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Breve commento introduttivo

Sul Sole 24 Ore del 6 settembre e del 5 ottobre u.s. sono apparsi due interessanti riflessioni su De Gasperi, a firma di Roberto Napolitano, direttore del quotidiano.
Sono intensi contributi, pur nella loro sinteticita', che offrono uno spaccato di quanto l'azione di De Gasperi sia stata fondamentale per lo sviluppo del Paese nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale e, dato non certo secondario, di quanto il suo stile sia stato diverso da quello dei politici attuali.
E non solo quello di De Gasperi, come si potra' leggere nel secondo articolo di Roberto Napoletano.

Tanto De Gasperi ha improntato la sua azione allo studio in profondita' dei problemi ed a una visione di prospettiva, tanto oggi si cerca il consenso immediato, con la inevitabile superficialita' ad esso connessa.
Tanto De Gasperi ha ispirato la sua vita pubblica e privata alla sobrieta', quanto oggi si cerca l'esibizionismo, aiutato dalla potente penetrazione dei mass-media.

Alla citazione di Paolo Pombeni, riportata nel primo contributo di Roberto Napolitano, voglio aggiungerne una altrettanto significativa:
"Il politico e' colui che pensa alle prossime elezioni mentre lo statista e' quello che pensa alle prossime generazioni".
Senza indulgere ad alcuna forma di retorica, mi pare che da queste parole si possa partire per una lettura del presente:
Oggi abbiamo uno scenario frequentato da tanti politici e da pochi statisti. Mi si creda: non e' una affermazione retorica!

Paolo Razzuoli

Riflessioni sulla figura di Alcide De Gasperi

contributi diRoberto Napoletano

De Gasperi e la vocazione a «lavorare in profondità»

di Roberto Napoletano

Paolo Pombeni, direttore dell'Istituto Storico italo-germanico di Trento e editorialista del Sole 24Ore, è prima di tutto un amico. È alle prese con la seconda edizione di quello che lui chiama «il mio volumetto sulla Costituente» e viene fuori, tra una ricerca e l'altra di archivio, la ricorrente passione per De Gasperi: quest'uomo di confine ha messo le basi dell'Italia del miracolo economico che trasformò un Paese agricolo di secondo livello prima in un'economia industrializzata e poi in una potenza economica senza che nessuno gli dicesse grazie, il più laico dei cattolici e il più cattolico dei politici di razza, sempre disponibile anche per l'ultimo dei suoi elettori, a lungo dimenticato, poi improvvisamente riapparso in modo stabile come punto di riferimento per tutti.

Mi scrive Paolo: ho trovato questa bella citazione di De Gasperi, te la giro, perché l'ha ripetuta più volte, ci credeva molto, e soprattutto mi sembra che possa far riflettere anche sull'oggi. Ve la ripropongo perché merita: «Lavoriamo in profondità, senza ambizioni particolaristiche, con alto senso del dovere, non curanti delle accuse di essere troppo a destra o troppo a sinistra, secondo il linguaggio convenzionale della superata topografia parlamentare. In realtà ogni partito realizzatore sta al centro, fra l'ideale e il raggiungibile, fra l'autonomia personale e l'autorità dello Stato, fra i diritti delle libertà e le esigenze della giustizia sociale».(La parola ai democratici cristiani, «Il Popolo» 12 dicembre 1943. Ora in, A. De Gasperi, Scritti e Discorsi politici, vol. III, Bologna, Il Mulino, 2006, pagg. 652- 662. Questo documento sarà ripreso integralmente anche l'anno seguente come programma della DC).

Lavorare in profondità, senza ambizioni particolaristiche, con alto senso del dovere e spirito realizzatore, questo è stato De Gasperi, e aggiungiamo noi lo ha fatto imponendosi una regola inclusiva, coinvolgendo il più possibile, capendo la portata dei problemi e avendo, quindi, ben chiaro che una sfida così ambiziosa si può vincere se si ha dietro il Paese, se si è in grado di coinvolgere e motivare società e tessuto civile, impresa e sindacati, lavoratori e braccianti, intelligenza tecnica e riformismo cattolico, le grandi competenze e le capacità operative giovani e meno giovani.

Questo vuol dire lo «spirito realizzatore» di De Gasperi ed è quello che serve oggi per rialzare la testa e ripartire, con un linguaggio di verità, entrando in profondità nelle cose, dimostrando di volersi misurare con la pesantezza dei problemi e avendo bene a mente che il cammino è lungo, che ci vogliono almeno 5/10 anni perché si cominci a percepire, anche fisicamente, che il quadro sta cambiando e, proprio per questo, il senso di responsabilità deve essere diffuso e trasparente. Il lavoro si costruisce con lo spirito d'intrapresa, ma ha bisogno di un ambiente intorno completamente nuovo, questo è il terreno sul quale si misurano la forza ideale e la capacità operativa del partito realizzatore e di tutti i soggetti economici e sociali.

Dai tempi di De Gasperi è cambiato quasi tutto, il mondo è più complesso e integrato del passato, la crisi globale appare infinita e le diseguaglianze sono tornate a riesplodere, ma alla base di tutto ci saranno sempre le donne e gli uomini, giovani e meno giovani, con quello spirito e quella tenacia che sono necessari per cambiare passo e fare capire al mondo che si fa sul serio. Se il Paese ritrova la sua vocazione realizzatrice e lo fa senza ipocrisie e senza scorciatoie, vorrà dire che la politica ha capito la lezione e ha scelto di «lavorare in profondità».

(dal Sole 24 Ore - 6 settembre 2015)

Lettere all'autore

Caro direttore, desidero ringraziarla di cuore per il suo memorandum «De Gasperi e la vocazione a lavorare in profondità» di domenica 6 settembre. La ringrazio soprattutto per aver fatto luce, con parole davvero toccanti, su un gigante della storia, che considero personalmente un modello di politico, di cristiano, di padre. Pur avendo letto diverse biografie di Alcide De Gasperi, non conoscevo la meravigliosa citazione segnalata dal professor Pombeni. Quel «lavorare in profondità» meriterebbe una meditazione personale e collettiva. Profonda come sorgente, profonda in termini di impegno e visione a 360°. Si tratta di una esortazione forte e autorevole, che proverò a coltivare come un mantra e a promuovere tra gli amici. Colgo l’occasione per sottolineare la continua evoluzione de «Il Sole 24 Ore» che è passato dalla cronaca alla interpretazione, talora anticipatrice e trainante, dei fatti o dei «segni dei tempi», come direbbe il nostro più insigne Presidente. Le auguro buon lavoro e porgo i miei migliori saluti.
Tullio Pagano

Caro direttore, che lezione da De Gasperi! Non ho l’età per poter dire di averlo conosciuto, ma nella mia coscienza politica è stato spesso un punto di riferimento. Posso dire di averne sentito parlare dalle scuole elementari, una cinquantina di anni fa, da una grande maestra trentina che ne era nipote e qualche volta ci parlava di suo zio e di quanto avesse fatto per la nostra Italia uscita in macerie dalla Seconda guerra mondiale. Dal memorandum «De Gasperi e la vocazione a lavorare in profondità» mi piace ripetere quelle parole che dicono «non curanti delle accuse di essere troppo a destra o troppo a sinistra, secondo il linguaggio convenzionale della superata topografia parlamentare». Sembrano parole d’oggi, mostrano quanto fosse avanti uno dei padri fondatori della nostra Italia. Un po’ di nostalgia è inevitabile di fronte al panorama non sempre esaltante di questi tempi così sfumati e scoloriti. Con affetto.
Antonio Prinzo

De Gasperi, Di Vittorio e la missione che serve al Paese

di Roberto Napoletano

Ci sono uomini che hanno fatto la storia e hanno passato una vita a schermirsi. Poi spariscono e nessuno se ne ricorda. Appartengono a questa categoria De Gasperi e Di Vittorio, democristiano, trentino, politico di professione il primo, sindacalista, da Cerignola, bracciante figlio di bracciante, leader storico della Cgil il secondo. Da un po’ di tempo in qua entrambi sono “ritornati” ed è bello constatare che, pur non avendoli conosciuti, molti oggi li vivono come una calamita di affetti e una guida esecutivo-morale per tutti. Antonio Prinzo ha cominciato a conoscere De Gasperi alle elementari mezzo secolo fa da una «grande maestra trentina» che «ne era nipote» e ogni tanto «ci parlava di suo zio e di quanto avesse fatto per la nostra Italia uscita in macerie dalla Seconda guerra mondiale». Di Vittorio ce lo metto io perché uomini di sinistra che ebbero il coraggio di dire no a Togliatti quando si spedirono i carri armati in Ungheria ce ne furono davvero pochi ed è giusto che un sindacalista così eretico che non esitò a compiere scelte controcorrente per «costruire il lavoro» faccia coppia, nella diversità dei ruoli, con il politico che più di tutti è riuscito a ideare e fare le cose incidendo in profondità. Sono uomini che sapevano parlare al cuore delle persone, in modo differente, ma senza mai mancare di attenzione, e si muovevano insieme a uomini di impresa che sapevano guardare oltre i cancelli della loro fabbrica come i Costa e a uomini del fare del calibro di Pescatore, Menichella, Saraceno e altri ancora.

Ricordo Baldina, figlia di Di Vittorio, e ne ho davanti agli occhi l’emozione e la suggestione con le quali raccontava come davanti all’uscio di casa ci fosse sempre gente ad attenderlo e come lui fosse sempre disponibile anche se rientrava alle tre del mattino. Ricordo, soprattutto, quanto fosse importante per tutte queste persone la politica intesa come capacità di risolvere i problemi e mi viene in mente una lettera dal carcere (agosto, 1927) di De Gasperi alla moglie nella quale la prega di rassegnarsi per la sua scelta politica e dice nella sostanza questo: come il chirurgo farà sempre il chirurgo e al massimo potrà cambiare l’ospedale; e come l’ingegnere farà sempre l’ingegnere, al massimo cambierà il Politecnico, così io farò sempre il politico perché questo è il mio mestiere, la mia carriera o meglio la mia missione, fin da ragazzo.

La nostalgia, il rispetto e la voglia di conoscenza di uomini come De Gasperi e di quella sua ostinazione a «lavorare in profondità», l’attenzione rievocativa che tocco con mano ovunque su Di Vittorio e mette a nudo l’assenza di coraggio di molti dei suoi successori, sono il regalo più bello per chi ha a cuore un Paese che recuperi la sua identità e riparta con la testa e con le braccia senza indulgere a semplicismi e ottimismi di maniera, ma riconoscendo e irrobustendo i germogli di ripresa e i segnali di speranza. Da cattolico mi viene da pensare che nell’aldilà, magari un po’ appartato, De Gasperi supererà la tradizionale ritrosia e si lascerà andare a una smorfia di sorpresa, quasi a chiedersi «ma parlano di me?», e non potrà che ripetere: lavorate in profondità. A ben pensarci, è esattamente quello che serve al Paese per l’oggi e per il domani, sapendo cogliere i passi in avanti e mai sorvolando su errori e passi indietro.

(dal Sole 24 Ore - 5 ottobre 2015)

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