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La coda avvelenata

di Antonio Polito

Poteva finire meglio, questo lungo pezzo di storia d’Italia? Sì che poteva. E doveva. Forse non è neanche finito; e infatti già si ricomincia, berlusconiani contro antiberlusconiani. E poi il modo. Nella sede istituzionale di Palazzo Madama Berlusconi viene dichiarato decaduto in contumacia, mentre si asserraglia in quella privata di palazzo Grazioli con i suoi sostenitori, nella iterazione di un contrasto perenne tra piazza e Palazzo. E infine il clima. Surreale. Con gli sconfitti più loquaci dei vincitori, che si costringono a una compostezza quasi imbarazzata come i senatori del Pd, o appaiono smarriti, come i Cinquestelle, all’improvviso orfani del feticcio dell’ammucchiata contro cui scagliarsi e privati del monopolio dell’opposizione.

Si conferma la maledizione della vicenda italiana, nella quale sembra impossibile chiudere un’era politica senza un trauma e uno strascico di odio. Altri leader sono stati mandati a casa con l’aiuto di uno scandalo: Nixon, Kohl, Chirac. Ma in nessuno di questi casi si è detto che la democrazia era a lutto, perché in nessun luogo la democrazia si identifica con un uomo.

Di questo finale portano la responsabilità molti avversari di Berlusconi. C’erano vie per togliere alla inevitabile decadenza il sapore della vendetta, o addirittura il sospetto che serva per rendere il decaduto più vulnerabile alle Procure. Un voto segreto del Senato sarebbe stato rispettoso delle regole e politicamente più definitivo, avrebbe tolto al dibattito di ieri quell’aria di copione già scritto altrove. Ma una forte responsabilità la porta proprio Berlusconi. La sua lunga militanza nelle istituzioni gli avrebbe dovuto suggerire comportamenti diversi. La condanna per un reato fiscale può considerarla ingiusta quanto vuole, e ad essa opporsi in tutti i modi. Ma che fosse incompatibile con una carica pubblica era evidente, anche se non ci fosse stata la legge Severino. Avrebbe dovuto prenderne atto. Innanzitutto per i suoi elettori, che sono ancora tanti, forse più di quanti gli avversari pensano. Avrebbe dovuto offrire loro un progetto per tenere unito il centrodestra anche dopo di lui, per farlo tornare a vincere.
Non chiedere l’ennesima battaglia pretoriana in difesa del capo, costi quel che costi al Paese, infatti rifiutata dai ribelli di Alfano.

E avrebbe dovuto chiedere la grazia, non pretenderla come una sottomissione dello Stato di diritto alla sua persona.
Invece Berlusconi ha scelto un’altra strada, per la felicità dei falchi di qua e di là. Spera così di costruire sul risentimento del suo elettorato l’ennesima resurrezione politica. Non sappiamo se ce la farà. Ma così non ce la farà l’Italia a voltare finalmente pagina.

(dal Corriere della Sera - 28 novembre 2013

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