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Breve commento introduttivo

Nelle scorse settimane, Fucinaidee ha pubblicato due riflessioni riguardanti il profilo del nuovo Presidente della Repubblica: riflessioni scelte, fra le tante disponibili su tutti i mass-media, perche' in sintonia con il mio pensiero.
Una di un noto costituzionalista, Ugo De Siervo, che sottolineava la necessita' che sul Colle andasse una figura di ghrande esperienza politica. L'altra, di Luigi La Spina, che tracciava un identikit del Presidente, specificandone quattro fondamentali attributi. Al profilo del nuovo Presidente e' dedicato anche un passaggio del mio articolo intitolato "2015: l'importanza di continuare a sperare".
Ebbene, con franchezza mi sento di dire che Sergio Mattarella possiede le caratteristiche indicate. Lo dico conoscendo il suo curricolo politico, la sua competenza giuridico-costituzionale e la sua sensibilita' istituzionale. Ha tutte le carte in regola per poter essere un presidente della Repubblica adatto alla fase storica che il nostro Paese sta vivendo.
Mi pare che questo sia cio' che agli italiani soprattutto deve interessare.
Ovviamente dietro l'elezione di un Presidente della Repubblica ci sono tanti complessi intrecci politici. Molto se ne e' sentito in radio e Tv e molto se ne scrive sui giornali; non serve quindi in questo attardarsi. Voglio soltanto sottolineare che con questa elezione il Parlamento ha saputo riscattare il disastro del 2013. Molti erano i timori che qualcosa del genere potesse ripetersi; fortunatamente sono stati smentiti. Naturalmente il contesto e' molto diverso da quello di allora; non si puo' tuttavia onestamente non sottolineare la diversita' di metodo e di abilita' di chi in questa circostanza ha tessuto la tela, ovvero Matteo Renzi. Sul versante politico, Renzi e' il vero vincitore della partita. Ma piu'' importante e' che la partita possa averla vinta il Paese.
Perche' cio' possa essere completamente vero, e' necessario che la ritrovata unita' del Pd non venga pagata alla sinistra conservatrice con il prezzo dell'annacquamento del processo riformatrice. Renzi insiste sulla necessita' di non confondere l'elezione del Presidente della Repubblica con il governo. Cosa che appare ovvia, ma in Italia si sa come vanno le cose e qualche timore e' legittimo. Speriamo che Renzi sappia mantenere ben saldo il timone delle riforme, sottraendosi da condizionamenti che certamente non mancheranno da frange del suo partito, mostrando anche in questo di essere un dato di significativa novita' nella politica italiana.

Paolo Razzuoli

Fondamentale ritorno alla normalità

di Mario Calabresi

Si chiamano «Riserve della Repubblica», sono quegli uomini che vivono lontani dai riflettori, che paiono quasi dimenticati in un cono d’ombra, ma che diventano preziosissimi quando il Paese ha bisogno di figure solide, di sicurezze, di misura e buon senso.

Si pensa sempre che siano ormai finiti, che non ci siano più in circolazione uomini delle Istituzioni e ci si abbandona alla consueta lamentela sull’Italia allo sfascio. Poi, a guardar bene, dietro le quinte di chi si agita in prima fila si trovano persone in grado di fare la differenza. Era accaduto nove anni fa con Giorgio Napolitano ed è successo ieri con Sergio Mattarella. Ma la storia repubblicana è piena di esempi, da Einaudi a Pertini, di servitori disinteressati dello Stato.

Che quest’ultimo sia stato scovato e indicato da Matteo Renzi può essere certo sorprendente, non esistono due persone più lontane per carattere e comportamenti: per una volta l’esperienza e la riservatezza hanno vinto sul giovanilismo e su twitter.

Ma questa scelta segna un fondamentale ritorno alla normalità. Il voto ampio di ieri chiude una stagione di fibrillazioni, archivia lo psicodramma di due anni fa e riabilita un Parlamento che non era stato in grado di eleggere un Presidente costringendo al bis l’uscente.

Si potrebbe anche inserire l’elezione di Mattarella nel percorso delle riforme costituzionali, considerarla uno dei passaggi fondamentali del riequilibrio dei poteri. Il segnale più forte e chiaro di un ritorno del primato della politica.

Si è detto che si torna alla figura del «presidente notaio», quella indicata dalla Carta su cui si fonda la nostra Repubblica, un capo dello Stato che si fa arbitro degli equilibri, garantisce tutti ma non entra nell’azione di governo. Può essere vero, ma se ciò accadrà non è certo per la proverbiale riservatezza di Sergio Mattarella ma perché una stagione di supplenza appare finita.

Dal 1992, dagli anni di Tangentopoli che segnarono la fine di una classe politica, i Presidenti hanno avuto un raggio d’azione che non aveva precedenti nella storia repubblicana. Dal Quirinale sono state tappate le falle provocate da mille anomalie e da coalizioni di governo non omogenee e instabili.

Oggi ci troviamo di fronte ad uno scenario nuovo, la politica si è ripresa il suo spazio, è tornata a sedersi a capotavola e un’elezione così solida al quarto scrutinio ne è la dimostrazione. La funzione fondamentale del Quirinale non sarà tanto di sostituirsi all’esecutivo nei casi di emergenza o di pilotare crisi continue, ma di garantire i diritti delle minoranze e il corretto rapporto tra i poteri dello Stato. Il Presidente dovrà rappresentare un limite e un binario e per questo Mattarella sembra l’uomo giusto.

Dei quattro requisiti essenziali per essere un buon Presidente della Repubblica il nuovo eletto ne possiede due fondamentali, la conoscenza approfondita delle leggi e la capacità di comprendere il gioco politico, figlie della sua lunga biografia, focalizzata sullo studio, sull’insegnamento e sull’attività parlamentare e di governo. Non ci sono invece significative esperienze in campo internazionale – anche se Mattarella è stato ministro della Difesa al tempo della guerra in Kosovo – e non ci sono fino ad oggi grandi segni del quarto ed ultimo requisito, l’empatia, la capacità di entrare in comunicazione con i cittadini. Ma, come ha più volte sottolineato Giorgio Napolitano, questa è l’unica dote che si può imparare, come è successo a lui e a Carlo Azeglio Ciampi. La prima frase di Mattarella, sulle speranze e le difficoltà degli italiani, insieme alla scelta di rendere omaggio alle Fosse Ardeatine (su una comunissima Panda grigia) sembrano indicare una strada che fa ben sperare.

C’è un ultimo dettaglio da notare, un comportamento figlio di un tempo antico, quasi incomprensibile nell’era della comunicazione 24 ore su 24 e dei social network: la lettura lunga e approfondita. Ero convinto che con le dimissioni di Napolitano si sarebbero estinti i presidenti che ogni mattina leggono scrupolosamente i giornali, che si fanno preparare dossier su ogni argomento, che sottolineano i libri che leggono e che preparano appunti. Invece è arrivato Sergio Mattarella che coltiva questo vizio antico, antidoto all’impazzimento dei ritmi del circo politico contemporaneo. Ecco un uomo che ha passato le sue vacanze estive in un albergo a tre stelle in montagna, dove ogni mattina si sedeva sul prato a leggere i quotidiani. Ecco un uomo che come Aldo Moro li ritaglia, mettendo da parte ciò che può tornare utile o che bisogna finire di leggere. Può sembrare fuori moda, come i gilet dello stesso tessuto dell’abito, ma è un dato fondamentale ed è proprio per questo che li chiamano «riserve della Repubblica»

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(da La Stampa - 1 febbraio 2015)

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