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Primarie del centrosinistra: un bel segnale di partecipazione e di voglia di cambiamento

di Paolo Razzuoli

Ritengo di dover iniziare queste mie brevi riflessioni partendo da un dato di straordinaria importanza: le primarie del centrosinistra, indipendentemente dagli esiti, hanno dato una speranza all'Italia. Hanno dimostrato che i cittadini, quando vengono chiamati a compiere scelte percepite come vere e non come consumati rituali, accolgono l'invito a partecipare alla politica. Certo chiedono di partecipare in modo attivo, vogliono rimpossessarsi della politica in un modo diretto, non mediato dalle nomenclature dell'apparato che evidentemente non sa e non vuole raccogliere i segnali provenienti dal basso.
Una risposta di grande significato politico, contro le sirene ingannatrici che sfruttando il piu' che giustificato distacco degli italiani dalla classe politica, propongono una prospettiva populista e demagogica, priva di visione, irrazionale e distruttiva, giustificatasi' ma non per questo giusta.

La massiccia affluenza degli italiani alla consultazione, premia sicuramente il coraggio e la lungimiranza di chi, all'interno del Pd, ha capito che occorreva fare qualcosa per dare un segnale forte nella direzione della volonta' di avviare un percorso teso a sanare la profonda faglia che oggi separa le istituzioni dai cittadini nel nostro Paese.
Quanto e' accaduto e' anche un fortissimo monito al PdL che in questi giorni sta mettendo in scena una farsa indecente, eloquente cartina di tornasole del processo di sfaldamento nel quale si e' ormai avvitato.
Una farsa che offende anzitutto coloro che, in assoluta buona fede, avevano visto il PdL come strumento di rinnovamento del Paese e della politica, proprio partendo da presupposti che ormai stanno diventando patrimonio di altre forze riformiste del Paese, mentre il PdL si sta rinserrando in un populismo sciocco e privo di prospettive.

Certamente le linee guida della proposta di Renzi rientrano in questo patrimonio di cultura politica liberal-popolare-riformista: filone a cui guarda, se pur con sensibilita' diverse, la maggioranza degli italiani.
Non e' certo un caso che Renzi abbia trionfato; che abbia trionfato in elezioni che, se pur con vincoli, si sono aperte agli elettori, ancorche' non iscritti ai partiti della coalizione Pd-Sel.
Certamente alle primarie si saranno presentati elettori che avevano votato Berlusconi. Tuttavia lo scarto fra Bersani e Renzi e' tale da non poter certo essere attribuito agli "infiltrati". La verita' e' che nel Paese e' ormai forte la consapevolezza della necessita' di cambiare pagina: un cambiamento che deve investire complessivamente i vari sottosistemi della societa', a partire ovviamente dalla sua classe politica.

Un altro dato che merita attenzione e' che Proprio nelle roccaforti tradizionalmente rosse (vedi Toscana), Matteo Renzi coglie risultati importanti, a riprova che c'è una parte consistente dell'elettorato del Pd che non ne puo' più di vedere Rosy Bindi, Massimo D'Alema e amici e compagni. Bersani stravince solo al Sud, ovvero in quella parte d'Italia che - diciamolo con chiarezza - non ha mai guidato i cambiamenti politici e sociali della nostra storia.
> Insomma, il rosso senza se e senza ma sta crollando nei suoi feudi, e cio' ovviamente portera' ad una ridefinizione degli equilibri all'interno del Pd. Un risultato che, prescindendo dagli esiti del secondo turno, provochera' un terremoto nella classe dirigente del partito. Il terremoto della dirigenza del Pd è evidente anche a livello regionale: Renzi diventa il primo antagonista del Governatore della Toscana, Enrico Rossi, bersaniano d'oc, in un sistema politico stratificato dove in decenni di storia non si erano mai registrati scossoni di questa forza. Anche a Lucca le cose non stanno diversamente. I sindaci di Lucca e di Capannori, Tambellini e Del Ghingaro, si sono spesi per Bersani cosi' come la stragrande maggioranza dell'apparato del Pd. Dopo tanto sforzo, si sono ritrovati i loro comuni fortemente orientati su Renzi.
Va da se' che le situazioni locali sono altro rispetto a quelle nazionali. Le elezioni si possono vincere per tante ragioni: affidabilita' e credibilita' personali, scelta di collaboratori di buon profilo personale e politico, scarsa credibilita' dello schieramento avversario ecc. Fattori questi che hanno marcatamente inciso sull'esito delle recenti elezioni amministrative a Lucca, vinte in buona misura su valutazioni di natura "civica", peraltro condivise anche da chi scrive.

Ma le valutazioni in ordine al livello nazionale sono un'altro paio di maniche e la gente lo sa.
E' chiaro che l'antagonismo Bersani-Renzi si traduce in diverse prospettive politiche che provo cosi' a sintetizzare.
Bersani e' interprete di un progetto piu' organico ad una visione di unita' delle forze di sinistra, anche se modernizzato con aperture a temi e problemi non riconducibili alla narrazione classica del pensiero di quest'area.
Renzi e' portatore di una visione riconducibile ad un approccio lib-lab, quindi maggiormente sensibile alle istanze di modernizzazione della societa' italiana, secondo criteri e obiettivi ampiamente condivisi anche nello schieramento centrista. Ricordo che qui a Lucca parlo' di "rinnovamento", "merito", "Europa". Tre idee-guida capaci di suscitare ampi consensi in molti strati del nostro tessuto sociale.

Se dovesse vincere Renzi, concordo con D'Alimonte nel ritenere che il Pd amplierebbe di molto i propri consensi elettorali, garantendosi da solo la maggioranza per governare nella prossima legislatura. Si creerebbe insomma uno scenario favorevole alla ripresa del cammino verso un bipolarismo maturo: processo che ora si e' decisamente interrotto.

Se invece dovesse vincere Bersani, il Pd sicuramente avra' un buon risultato, ma da solo non sufficiente per garantire la governabilita'. Delresto il Pd si presenta in coalizione con Sel di Vendola: uno scenario che potrebbe riportarci qualche anno indietro, quando ministri di quell'area scendevano in piazza per contestare i provvedimenti del governo di cui facevano parte, o per protestare contro gli impegni internazionali che il Paese aveva assunto nel pieno rispetto delle procedure democratiche.
Un governo che, sbandierando le liberalizzazioni, con Pier Luigi Bersani allo sviluppo economico comincio' dalla liberalizzazione dei taxi, poi fortemente ridimensionata per la sollevazione degli addetti.

La vittoria di Bersani dara' sicuramente fiato alle iniziative di aggregazione al centro, per dar vita ad una lista nella quale possano ritrovarsi i settori della societa' italiana che si riconoscono nei valori e nei principi dell'esperienza liberal-riformista-popolare europea. Quindi anche quei tanti elettori che, in assoluta buona fede, avevano visto nel PdL un possibile strumento di rappresentanza di tale visione, e che ora ne sono privi, vista la deriva di quel partito.
Uno schieramento magari pronto a collaborare con il Pd, ma con una propria visione, e, perche' no, con un presidente del Consiglio che offra adeguate garanzie del rispetto degli impegni di risanamento del Paese, ponendo fermi paletti ad eventuali scivolamenti verso derive ideologiche e populiste.

Ma l'esito del voto di ieri avra' anche un sicuro riflesso sull'evoluzione della vicenda della riforma della legge elettorale.
Prima della conclusione delle primarie sarà difficile stringere un'intesa. E questo lo ammettono anche nel centrodestra. Bersani sorride: non ha nessuna intenzione di cedere a una «riformetta che impedisca la governabilità». Renzi è d'accordo e dice quello che il segretario pensa e non può dire: «Meglio l'orrendo Porcellum di una schifezza peggiore".

In conclusione, domenica 2 dicembre si giochera' una partita destinata a segnare la storia del Paese almeno nel prossimo decennio.
Lo scenario sembrerebbe favorire Bersani, ma le sorprese potrebbero essere dietro l'angolo, soprattutto se Renzi non commettera' errori.
Certo se la sera del prossimo 2 dicembre Renzi dovesse uscire vincitore dalle urne, allora vorra' veramente dire che una parte importante degli italiani ha deciso di voltare pagina, aprendo un capitolo autenticamente nuovo della nostra storia.

Lucca, 26 novembre 2012

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