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Dalle piazze al Parlamento

di Stefano Ceccanti

SULL’ONDA delle manifestazioni rischiamo di dimenticare due regolarità. La prima è che nessuno dei Paesi occidentali in cui la legge si è trovata a fare i conti con nuove questioni di società è stato risparmiato da manifestazioni opposte di minoranze intense. La seconda è che non è mai accaduto che, rispetto alla condizione delle coppie di persone omosessuali, si sia passati in unico colpo dal tutto al nulla, da una mera tolleranza all’espansione del matrimonio: ovunque i legislatori hanno proceduto per tappe, talora fermandosi a un livello intermedio, talaltra adottando aggiustamenti successivi.

I messaggi di piazza portano con sé una visione semplificata del diritto e della politica, quasi che questi ultimi fossero una bacchetta magica capace di trasformare un principio in una realtà senza contraddizioni. In vaste zone della società, anche dopo un migliore trattamento delle minoranze stabilito col bollo della legge, continueranno ad esistere pregiudizi. In altre zone si proclameranno ad alta voce princìpi che il diritto non ha il potere di sancire con una norma: avere un padre e una madre non è una cosa che la legge possa garantire a tutti e ricorrere a sanzioni penali per i comportamenti che disapproviamo spesso crea più problemi di quelli che si risolvano.

I POLITICI, e in particolar modo i parlamentari, abdicano al loro ruolo se, mentre cercano logicamente di mettersi in sintonia coi loro elettori, non veicolano al contempo questa complessità. «Sono il vostro capo, quindi vi seguo» non può essere il motto di nessuna classe dirigente.

Passando al caso concreto è d’obbligo notare che anche stavolta, come nel 2007, le piazze non hanno cambiato i rapporti di forza. Allora vi era un dato anomalo: lo schieramento di centrodestra aveva silenziato le proprie differenze interne e sulla base di un accordo politico complessivo con la Cei di allora (delega sulle questioni di società in cambio di appoggio) era in grado di esercitare un potere di veto perché il centrosinistra non aveva la maggioranza in Senato. Un dato anomalo rispetto alle forze europee di centrodestra che non hanno mai avuto una posizione così univoca e intransigente. La vittoria è stata di Pirro: quel veto ha fatto esplodere un inevitabile attivismo giudiziario di supplenza. È ad esso, prima ancora che alle piazze, che va data risposta perché in un sistema che non è di common law quella supplenza può generare risultati incoerenti e poco prevedibili. Il Parlamento è oggi in condizione di farlo.

(da Quotidiano Nazionale - 31 gennaio 2016)

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