logo Fucinaidee

L'esprit della Terza Repubblica ( 2014 )


di Federico Bini


C'era forse mai stata (davvero) una volta...una mite grande bellezza?

La terza république leopoldizzata, è un po' moral ed un po' chic, sbottonata e scoglionata, sa di pastrocchio, e ci piace e ci diverte il giusto! Non più CAF ma RAlf, anche se secondo i più informati ci sarebbe un ''patto fiorentino'', saporito e condito dall'abile Verdini, ma ormai un po' scotto agli occhi del Cavaliere. E tuona Silvio il gran ferito, dalla corte di San Martino:<< di questo patto non più mi fido!>>, e Romani il messaggero va a parlare con Delrio.

Poco pop e meno rockettara del previsto, naviga in acque solitamente mosse: i prìncipi della conservazione ( Claudio Cerasa), la crisi del gas, i vincoli europei e la poca voglia di tagliare, i numeri ballerini, i giovani fassinas, le strane intese siciliane, i temporeggiatori e i soliti franchi tiratori, di cui però solo noi possediamo l'originale!

E' la ricerca - poco convinta, quasi obbligata per ragioni di sopravvivenza di specie - di un nuovo modo di fare politica che inevitabilmente non può fare a meno di coabitare ed alimentarsi secondo le vecchissime ma indispensabili liturgie del passato: poco liberismo, tanto assistenzialismo, discreta dose di consociativismo, clientelismo (essenziale ai fini elettorali) e stato corporativo, non basterà quindi il solo jobs act o l'abolizione del Cnel, ma una politica di riforma totale dei costi della macchina statale, della burocrazia e di un riequilibrio fiscale.

Ma non nello stile poco incisivo della spending review di Bondi ( Governo Monti) o Cottarelli ( Governo Letta-Renzi), ma nello stile puramente thatcheriano, meno stato e più libertà di mercato, concorrenza ed iniziativa privata. E guarda caso, che il mito del welfare state inglese promosso dai progressisti alla Blair e tanto apprezzato dai democratici europei, lo si è potuto realizzare solo dopo il decennio liberista.

Yes we can! We dream a third republic of start-ups, joint ventures and tourism!

Potrebbe essere questo lo slogan della nuova via repubblicana: free, english and creative.

Al momento la neonata terza repubblica è dei tweet, degli ipad...di #Enricostaisereno, di Checco Zalone e La Grande Bellezza, degli arcaici editoriali domenicali di Eugenio Scalfari, delle vignette di Vincino e del film '' Quando c'era Berlinguer'' ( regista W. Veltroni).

Del buon Cav. che sale al Quirinale per perorare la propria causa chiedendo agibilità e garanzie politiche, del coltivatore D'Alema e della nuova FCA ( Fiat Chrysler Automobiles).

Della sfida per il controllo del Corriere della Sera, unita alla rivalità calcistica: il sabaudo e americano John Philip Jacob Elkan, non più Re come il nonno Gianni, ma Duca d'Italiae e un po' d'Americae, attacca Della Valle:<<Tod's azienda nana> e l'imprenditore marchigiano risponde: << scappati dall'Italia>>.

E non mancano i sorrisi alla Obama, le frasi di Baricco, la Eataly di Farinetti, le cit. un po' Jovanotti ed un po' Pertini, Palazzo Salina, ed i soliti intellettuali pseudo illuminati intenti ''a portare lo strascico dell'alta società'' e ovviamente gli immancabili, freschi ed immortali gattopardi, profumanti di gelsomino, riempiono accalcandosi le feste dei prìncipi romani, portando in dono limoni, torroni, fiori e vini pregiati.

E se tra Torino e Milano il salotto buono ( capeggiato da Mediobanca, creatura ed eredità del modello Cuccia) entra in crisi, con il declino del capitalismo di relazione, a Roma il salotto post andreottiano della politica è alla ricerca di una nuova identità.

E mentre Papa Francesco dal soglio pontificio prova a rianimare l'animo dei fedeli, vicino alla sua dimora leonina, sotto affreschi rinascimentali, in salotti barocchi ( un po' ammuffiti) e ricche biblioteche dal sapore neoclassico, si celano nuove alleanze e vecchi intrighi di corte e di palazzo, tra strette di mano, baci di giuda, ammiccamenti e falsi sorrisi. Il passare del tempo non sembra aver più di tanto scomposto i riti e le usanze di questi conciliaboli in cui la recitazione sembra essere l'arte di ogni individuo. E' infondo tutta una recita, in cui ognuno esibisce astutamente o goffamente la sua maschera, il suo abito, il suo ruolo nella società. E' una piccola e timida bella époque, che tenta di perdurare in un clima di irrealismo e decadenza, di lontananza e distacco dal mondo reale, quasi per paura, essendo così costretta a vivere nascosta , (come in un adulterio!) di sera e negli angoli ben tappezzati di qualche villino romano.

Recita in coro la romana gente ( e non solo ) che vive e si nutre di tappeti rossi, inchini e regalie, <<il Senato non va abolito!>>. Il tempio di quello che fu il più grande impero, la madre delle aristocrazie post unitarie e l'eterna dimora del fu divo Giulio, non può essere svuotato del suo bene più intimo e prezioso.

Ed il Premier fiorentino che di battute ne semina a dozzine ribatté:<< io ho giurato sulla Costituzione, non su Rodotà e Zagrebelsky>> e Nicola Porro plaude da Il Giornale.

<<Ma come si può togliere a Roma il suo potere senatoriale?>>, - ragionano i più scettici conservatori dello status quo- un po' impauriti e un po', -dico poco - rassicurati!

E si domandano i senatori, quasi seriosi:<< e se dopo il Senato viene il presidenzialismo, le macro regioni ed il bipolarismo, cosa ne sarà di noi e di quell'eccitante brivido di conquista e di grandezza spaziale ed umana che ci pervade la mente ed il cuore al varcare ogni mattina la soglia di questo nobile palazzo? Non saremo al sicuro rieletti. Sarebbe un dramma!>>.

Eppure nessuno si accorge nella sua drammaticità, che non sono né i fanti né i governanti a condizionare l'esprit ( lo spirito ) della politica, che a Roma giace da secoli.

Ma è essa stessa, con le sue mille chiavi di volta, le sue tinte e sfumature, con la sua storia universale e soprattutto con il suo modo impercettibile di spogliarsi dei vecchi abiti per mutare in una eterna giovinezza, che segna con un tocco d'orologio l'avvento di una nuova stagione.

E quando un suono un po' sgangherato di qualche antica e stonata campana risuona alla prime ore dell'alba, in cui una leggera nebbia offusca la cupola di San Pietro, ecco che inizia a rianimarsi – come dopo un breve riposo - la corsa incessante e frenetica, quasi isterica, di vita e mistero che avvolge l'esistenza della politica, con gli stessi uomini, le stesse avidità e povertà di prima.

Ed è sempre Lei che impone i tempi, i passi, incrocia le vie di invisibili nascondigli e segrete sagrestie e scorre di fianco al Tevere osservando da Ponte Milvio le coincitate ed affannate diplomazie che mai muoiono in tempo di pace e guerra, dirigersi verso la Farnesina.

Si muovono sotto traccia per qualsiasi motivo, non esistono ma ci sono, si vedono ma d'un tratto spariscono, un passo indietro, discrezionalità e silenzio, ecco l'altra faccia della république, quella del potere indiscreto, e se si vuole in molti casi anche custodi di un male necessitato di questa tremolante e debole democrazia. I cardinali un po' Mazzarino e un po' grotteschi alla Fiorenzo Angelini, il più andreottiano dei papalini o l'eterno Gianni Letta, Gentiluomo di sua Santità, eminenza bianca, azzurra e grigia del potere romano.

Forse nessuno alla fine riuscirà a governare questa terza repubblica, o forse più semplicemente sarà nostro destino continuare a ''tirare a campare '' ( copyright di G. Andreotti).

Fatto sta che scopiazzando un bel pezzettino di un articolo de Il Foglio scritto da Giuliano Ferrara ( Renzi post democratico), trovo lo spunto per concludere il mio finale fortunatamente rattoppato per grazia dell'elefantino:'' Renzi sarà come sempre chi ha successo nella politica un’illusione capace di generare delusione. Ma bisogna aspettare. Aspettare e sperare che almeno in parte si svolgano le conseguenze di una rottura che almeno è giustificata dall’età: non abbiamo combinato gran che, tocca a quelli che hanno venti o trent’anni meno di noi''.

E noi amanti un po' pazzi e bohemien di quella cosaccia che è la politica ci crediamo!

Se poi non sarà così – ahimè- torneremo nel nostro pensatoi e potremo pirandellianamente twittare:'' Il fu una mite grande bellezza...credevamo nella politique ma alla fine ci siamo accorti che era solo un gran burlesque - detto un po' in francese e un po' in bergamasco!''.

Infondo cari lettori, c'era forse mai stata (davvero ) una volta...una mite grande bellezza?

Benvenuti ufficialmente nella Terza Repubblica ( 2014).



Cliccare qui per scaricare il testo in formato stampabile

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina