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Pietro Ingrao

Un comunista che ci credeva

 

Di Federico Bini

 

Una vita nel PCI da dirigente e sognatore bolscevico, si fece le ossa nella segreteria di Togliatti, poi fu mandato a dirigere l’Unità ( 1947-1957)  al tempo in cui quel giornale era pane quotidiano per le  masse della sinistra e per le coscienze collettive dei suoi lettori. Il 25 ottobre del 1956 firmò l’editoriale a favore dell’invasione dell’Ungheria‘’ Da una parte della barricata a difesa del socialismo’’. Ammetterà tardivamente di aver sbagliato e si  scuserà.  Nel 1971, eletto Capogruppo dei Deputati,  collaborò con Andreotti,  anch’egli a capo dei Deputati Dc,  alla stesura dei nuovi regolamenti parlamentari. Dal 1976 al 1979 fu  eletto Presidente dell’Assemblea di Montecitorio, anche se Berlinguer propose Giorgio Amendola, che non accettò, quindi  si rivolse a Ingrao.  Presidente de  Il Centro Studi e iniziative per la Riforma dello Stato, nel 1985 pose una riflessione molto attuale e fuori dagli schemi ( per chi al tempo era nel PCI) evidenziando come la sinistra doveva affrontare e rompere il tabù delle riforme istituzionali. A questo scopo evidenziava la necessità di creare un governo costituente o di grande coalizione per procedere ad una significativa riforma dello Stato che riguardasse la forma di governo,  il Parlamento e la legge elettorale.                                                                                                                                                                                                                                                       Nel PCI guidò l’ala più a sinistra. Definizione che si scontra con l’Ingrao di Mancuso: ‘’ Non  può essere dipinto come il capo della sinistra interna.  Se fosse stato solo il leader di una parte, non avrebbe potuto avere il ruolo che ha avuto nella lunga vicenda del Pci’’.  Furono ingraiani:  Antonio Bassolino, Fausto Bertinotti, Sandro Curzi, Antonio Asor Rosa e Nichi Vendola.  All’interno della stessa sinistra ingraiana si andò formando un gruppo politico-culturale,  Il Manifesto,  composto da Luigi Pintor, Rossana Rossanda, Luciana Castellina, Lucio Magri e molti altri che nel prosieguo della loro militanza, trovandosi in netto contrasto con una larga parte del partito, furono espulsi con delibera del Comitato Centrale del 24 settembre del 1969. Ingrao votò contro di loro. Ha ricordato in proposito la Rossanda: ‘’Ingrao affermò che si trovò solo nella battaglia e che noi l'avevamo abbandonato.   Non andò così’’. Molti anni più tardi, seppur in ritardo, si scusò  per tali affermazioni.                                                                                                                          La sinistra ingraiana incarnava la parte più ortodossa e conservatrice del partito, quella più rivoluzionaria, ideologica, barricadera, NoTav e NoCanal.  La battaglia sul diritto al dissenso nel PCI, che condusse nell’XI Congresso del 1966, quando ancora il centralismo democratico era un cardine sacro nella natura di un partito comunista internazionale, fu al tempo un evento di straordinaria follia e coraggio politico.                                                   

 La sua idea di comunismo era un concentrato di utopia, surrealismo, inconscia demagogia e sogno, che si legano tra di loro nella ricerca di un spazio di universo ideale, nella creazione di uno stato ingraiano, nella vittoria del proletariato sulle forze della borghesia capitalista: ‘’Da una parte seguivo con ardore la costruzione dello Stato democratico, dall’altra coltivavo l’attesa della crisi rivoluzionaria’’, ‘’ Mi portavo dentro la convinzione di un momento insurrezionale risolutivo. Forse agiva anche il ricordo mitico dell’assalto al Palazzo d’Inverno tramandatoci dall’epica della rivoluzione bolscevica. E negli angoli remoti della mia mente restava sempre ben fissa l’ipotesi del momento in cui ci saremmo trovati – l’uno di fronte all’altro – noi rivoluzionari e le truppe del grande capitale’’.                                                                                                                                                  Idealista ideologico, difensore dell’ultimo bolscevismo italiano, visse in un paese troppo atlantista, conservatore, cattolico e corporativo per arrivare ad una rivoluzione d’Ottobre. Rivoluzionario senza rivoluzione ( Mario Sechi) il suo destino non fu quello di vincere bensì di lottare. Come ricordò una volta un mio caro amico: ’’ noi comunisti siamo nati per lottare, non per governare’’.                                                                                                                                                           Questo era Pietro Ingrao.  Un comunista che ci credeva e a cui l’onore delle armi è un gesto di rispetto che gli va riconosciuto.

           

L’Eremo di Monte Giove.

Piccola collina di pace e meditazione. Immerso in mille colori, nei profumi delle erbe naturali, nel silenzio della quotidianità, animato solo dai rintocchi di campane e dal cinguettio degli uccelli. Lontano da via delle Botteghe Oscure, dalle fabbriche e dal Parlamento, Ingrao vi trovò una sua spiritualità, nonostante la fede cattolica quasi mai l’abbia sfiorato. Aveva una fede tutta sua, nell’ideologia comunista, nel dubbio, nelle poesie, nella luna.  Più che eretico  come molti vecchi ossi duri del comunismo intransigente, fu più un non credente qualsiasi, che mai si convertì, ma lo legò al mondo cattolico il costante aiuto degli ultimi, la ricerca della fraternità, di una giustizia sociale. Davide contro Golia. Il proletariato contro il capitalismo.                                                                                                                                           Nel dialogo con il cardinal Silvestrini del 1997 a Lenola, riconobbe in un passo del Vangelo di Matteo 5-3,12:’’ una della pagine più belle che secondo me sono state scritte e  pensate da una mente umana’’ e aggiunse:‘’ mi affascinava questo messaggio sociale proveniente dal mondo cattolico e anch’io credo che una delle grandi conquiste umane sia quella di riconoscere in una persona l’altro e di sentire anche questo continuo rapporto con l’altro, di questo ‘essere’ insieme’’.                                                                                                                                              Fu uno dei più assidui comunisti che si recavano all’Eremo, ai seminari e convegni organizzati dal monaco camaldolese Benedetto Calati. Qui si ritrovavano La Pira, Dossetti, ma anche Mario Tronti e l’habitué  Rossana Rossanda. Era la sinistra dei conventi. Ingrao ricorderà sempre questi momenti tra i più belli e commoventi della sua vita.

 

Un partito social-democratico e Craxi.

Nel 1976 Bettino Craxi, all’Hotel Midas, divenne  segretario del Psi. Dal momento in cui succedette a De Martino,  improntò uno storico e radicale cambio di passo alla sinistra socialista che inevitabilmente andò anche a ricadere sul PCI e sul suo dibattito interno, sancendo a livello teorico una prima svolta della Bolognina.  Letteralmente nasceva la ‘’ terza via craxiana al socialismo italiano’’, nella pratica politica Craxi aveva lanciato la sua opa sulla sinistra italiana.                                                                                                                                                                      Giorgio Napolitano, che apparteneva all’ala destra del partito, quella degli amendoliani,  vedeva nel PSI guidato da Craxi l’alleato naturale con cui costruire un progetto  social-democratico  che andava oltre l’esperienza del PCI. Ingrao  percepiva in questo progetto  una liquidazione del comunismo. E ribatteva a Napolitano:’’ Non v' accorgete che il partito socialista è prigioniero dentro la logica imperiale americana che lo tiene subalterno alle forze moderate?’’.                                                                                                                                                             La creazione di una leadership forte nel PSI  e al governo in qualità di Presidente del Consiglio  fu una delle prime esperienze in Italia di ‘’ democrazia leaderistica’’ improntata su consenso personale, popolarità, decisionismo e carisma. La posizione atlantista.  Il dispiegamento dei missili a Comiso. Il  jet set. L’apprezzamento della borghesia anti-comunista.  Il pentapartito e le nuove alleanze a livello comunale, come quella che portò il craxiano Franco Carraro alla guida del governo del Campidoglio( 1989-1993) .                                                                                                                                                                              Craxi  si proponeva di andare oltre i confini storici ed ideologici in cui i partiti della sinistra ( PCI e PSI) erano stati rilegati. Immaginava un centro sinistra riformista e moderno, guardava all’America senza però dimenticare Proudhon, lottava contro lo strapotere sindacale, lasciava a Marx l’onore della storia e si smarcava dalla politica filo-sovietica.                                                                                                                                                                    Ingrao invece  immaginava una sinistra radicale, detestava l’atlantismo, a Proudhon preferiva Marx, in soffitta avrebbe mandato volentieri il CAF, l’onore della storia lo avrebbe lasciato più che a Craxi a Riccardo Lombardi e la fine di una politica filo-sovietica con i vertici di Mosca segnava nell’Ingrao pensiero l’allontanamento materiale e ideale dal luogo simbolo della rivoluzione bolscevica.                                                                                                                                                                       

  

Craxi e Ingrao, come Nenni e Togliatti.  Il dualismo dei padri che ricade sui figli.                                                 

 

Due storie di sinistra, due sinistre in eterno conflitto.                                                                                                                                                                         Nel decennale della morte del leader socialista,  il 19 gennaio del 2010, Ingrao intervistato dal giornale La Stampa ammise: ‘’ Di Craxi non salvo nulla’’ e sulla posizione di Napolitano aggiunse:’’ E’  stato molto generoso, anche troppo.  Io comunque non condivido il suo giudizio’’.     

Le lacrime della Bolognina e l’addio al suo mondo. La liquidazione del Pci segnava in Ingrao l’inevitabile fine della sua storia e della sua identità. Stava assistendo ad un omicidio politico di cui non voleva far parte perché ne aveva compreso gli errori e le incertezze future.                                                                                           Percepiva la fine del comunismo, di quell’orizzonte ingraiano che poteva sopravvivere solo nel PCI e con una classe dirigente nuova e altrettanto devota. Il PCI tuttavia stava passando di mano da una vecchia ad una nuova generazione, quella ‘’ dei quarantenni’’. Ingrao rappresentava l’ultimo comunismo togliattiano nel partito. Avrebbe preferito andare sulla luna quel lontano 21 novembre 1989, secondo giorno di interventi in via delle Botteghe Oscure. Ma si presentò! Attaccò duramente il segretario Occhetto: ’’ Non ho trovato ieri alcun lume nella relazione del segretario del partito’’, richiamò l’attenzione su ‘’la dichiarazione di morte del comunismo’’ e concluse con i suoi temi di battaglia: la questione delle multinazionali, la lotta al capitalismo, la questione ecologica, la difesa delle donne.                                                                                                                                                                                                Si celebrò così per Ingrao il suo primo addio a quel mondo che lo aveva allevato e cresciuto, come ragazzo e uomo prima e poi come politico. Salutò il suo mondo, un ‘mondoperaio’, fatto di sindacalismo e barricate, circoli e case del popolo, credo e dottrina, Unità e gramscismo.                                                                                                                                                                                                                                                                 Ma lasciò i suoi occhi a testimonianza più delle parole.  In quelle lacrime, ci stavano tutti i ricordi, i turbamenti, le angosce e le gioie private e pubbliche che lo avevano accompagnato in questa sua avventura.                                                                                                                                                                                                                                                Calava il sipario su un’ intera epoca.  Lo scorrere della natura e dei fatti a cui la politica è sottoposta continuamente, richiedevano un nuovo inizio, seppur nel segno della continuità, era giunto il momento di rompere un  con un passato troppo ingombrante per vincere le sfide moderne.                                                     Con fierezza e orgoglio amava ripetere: ‘’ la mia è stata una storia politica fatta di errori e sconfitte, dissensi e minorità’’, ma non si arrese mai.              

L’omaggio della sinistra e il viaggio verso una nuova vita.  Per una volta Ingrao è riuscito a portare la sua rivoluzione ad un passo dal Palazzo e a mettere in minoranza quella sinistra che lo sconfisse per lunghi anni, prendendosi la sua rivincita! La presa del potere potrebbe essere compiuta ma il leader non c’è più, è in terra, immobile, nel suo feretro. Li ha lasciati senza guida. Ma la voglia di lottare si è persa,  c’è stanchezza e rassegnazione, gli scontri di Valle Giulia appartengono al passato, le barbe e i capelli sono grigi, le pelli rugose e gli sguardi persi nel vuoto e nella commozione. Il suo popolo non varca il confine. Si ferma solo a salutare e rendere omaggio all’anziano leader.  In Piazza Montecitorio si svolge una cerimonia solenne, un grande striscione ‘’ Ciao Compagno Pietro’’, le bandiere rosse e l’immancabile Bella Ciao.                                                                                                               Gente comune, vecchi militanti e dirigenti, gli operai delle acciaierie di Terni e la nuova generazione politica della sinistra.  Il Premier Renzi, il Presidente della Camera Laura Boldrini, i Ministri Madia, Orlando e Boschi.  Ma anche Il Presidente del Senato Grasso, Il Presidente della Repubblica Mattarella, Fausto Bertinotti, Luciano Violante, Giorgio Napolitano, Linda Lanzillotta e Antonio Bassolino.                                                                                                                                                                                                 Della segreteria di Togliatti oggi è rimasto solo il sicilianissimo E.Macaluso che  ricorda alla Stampa:’’ Nel '95 andai a una manifestazione in Campidoglio, a Roma, in cui il filosofo Remo Bodei celebrava gli ottant'anni di Ingrao. C'era poca gente, assenti i dirigenti del PDS, e quasi nessuno di quelli che l'altro giorno lo hanno celebrato nei funerali di Stato. Mi fu molto grato e mi scrisse una bella lettera, che conservo ’’.                                                                                                                              Dello storico partitone rosso invece, regna ancora incontrastato l’Emerito Presidente della Repubblica Napolitano insieme alla corposa e potente ‘’generazione dei fu quarantenni ‘’, alcuni se ne sono andati per  convenienza politica altri per età . Adesso anche Ingrao li seguirà percorrendo per un momento la stessa strada, quella che percorsero Berlinguer, Longo, Amendola e i compagni di un tempo.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  

E’ stata una lunga storia d’amore, ideologica, ma fatta con il cuore. La mano scivola sui volti dei figli, un ultimo sguardo prima di chiudere gli occhi. La lotta è finita! Nella notte gelida e tenebrosa,  una timida luce  riflette nell’oscurità, è la luna.  Adesso inizia un’altra vita, e con essa anche un’altra storia d’amore.

Pietro Ingrao, Un comunista che ci credeva.

 

Lucca, 10 ottobre 2015

 

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