro gli stessi confini le due Germanie.

Ma sarà proprio la riunificazione a spingere verso la fine il suo lunghissimo cancellierato. Contro le obiezioni del presidente della Bundesbank, Karl Otto Poehl, che rassegnò le dimissioni dopo la decisione, Kohl aveva imposto il cambio alla pari fra il marco dell'Ovest e quello Est, un modo per far sentire che tutti erano parte della stessa Germania, ma anche per arginare la migrazione da est a ovest. Una scelta che spiazzò l'industria orientale e accentuò i costi già pesantissimi della riunificazione. I “paesaggi in fiore” che aveva previsto per i Laender dell'Est non si materializzarono mai e il gap con l'Ovest sta solo ora lentamente riducendosi. I tedeschi cominciarono a metterli sul piatto, insieme alla crescente disoccupazione, e la popolarità di Kohl, incapace di farsi da parte al momento giusto, preda anche di un naturale affaticamento dell'elettorato dopo una così lunga permanenza al potere, cominciò a declinare.

Nel 1998, dopo le vittorie in quattro elezioni consecutive (e dopo aver perso la prima nel 1976), fu sconfitto dal socialdemocratico Gerhard Schroeder e dalla sua coalizione rosso-verde, costretti poi a varare le riforme economiche per tirar fuori la Germania dallo stallo che nel frattempo ne aveva fatto “il malato d'Europa”.
Il colpo di grazia alla carriera del politico che aveva dominato il partito come nessun altro dai tempi di Konrad Adenauer arriverà l'anno dopo con uno scandalo di fondi neri per la Cdu, che lui stesso dovette ammettere. Nel 2000, Kohl si dovette dimettere da presidente onorario del partito, ma non rivelerà mai i nomi dei donatori dei fondi illegali: «Ho dato la mia parola d'onore». E a dargli questo colpo di grazia sarà Angela Merkel, che Kohl chiamava, sottovalutandola come altri avevano sottovalutato lui, “das Maedchen”, la ragazzina, la dottoressa in fisica della Germania est che lui stesso aveva portato al Governo, assegnandole il ministero dell'Ambiente.
Con l'abilità di un politico consumato, la ragazzina spinse lontano dal centro della scena politica il suo mentore e il più probabile delfino, Wolfgang Schaeuble. I rapporti fra Merkel e Kohl, che considerava un tradimento le azioni della donna che ora insidia il suo primato di longevità alla cancelleria, non si sono mai del tutto ricomposti. «Un grande tedesco e un grande europeo, una fortuna per la Germania», ha detto il cancelliere all'annuncio della morte. Nel 2002, Kohl lascia anche il Bundestag.

Gli anni Duemila sono segnati da una serie di tragedie personali. Nel 2001, sua moglie Hannelore, da anni in preda a una grave allergia alla luce, si era suicidata (Kohl si risposerà nel 2008, dopo aver subito una caduta e una parziale paralisi, Maike Richter, 35 anni più giovane di lui, criticata nei media per averlo isolato dal resto del mondo). Uno dei figli, Walter, lo accuserà in un memoriale di esser stato un pessimo marito e padre.
Dopo aver lasciato la politica, raramente l'ex cancelliere si è espresso in pubblico. Lo farà nel 2011, in piena crisi dell'euro, per puntare il dito contro le politiche di austerità e la gestione della crisi da parte di Angela Merkel. «Sta distruggendo l'Europa che ho costruito», dirà Kohl. Nel 2014, in un libro, criticherà anche Schroeder per aver consentito l'ingresso della Grecia nell'euro e la violazione delle regole europee sui conti pubblici. Ma nell'integrazione europea ha continuato a credere. Alle celebrazioni del 2012 al Deutsche Historische Museum dirà: “L'Europa non potrà più sprofondare di nuovo nella guerra. Dobbiamo continuare la sua unificazione”. Resta la sua eredità più importante.

(dal Sole 24 Ore - 16 giugno 2017)

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