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Breve commento introduttivo

Ormai ci siamo quasi: il 29 gennaio e' fissato il primo scrutinio per l'elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Il sistema politico e' in piena fibrillazione e, al di la' delle rassicurazioni - lo scenario non si presenta certo tranquillizzante.
Ci sono indizi che fanno temere una farsa infinita. Speriamo di essere smentito: sarebbe un gran bene per il nostro Paese.

Renzi, opportunamente, ribadisce che il presidente deve essere arbitro e non giocatore. Posizione assolutamente condivisibile, ma che vedremo come sara' tradotta in concreto. Le spaccature, non solo fra i partiti ma ancor piu' all'interno dei partiti, lasciano intravedere una balcanizzazione del Parlamento che potrebbe spostare ancor piu' in alto l'asticella del ridicolo a cui abbiamo assistito nel 2013.
Sappiamo bene come da noi sia profondo l'abisso fra le buone intenzioni e i fatti concreti.

Renzi fa bene ad indicare la candidatura immediatamente al ridosso dell'avvio delle votazioni.
Nel frattempo impazza il totopresidente. Trovo assurdo che vengano avanzati nomi di direttori d'orchestra, di giornalisti, o di altre figure del mondo della cultura, come se il quirinale fosse un premio alla carriera. Anche questo e' un segnale dello smarrimento del Paese.
Il mestiere di Capo dello Stato e' tutt'altra cosa. Richiede competenze tecniche, sensibilita' politica e istituzionale, equilibrio, abilita' e competenza diplomatica.
Sul Colle serve un politico, come titola Ugo De Siervo nella riflessione che pienamente condivido, e che propongo ai lettori di Fucinaidee.

Paolo Razzuoli

Sul Colle serve un politico

di ugo de siervo

La grande incertezza politica ed il lungo periodo che precede le votazioni per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica stanno facendo gonfiare oltremodo gli elenchi dei veri o presunti aspiranti a questo fondamentale incarico.

Così si sommano ai veri ed autorevoli possibili candidati, tante altre rispettabili persone inidonee o che magari non desiderano affatto essere così messe in mostra.

Ma il prolungarsi dei tempi e la necessità di qualche giornalista o politico di apparire sempre più informato degli altri fa apparire continuamente nuovi nomi «sicuri» su qualche agenzia di stampa o in qualche chiacchierata nel Transatlantico, con buona pace della riservatezza e molto spesso della verità.

Eppure alcuni giorni fa opportunamente il prof. Cassese ha messo in evidenza sulla stampa che tutti i nostri Presidenti della Repubblica sono sempre stati eletti, malgrado le tanto differenti contingenze politiche che hanno accompagnato i diversi momenti elettorali, fra persone che avevano in precedenza svolto importanti funzioni nelle nostre istituzioni politiche, presiedendo le assemblee parlamentari, dirigendo i governi o almeno essendo stati importanti ministri.

Ciò non deriva da norme giuridiche o da privilegi politici, ma risponde ad alcune caratteristiche da non sottovalutare del nostro sistema politico e di governo: evidentemente implicita in scelte del genere è la convinzione che un Presidente della Repubblica debba conoscere davvero ed a fondo sia il nostro ordinamento e le sue dinamiche, sia lo stesso sistema delle forze politiche rappresentate. Solo così egli può operare in modo davvero efficace, nello svolgimento delle sue importanti funzioni di equilibrio e di stimolo. Naturalmente esiste anche la seria esigenza che il Presidente non si appiattisca sulla realtà politica esistente, ma sappia esercitare le sue molteplici funzioni con sufficiente distacco dalla politica contingente, «dimenticando» la propria precedente militanza politica di parte ed aprendosi decisamente ad un vero ed intenso rapporto con la nostra società: qui però dovrebbe operare saggiamente la scelta fra i vari candidati da parte del Parlamento, appositamente integrato per l’elezione del Presidente della Repubblica.

Naturalmente tutto ciò non è giuridicamente obbligatorio, ma di certo selezionare i Presidenti della Repubblica attingendo al di fuori delle consolidate classi politiche del nostro sistema parlamentare, potrebbe introdurre un mutamento davvero forte nel nostro sistema politico, dal momento che una scelta del genere si sommerebbe alla lunga ed evidente crisi dei partiti politici, i veri, grandi protagonisti nel funzionamento delle nostre istituzioni.

Da questo punto di vista allora si capisce la superficialità con cui si è parlato di tante facili candidature di pur degnissimi esponenti culturali.

Penso inoltre di poter dire – provenendo da studi giuridici ed essendo stato impegnato nella Corte Costituzionale – che possono apparire inidonee perfino candidature di esperti solo delle nostre istituzioni, anche quando essi diano garanzie eccellenti per studi od esperienze. Ciò perché la vita nelle istituzioni repubblicane non si riduce ai pur importantissimi profili giuridici, ma coinvolge tanti profili culturali, sociali, economici (in una parola, politici), di cui il Presidente della Repubblica dovrebbe essere profondamente consapevole.

Ecco che allora la scelta del nuovo Presidente della Repubblica appare in tutta la sua serietà e complessità: ma ciò è logico, vista la sua importanza.

(da La Stampa - 24 gennaio 2015)

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