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Grecia: solo con un patto chiaro si potra' invertire la rotta

di Paolo Razzuoli

Dopo cinque anni di tentativi per risolvere la crisi greca, mi pare evidente che solo grazie ad un patto chiaro fra questo Paese ed i creditori si potra' pensare di imboccare la strada per invertire la rotta.
Un patto chiaro che, purtroppo, puo' apparire fantascientifico. Si' fantascientifico, giacche' questo patto presupporrebbe che le classi dirigenti dell'Unione Europea potessero decidere veramente guardando al futuro, liberi cioe' da preoccupazioni legate agli esiti che certe decisioni hanno sui risultati delle piu' prossime scadenze elettorali.
Bisognerebbe insomma immaginare un esperimento in cui le èlite politiche agissero in totale assenza di gravità politica, cioè di tutti quei vincoli e timori che frenano i governi preoccupati di non dispiacere troppo ai loro elettori. Forse a quel punto una soluzione razionale si potrebbe trovare, sotto forma di uno scambio, sottoscritto da tutti con piena consapevolezza.

Eppure i Padri fondatori dell'Europa avevano la consapevolezza che solo scelte di grande respiro sarebbero state all'altezza di un disegno tanto impegnativo e meraviglioso qual e' la costruzione europea.
MI piace ricordare De Gasperi che diceva: "la differenza fra un politico ed uno statista e' che il politico pensa alle prossime elezioni mentre lo statista pensa alle prossime generazioni".
Ebbene, l'Europa si fara' se i suoi dirigenti sapranno ragionare da statisti e non da politici.

Ma torniamo al patto fra Grecia e creditori, che dovrebbe piu' o meno funzionare cosi'.

L’opinione pubblica ed i governanti di Atene accettano un certo numero di novità. La giustizia civile inizia a funzionare come in gran parte degli altri Paesi europei (possibilmente meglio che in Italia). La giustizia penale colpisce duramente la corruzione e l’estorsione a tutti i livelli, e chi denuncia con prove o indizi gravi potrà contare sulla tutela e il sostegno dello Stato. L’età in cui si potra' andare in pensione viene allineata a quella dell’Italia o della Germania. L’amministrazione inizia a lavorare per i cittadini, accettando che il suo rendimento sia pubblicamente misurato e le nomine di rilievo si facciano in base alle qualifiche e non alle fedeltà di partito. La lotta all’evasione diventa un obiettivo fondamentale dello Stato, perseguito senza arbitrarietà ma anche senza sconti. Gli oligopoli e i monopoli nelle mani di pochi amici degli amici vengono smantellati, in modo che chi è più bravo possa trovare spazio e prosperare. I presidi delle università smettono di essere eletti da studenti, bidelli, funzionari e colleghi professori, sulla base di promesse di distribuire rendite e prebende a tutti; da ora in poi, saranno tenuti a rendere conto dei risultati dell’ateneo. E i direttori regionali dell’istruzione non sono più fedelissimi di partito, ma manager pubblici che si sottopongono a una valutazione di tipo internazionale sui punteggi scolastici degli studenti.
Quanto alle tasse, non si aumentano più: la Grecia è già esausta così.

Questo la Grecia dovrebbe impegnarsi seriamente a fare.
Non e' poco: e' una sorta di rivoluzione che attiene a tutto l'impianto sociale del Paese.
Ma la situazione greca e' purtroppo questa, e trovo deltutto normale che debba essere superata per chi voglia stare in Europa.

E l'Europa cosa dovrebbe fare?
Non e' poi cosi' difficile immaginarlo.

Anzitutto i creditori dovranno dire subito con chiarezza alla Grecia che se in un ragionevole arco di tempo, tre quattro anni, con scadenze concordate, avrà realizzato questo programma, seguiranno conseguenze positive.

Anzitutto un piano di ricostruzione come quelli che l’Europa ha già dimostrato di saper sviluppare, anche a proprio vantaggio, nei Paesi dell’ex patto di Varsavia.

La seconda conseguenza riguarda invece il debito greco: le scadenze di rimborso ai governi o al fondo salvataggi sono spostate in avanti di trent’anni ai tassi attuali, o più bassi. Di questo (ipotetico) esercizio di trasparenza farebbe parte una spiegazione ai cittadini riguardo ai costi: oggi l’esposizione verso la Grecia è di circa 850 euro per ogni abitante della Germania e di circa 630 euro per ogni abitante d’Italia. Uno slittamento delle scadenze di tre decenni implica probabilmente una riduzione di circa metà del credito in termini di valore netto attualizzato. Per i contribuenti italiani equivarrebbe a una tassa «una tantum» di circa 300 euro, per i tedeschi di 400. Bisogna chiedere loro se sono disposti a pagarla per chiudere questa ferita una volta per tutte, a fronte dei benefici molto superiori garantiti dell’integrazione europea; oppure se preferiscono invece rischiare di perdere tutto per colpa di una frattura nell’area euro che si infetta. E' un terreno delicato e scivoloso, ma da cui si potra' misurare la capacita' degli europei di privilegiare il disegno strategico di ampio respiro rispetto agli egoismi dell'immediato.

Per parte propria, i greci sapranno quali sono i benefici e potranno mobilitarsi per raggiungerli. Se non vogliono, sapranno anche qual è l’alternativa: il divorzio.

Un patto che si potrebbe contrarre, se le classi dirigenti fossero capaci di pensare in grande. Purtroppo pero' il mondo reale e' diverso.
I greci preferiscono incolpare dei propri mali chiunque fuorché se stessi. Un malvezzo peraltro ben radicato anche in Italia.
Di contro, in Germania prevale una versione dei fatti che dimentica il ruolo delle stesse banche tedesche, prima della crisi, nell’alimentare la bolla del credito in Grecia e nel resto dell’Europa del Sud.
Forti di questa dimenticanza, molti tedeschi ora rifiutano l’evidenza: buona parte dei prestiti ad Atene sono semplicemente irrecuperabili.

Sono rimozioni, queste, che si sono cronicizzate da entrambi le parti.
Il motivo e' chiarissimo: sono rimozioni che generano consenso elettorale.

Le conseguenze sono gravi: la paralisi delle riforme in Grecia, da un lato; e dall’altro l’imposizione di un programma punitivo di tasse su tasse, che un Paese in stato avanzato di depressione non puo' sopportare, e che lo porta dritto dritto al naufragio.

Nelle prossime settimane la sfida per i creditori e per i debitori è tutta qui: raccontare una completa verità ai cittadini europei e quindi disegnare un percorso che non si perda ancora una volta nella selva del debito e della recessione.
I fatti di questi anni, purtroppo, non autorizzano grandi ottimismi. La storia della costruzione europea ci insegna pero' che i passi in avanti piu' significativi sono stati fatti dopo crisi piu' o meno acute. Speriamo che questa verita' non venga smentita.

Angela Merkel, con le sue doti di razionalita' e di sangue freddo, potra' giocare un ruolo decisivo. Speriamo che voglia farlo.
Sarebbe un atto di rispetto e coerenza con la storia e l'identita' politica a cui appartiene: la storia e l'identita' di "grandi" quali Konrad Adenauer ed Helmut Kohl.

Lucca, 26 luglio 2015

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