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Il ritorno sulla scena politica di Berlusconi, avvenuto nella maniera peggiore dopo mesi di tira e molla, ha di fatto sancito la fine dell'esperienza Monti e l'avvio - nella maniera piu' scomposta - della campagna elettorale.
IL modo nel quale si stanno svolgendo le vicende nel PdL, segna il tramonto di una stagione politica, un crepuscolo che ha del tragico e del comico nello stesso tempo.
Del comico, per il modo in cui i fatti si sono svolti: una farsa che dovrebbe fare risvegliare un minimo di amor proprio, in quei parlamentari e dirigenti del partito che hanno ancora un minimo di dignita'.
Di drammatico, perche' in gioco ci sono le sorti del Paese, un Paese di 60 milioni di persone che si trovano ad affrontare una crisi pesantissima, e che hanno il diritto di chiedere alla politica ben altro senso di responsabilita' e ben altra capacita' di visione.

Per milioni di italiani, il PdL era stato ritenuto lo strumento per avviare un processo di rinnovamento della societa' italiana, ingessata per decenni da una cultura politica fortemente condizionata dalla visione ideologica e conservatrice della sinistra.
Un rinnovamento peraltro ampiamente condiviso dagli italiani, oggi anche legati all'esperienza del centrosinistra, come attestato dalla straordinaria affermazione di Matteo Renzi nelle recenti primarie.

Un contesto che la sinistra non ha mai saputo o voluto comprendere, ostinandosi con supponenza a considerare tutto cio' che e' al di fuori del suo recinto come roba da "Minus habens" Mediaset dipendenti, cosi' offrendo al Cavaliere il destro per giocare le sue partite da cui e' risultato ripetutamente vincitore.

Il PdL andato in scena praticamente subito dopo la sua costituzione ed ancor piu' in questi giorni, e' qualcosa di irriconoscibile, che lascia sconcertati quegli elettori che lo avevano pensato come una forza legata alla tradizione europeista, liberale e democratica del Partito Popolare Europeo.
Indipendentemente dalla discesa in campo di Berlusconi, ritengo che ormai il berlusconismo sia tramontato, perche' non credo che in esso si possa piu' riconoscere il blocco sociale che sino al 2008 lo ha sostenuto e votato.
Conseguentemente e' aperto il problema di chi potra' rappresentare questo blocco sociale: un tema di grandissima importanza, che interpella ansitutto il cosiddetto "centro", che ancora annaspa, ma che in questo scenario potrebbe avere grandissime opportunita'.
Sapra' giocarle?

Paolo Razzuoli

Una regìa per votare con ordine

di Stefano Folli

Il ritorno in campo di Berlusconi ha avuto come immediato e dirompente effetto la fine sostanziale dell'appoggio del Pdl a Mario Monti. Lo strappo si è consumato, una stagione è finita, la campagna elettorale è cominciata in modo brutale, anche se il governo non ha motivo di dimettersi e infatti il premier continua a lavorare.

Naturalmente i mercati si sono subito accorti che qualcosa non va: la Borsa è scivolata e lo spread è subito risalito. Tuttavia questo è il momento di mantenere i nervi saldi perchè lungo un sentiero di nuovo accidentato c'è il rischio di buttare alle ortiche il lavoro svolto da Monti nell'ultimo anno. È in gioco il percorso verso le elezioni, dal momento che ormai solo di questo si tratta, una volta approvata la legge di stabilità che per fortuna non viene contestata se non da frange minoritarie. Ma soprattutto sono in ballo gli equilibri della prossima legislatura. La stabilità riconquistata con tanta fatica è sempre fragile, un patrimonio soggetto a infinite minacce. Oggi la novità è che la spinta alla destabilizzazione è partita proprio da quell'area moderata, l'area del vecchio Pdl, che dovrebbe essere al contrario sinonimo di solidità, nonchè di chiara prospettiva europea. L'intreccio che si sta creando lascia sconcertati. Stiamo andando verso elezioni politiche in cui una forza anti-sistema come il movimento di Beppe Grillo si presenta accreditato del secondo posto nei sondaggi, dietro la coalizione Bersani-Vendola. E in cui potremmo vedere il partito dell'ex presidente del Consiglio abbracciare una linea assai distante da quella seguìta dallo stesso Berlusconi negli anni in cui è rimasto a Palazzo Chigi.

Una linea venata di anti-europeismo sulla quale l'anziano leader può ritrovare facilmente l'alleanza con la Lega (da sempre all'opposizione del governo Monti), ma che di certo gli costerà il residuo rapporto con i Popolari europei. Non è un caso che il presidente della Repubblica abbia voluto prendere nelle sue mani la gestione di una fase di cui vede i drammatici pericoli. Si tratta di evitare che il paese sia di nuovo vittima della speculazione internazionale e di garantire al tempo stesso che lo sbocco elettorale, una volta conclusa l'agenda parlamentare, non si risolva in un conflitto distruttivo. Ovviamente ci sono le cancellerie europee da rassicurare, perchè da lontano si guarda all'Italia con crescente preoccupazione. E sarebbe strano il contrario. Non si tratta dunque di posticipare il ritorno alle urne. Lo stesso Napolitano ha parlato di «imminente conclusione della legislatura». Il problema è come si arriva allo scioglimento. E qui c'è solo da sperare che la posizione responsabile di Angelino Alfano sia in grado di garantire la legge di stabilità. Subito dopo si può immaginare il rompete le righe.

Con due considerazioni. Quale sarà lo spazio di un Pdl neo-berlusconiano che si pone di fatto in concorrenza con Beppe Grillo? E' vero che gli "ultra" sono scatenati, ma i dubbi pervadono anche una nutrita fetta di elettori che hanno sostenuto l'ex premier nella sua storia politica quasi ventennale. E dunque non è detto che la progressiva e scomposta radicalizzazione populista del centrodestra porti fortuna in termini elettorali agli apprendisti stregoni. In secondo luogo c'è da capire quale sarà il futuro immediato dell'area moderata. Ieri abbiamo visto l'inizio di una frammentazione che nasce dallo scoramento. Che l'ex ministro degli Esteri del governo Berlusconi, Franco Frattini, voti in dissenso dal gruppo rivendicando la linea europeista, è molto significativo. Che altri parlamentari compiano la stessa scelta (Alfredo Mantovano, Cazzola, Malgieri, Pisanu al Senato, Crosetto in altre forme) indica l'inizio di un sommovimento politico. Non è una scissione o non lo è ancora: ma è il disgregarsi, sia pure alla spicciolata, del vecchio monolite berlusconiano.

Dove andranno questi contestatori? Non è chiaro. L'area che coincide nel nostro paese con lo spazio del Partito Popolare europeo è tuttora priva di una coerente e convincente leadership e di una conseguente organizzazione. Il punto di riferimento rimane, come è noto, Mario Monti. Ma in assenza di un impegno politico diretto del premier "tecnico", si vaga nella nebbia. Casini, Montezemolo, Riccardi, ora gli ex berlusconiani... non si capisce quale sia il punto di sintesi di un cartello elettorale che al momento non è nemmeno tale. E siamo a pochissimi mesi dal voto. Tutto questo crea un'asimmetria. Il centrosinistra ha il vento in poppa. Viceversa il centro moderato è in cerca d'autore. E il centrodestra scivola lungo un pendìo dove forse non s'incontra più la politica, bensì solo l'irriducibile psicologia del fondatore che ha rinnegato la sua creatura nel momento in cui ha avuto il sospetto che la creatura rinnegasse lui.

(dal Sole 24 Ore - 7 dicembre 2012)

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