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Alla ricerca dell'identità perduta

di Adriana Cerretelli

Oggi in Europa si tengono le elezioni più importanti da quando il suo Parlamento viene eletto a suffragio universale. E non è un'esagerazione.
Cinque anni di crisi hanno massacrato l'Europa nella testa dei suoi cittadini. Le hanno sottratto consenso con la distribuzione di sacrifici eccessivi, troppo poca crescita economica, 27 milioni di disoccupati, solidarietà ai minimi. Speranze e sicurezze sul futuro sempre più sottili e incerte.

I limiti dell'Europa, i suoi egoismi nazionali, la frattura Nord-Sud sono innegabili e troppo noti per dilungarcisi sopra. Per questo euroscetticismo, estremismi e nazionalismi di ogni colore hanno gioco facile dovunque. Per questo queste non sono elezioni "normali" ma un plebiscito pro o contro l'Europa, pro o contro l'euro. Volenti o nolenti, saranno un punto di svolta: in quale direzione dipenderà da voto e tasso di astensione lanciato verso nuovi record.

Non è facile amare l'Europa in questi tempi grami, che tendono a far dimenticare i suoi molti pregi: pace, democrazia, diritti, garanzie e anche relativo benessere, sia pure smagrito per molti cittadini e in molti Paesi. Ma proprio chi è deluso, disincantato e anche arrabbiato deve scomodarsi per dire la sua: è il solo modo per non subirla, questa Europa, ma per cambiarla.
Anche lo schiaffo può essere salutare, purché l'intenzione sia costruire e non distruggere, riedificare meglio e non spargere sale sulle rovine. E, soprattutto, purché nessuno dimentichi che oggi l'Europa non è un'opzione da prendere o lasciare alla leggera ma una necessità assoluta e, se mai, una rinuncia costosissima.
Per convincersene basta un'occhiata in giro, anche limitandosi alla cronaca.

Con una mano la Russia di Putin firma con Gazprom l'accordo con la Cina per la fornitura trentennale di gas. Con l'altra fa ballare l'Europa al ritmo del ricatto energetico, della destabilizzazione dell'Ucraina ai confini orientali, di Siria, Medio Oriente e Nordafrica alle frontiere meridionali. L'America di Barack Obama, debole e disorientata, flirta a intermittenza con l'isolazionismo: di sicuro pretende un impegno europeo più adulto e attivo (soprattutto in termini di spesa) nell'ambito della Nato, il patto transatlantico di mutua difesa che ora vorrebbe corroborato da un nuovo patto economico-commerciale, il Ttip, per meglio tener testa insieme alla concorrenza di Cina e paesi emergenti.
L'economia globale costringe infatti al confronto tra colossi regionali. Se già non ci fosse, quindi, oggi l'Europa andrebbe inventata per competere difendendone la cultura, il modello di società e di sviluppo. L'unità di misura degli Stati nazionali, per quanto grandi, è troppo piccola. Solo uniti è possibile farcela.

Mercato e moneta unica sono i due strumenti minimi indispensabili per sopravvivere alla sfida globale. Sono imperfetti, squilibrati, non ci piacciono così come sono? No, non ci piacciono: devono anche servire a favorire la ripresa dell'economia e del lavoro e non rispondere solo alla legge del più forte ignorando le istanze del resto della famiglia.
Non è l'Europa da buttare. Sono i suoi errori da correggere. L'Italia, che alla vigilia del suo semestre di presidenza, ha manifestato ambizioni alte e la volontà di riplasmarla, avrebbe fatto meglio a prepararsi con una campagna elettorale diversa da quella dei partner: concentrata sui temi europei, non sulle solite risse dentro i soliti steccati nazionali. Ma ora nel nostro Paese, che nell'Unione è passato dal massimo dell'europeismo acritico, fideistico, all'attuale esplosione di un euroscetticismo altrettanto inconsapevole, almeno il voto va preso sul serio. Più che altrove.
L'Italia non può predicare agli altri più Europa e un'Europa migliore, se è la prima a snobbarla o a sabotarla nell'urna. Magari anche inviando a Strasburgo tanti deputati per caso, spesso assenti e/o incompetenti, dimenticando che l'Europarlamento legifera in casa nostra, visto che quasi tutte le leggi nazionali sono ormai di matrice europea nell'Ue.

Certo, non sarà la sola. Ma per chi vuole risalire la china della perduta credibilità rientrando nel direttorio Ue che plasmerà la nuova Europa, non votare oggi o votare contro a prescindere equivarrà a farsi male da soli.

(dal Sole 24 Ore - 25 maggio 2014)

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