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Così il Pd si sposta più a sinistra

di Antonio Polito

Pier Luigi Bersani non è mai stato così saldamente al comando del Pd, ma il Pd non è mai stato così a sinistra. Questo è il bilancio del terzo round delle primarie che ha scelto i candidati a un seggio in parlamento. L'esito ha premiato con nettezza i più radicali sui temi sociali (Fassina a Roma e Damiano a Torino in particolare) e i più attivi sul territorio (spesso giovani e sconosciuti). Il responso sull'identità del partito forgiato da Bersani è dunque chiaro: quello che era un «amalgama mal riuscito» di diverse tendenze (così lo definì D'Alema) è diventato una forza di sinistra.

Il Pd è diventato una forza più omogenea perché ormai liberatasi dalle contaminazioni liberal-riformiste del tempo di Veltroni, con i «popolari» ridotti a una testimonianza, e dunque pronta ad aderire senza più titubanze al Partito socialista europeo. La «Ditta», come Bersani ha sempre chiamato il suo partito (anche quelli precedenti), è stata molto rinnovata; ma è anche tornata ad essere robusta e disciplinata.

Il simbolo di questa vera e propria mutazione genetica sta nel successo dei cosiddetti «giovani turchi», il gruppetto di trenta-quarantenni che in questi anni sono stati l'ala marciante della corrente del segretario, combattendo le battaglie che lui non poteva combattere in prima persona. Innanzitutto per liberarsi degli «elefanti», i vecchi capi corrente il cui potere è stato praticamente spazzato via dalle primarie. In secondo luogo per marcare un'identità più radicale: sono stati loro ad attaccare Renzi come cavallo di Troia della destra, e a guidare la fronda interna antimontiana (anche se poi hanno votato tutti i provvedimenti del governo).

Questo sviluppo da un lato rafforza il segretario. Si calcola che tra «giovani turchi» e «vecchi turchi» di più tradizionale osservanza bersaniana, i sostenitori del leader saranno almeno il 60% dei nuovi gruppi parlamentari. Il resto sarà diviso tra i renziani rimasti orfani di Renzi, le varie parrocchie dei «popolari», gli sparsi reduci di Veltroni (se Bersani ne salverà qualcuno nel listino). Però questi giovani che arriveranno in parlamento sull'onda di migliaia di voti delle sezioni e non per grazia ricevuta dal segretario, saranno anche molto più indipendenti, e liberi di combattere le loro battaglie politiche. Il Pd nella prossima legislatura avrà dunque una forte corrente di sinistra guidata dagli Orfini, dai Fassina, dagli Orlando, dai Damiano. Ognuno di loro dovrà lealtà al suo elettorato (Cgil compresa) prima ancora che al suo leader. È il bello della democrazia, ma la democrazia ha le sue complicazioni.

La «gens nova» del Pd può infatti rendere ancor più difficile di quanto già non lo sia diventata un'alleanza postelettorale con l'area Monti. Finora Bersani ha sempre presentato il suo disegno politico come un classico gioco in due tempi; prima rimetto insieme tutta la sinistra (cioè evito di avere concorrenti alla mia sinistra) e poi la porto all'incontro con i moderati. Ma se e quando proporrà questa alleanza (cosa che sarà addirittura necessaria nel caso che al Senato la sinistra non sia autosufficiente) non dovrà più convincere solo una settantina di recalcitranti deputati vendoliani, ma anche una settantina di deputati del suo partito che hanno raccolto voti su una linea di forte ostilità, talvolta persino sprezzante, all'area e all'agenda Monti. D'altra parte Vendola e Fassina sono considerati da Monti medesimo proprio quei prototipi di «conservatori» contro i quali è salito in politica. Ce li vedete insieme dopo il voto?

Bersani tenterà probabilmente ora una correzione inserendo nel suo «listino» personalità più riformiste: ieri per esempio ha scelto Carlo Dell'Aringa, un giuslavorista amico di Biagi al quale il Pd preferì Elsa Fornero al momento della composizione del governo Monti, tant'erano mal visti in Cgil gli amici di Biagi e tanto forte fu il veto (di Orfini per l'appunto) contro Ichino. Ma gli equilibri politici nei gruppi non saranno fatti dagli «indipendenti» nominati dal segretario, bensì dagli eletti e dalle loro correnti.

(dal Corriere della Sera - 3 gennaio 2013)

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