Di Antonio Rossetti
(già segretario Cisl Lucca)
In questi giorni ho letto, come tutti, che per tornare ai livelli occupazionali del pre-crisi occorreranno 63 anni, questo secondo gli studi della confederazione generale del lavoro, la Cgil.
Il giorno dopo la Cisl dice che nel 2013 si perderanno ancora 123 mila posti di lavoro.
Di fronte a questi dati che, letti crudamente, suscitano rassegnazione occorre capire qual è la strategia per impedire che le previsioni si avverino.
In assenza di proposte che abbiano chiaro il segno delle politiche per lo sviluppo, a partire dalle scelte strategiche, circa i settori da sostenere, le professioni da stimolare, i mercati da conquistare per esportare i nostri manufatti e le tecnologie, resta solo la disperazione con l’unica prospettiva di andarsene dal Paese.
So bene, anche per esperienza, che il sindacato da solo non è nelle condizioni di imporre politiche attive per il lavoro e per l’occupazione in quanto occorrono altri interlocutori, tuttavia, se ciò che si comunica è importante, non credo sia questa la strada per invertire il clima negativo già abbondantemente diffuso.
Chi è disperato, chi è in quella elevata percentuale di disoccupati, per i giovani al 40%, dove può cercare motivo di speranza, attiva speranza del fare?
Se la politica offre scarse risposte proprio sui temi del lavoro e dell’occupazione, dei redditi di coloro che sono al limite della sopravvivenza, mentre “gigioneggia” e perde tempo nella ricerca di meccanismi che fingono di cambiare, e purtroppo per loro, se ne accorgono tutti non solo Beppe Grillo, chi può raccogliere il grave disagio dei senza lavoro?
Dal sindacalismo confederale, oltre alla presentazione dei dati allarmanti, che dovrebbero spingere la politica ed il governo ad assumere iniziative straordinarie per affrontare il “dramma” della disoccupazione, ci dobbiamo attendere una strategia comprensibile per il confronto con le rappresentanze delle imprese e delle istituzioni, a tutti i livelli dal livello comunale fino alla dimensione Europea, per raccogliere queste istanze e farle diventare opportunità, in tempi brevissimi.
Il Messaggio dei 63 anni per tornare ai dati occupazionali di alcuni anni fa per i giovani a cosa può servire?
Che la situazione sia grave lo sanno, soprattutto, quelli che non trovano lavoro e quelli che lo perdono, cosa gli viene presentato per il loro futuro ?
Rischiamo il paradosso di essere un Paese che diventa meta di migrazione per uomini e donne che vivono in situazioni disperate nei loro Paesi di origine e che, al tempo stesso, non è in grado di dare risposte occupazionali ai giovani italiani che sono costretti ad andarsene altrove per lavorare.
Che dopo la “sparata” dei dati ci sia qualcosa di più per costruire una strategia per la ripresa e lo sviluppo, con il protagonismo del sindacalismo confederale si dovrebbe dare per scontato, al momento il messaggio sembra disarmante.
Senza proposte concrete per risposte immediate anche il sindacato rischia la propria credibilità, di questo penso vi sia consapevolezza.
Lucca, 3 giugno 2013