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La dignita' della buona fede

di Paolo Razzuoli

Ormai il nostro Paese e' sprofondato in un'atmosfera da "basso Impero". Ci sono tutti i sintomi: intrighi, corruzione, malversazione diffusa, volgarita', imbarbarimento dei costumi, smarrrimento collettivo, fatalistica rassegnazione ad un preoccupante futuro. Una tossina ammorbante sembra aver infettato la societa' italiana nei suoi gangli piu' vitali. Un virus che, se pur di fronte alla consapevolezza della malattia, sembra tenace ad ogni terapia. Ogni giorno emerge qualche nuovo episodio destinato ad approfondire il solco che ormai divide strati sempre piu' ampi dell'opinione pubblica dalla politica e dalle istituzioni.
Cio' che e' accaduto nel Lazio e' l'ultima gravissima situazione accertata, ma le ulteriori indagini in corso potrebbero farne emergere altre.
Prima del Lazio - sempre per limitarci alle regioni - altre gravi situazioni gia' sono emerse: fatti di corruzione certamente, manche di diffuso malgoverno e inaccettabile impiego del denaro pubblico.

Per chiarezza espositiva, suddividerei questi mali in due categorie.
Da un lato le varie forme di ruberie e di malcostume, riconducibili a comportamenti illegali e fraudolenti.
Dall'altro il pessimo uso delle risorse, sia nella direzione degli assurdi costi della politica, sia nell'utilizzo clientelare ed improduttivo delle risorse.
Nel primo caso ci troviamo di fronte a comportamenti penalmente rilevanti, verso i quali ogni cittadino onesto non puo' che sperare nella fermezza della Giustizia. Nel secondo caso, invece, si tratta di follie della politica, magari non riconducibili al codice penale, ma estremamente diffuse, causa di enormi sprechi di denaro pubblico, quindi da combattere con forza.
Situazioni che potranno essere rimosse solo tramite una forte azione riformatrice, che affondi in profondita' il suo bisturi nel complesso delle strutture del Paese in un intervento di chirurgia che asporti cio' che va asportato, e rimetta in ordine cio' che invece va mantenuto.

Non e' certo un compito facile, dopo decenni di illusioni e demagogie.
Penso pero' che la societa' italiana, se liberata dalla zavorra che l'ha incatenata in questi decenni, abbia le energie intellettuali, morali e materiali per riprendere un cammino di speranza.
E' vero che all'Italia sono mancate alcune delle forze propulsive che in altri Paesi europei sono state il volano della crescita. Ad esempio in Italia e' mancata, per le note e complesse ragioni storiche, una solida borghesia imprenditoriale totalmente capace di farsi carico delle complete implicazioni sociali di tale ruolo.

Se ampia e' purtroppo la fascia di coloro che si abbarbicano a rendite parassitarie e clientelari, non mancano comunque imprenditori capaci e coraggiosi. Non manca soprattutto un diffuso spirito imprenditoriale, che delresto ha finora garantito lo sviluppo economico di gran parte delle aree del Paese, ancora dotato di capacita' e di voglia di fare, purche' a fatti e non a chiacchiere lo si metta in condizione di lavorare.
Non mancano nemmeno le necessarie energie intellettuali e morali, disponibili a porsi al servizio della rinascita del Paese, purche' cio' venga loro consentito.
Non mancano nemmeno i giovani desiderosi di impegnarsi per il loro Paese. Certo fra i giovani la delusione ed il distacco dalla politica e dalle istituzioni sono pericolosamente diffusi. Scavando pero' sotto traccia, si incontrano molti ragazzi preparati, equilibrati, dotati di fortissimo senso civico e di voglia di mettere la freschezza del proprio essere al servizio della nazione.

Ma senza ricreare le necessarie condizioni, mediante scelte squisitamente politiche, le energie migliori della societa' sono destinate a restare ai margini nella gestione del Paese.
Certo la societa' civile deve fare la sua parte: rifiutando un'antipolitica di maniera che si traduce in scelte irrazionali, non facendosi coinvolgere in scelte di classe dirigente ispirate a criteri clientelari, acquisendo consapevolezza che solo grazie ad un nuovo vigoroso impegno si potra' fare pulizia di coloro che hanno maneggiato la cosa pubblica in questi decenni, riducendo la nazione allo stato attuale.

Lo sconforto e' ovviamente comprensibile di fronte ad una catena di episodi di malgoverno che sembra infinita. Uno sconforto certamente particolarmente doloroso nell'elettorato del PdL che, in massima parte, ha assegnato la preferenza a quel partito immaginando che attorno ad esso potesse svilupparsi l'azione riformatrice di cui il Paese ha bisogno.

Dal 1994, momento dell'avvio dell'esperienza politica di Berlusconi, attorno ad essa si e' ritrovato un blocco sociale che in essa vedeva l'opportunita' per una profonda trasformazione della societa' italiana che privilegiasse le capacita', il merito, l'efficienza ed efficacia della Pubblica Amministrazione, che riconducesse la politica al suo compito naturale, che operasse quegli aggiustamenti all'architettura istituzionale dello Stato resi opportuni dai nuovi scenari europei e globali.
Un elettorato che nulla a da spartire con il veterostatalismo ancora diffuso in certe frange della sinistra, ma che nulla ha altrettanto a che fare con il populismo verso cui si sta pericolosamente dirigendo l'attuale Berlusconi.
Un elettorato sensibile all'ampliamento dei diritti, ma che nel contempo chiede di non scardinare i pilastri della nostra convivenza civile.
Un elettorato che chiede ai politici non solo attenzione all'uso delle risorse pubbliche, ma anche coerenza fra comportamenti pubblici e privati, che debbono pur sempre essere ispirati a criteri di decoro, pur laicamente nel rispetto delle peculiarita' della sfera privata.
Un elettorato disponibile a mettersi in gioco per il Paese, a condizione che la burocrazia smetta di soffocarlo, e che la politica riprenda il proprio mestiere, quello di mettersi al servizio dei cittadini, e non di servirsi dei cittadini per la difesa dei propri interessi di casta.
Un elettorato solidaristico, quindi sensibile al mantenimento di un efficiente sistema di protezioni sociali, in un contesto di sussidiarieta'.
Un elettorato consapevole della insostituibile funzione dell'Europa quale entita' politica, economica e civile, necessaria per non marginalizzare la pplurimillenaria funzione del continente.

Un elettorato evidentemente ben diverso dal clichet accreditato da una certa supponenza di sinistra, che ha cercato di dipingere l'elettorato di centrodestra come una consorteria di affaristi o una parte della societa' italiana formata di "minus habens" imboniti dal Cavaliere e dalle sue tv.

Di fronte alla frantumazione dell'illusione Berlusconiana, rimane pero' il senso vero dei valori in cui molti - e fra questi chi scrive - hanno creduto e ancora credono.
Oggi sono intanti - anche al di fuori della tradizionale area di centrodestra - a parlare di merito, di efficienza della Pubblica Amministrazione, di necessita' di liberare la societa' dai lacci di una burocrazia inutile ed invadente, di rendere piu' flessibile ed efficiente il mercato del lavoro, di ripensare il modello di welfare, di rilanciare l'impresa e la competitivita', di rivedere seriamente i centri di spesa nella prospettiva di una riduzione del peso fiscale, di ridurre progressivamente il peso del debito pubblico, di migliorare l'efficienza del sistema dell'istruzione e della formazione, di rafforzare la credibilita' dell'Italia nel contesto europeo. Insomma moltissimi sono i valori che trovano ampia condivisione nella maggioranza degli italiani, se pur collocati in differenti schieramenti, che pensano che attorno ad essi si possa costruire un futuro di speranza per le nuove generazioni.

Valori che ad esempio sono, senza esitazione, tanto nella proposta politica di Matteo Renzi, quanto nella profonda elaborazione del gruppo che si ritrova attorno al prof. Pietro Ichino.
Valori che ovviamente sono i pilastri della proposta dell'Udc di Casini.
Valori che sono l'essenza dell'agenda Monti, e che sarebbero messi in soffitta tanto da una maggioranza con Vendola e/o Di Pietro, quanto da una maggioranza declinata sul versante del populismo di destra e della Lega.

Io Penso che siamo ormai alla fine di un ciclo: un ciclo ventennale apertosi con l'avvio di tangentopoli. Un ciclo che anche in altre occasioni ho definito "delle illusioni", giacche' abbiamo riposto fiducia in formazioni politiche innaturali, nate come e' oggi chiaro dalla volonta' di difendere interessi di gruppi e di lobbies, o ancor peggio personali.
Posto che il berlusconismo e' al capolinea (quanto meno come spinta propulsiva e aggregante), un ripensamento occorre anche sul versante del PD, ove stanno emergendo tutte le difficolta' e le contraddizioni di un progetto in sostanza mai decollato.
Ma per l'elettorato di centrodestra (diciamolo senza infingimenti) c'e' un motivo di delusione - anzi di rabbia - in piu': la diffusa corruzione e inadeguatezza della propria classe dirigente che ha spudoratamente tradito la buona fede degli italiani che l'hanno votata.

Un elettorato che, forte appunto della dignita' della propria buona fede, deve sapersi ritrovare nella difesa di valori oggi ampiamente condivisi nel Paese.
IL focus torna quindi sul problema degli strumenti politici.
E' sperabile che l'esperienza insegni qualcosa.
Basta con i partitini personali: hanno prodotto danni irreparabili.
Una nuova stagione potra' inaugurarsi solo se si formeranno partiti veri, basati su regole democratiche. In questo il Pd, almeno nella forma, e' risultato migliore di altri.
E' poi necessaria la revisione della legge elettorale per superare lo scandalo di un Parlamento di nominati (e pensare che la cosiddetta seconda repubblica era nata per ridimensionare l'invadenza dei partiti nella vita pubblica. Qualcuno si ricorda il referendum del 1993?).

E' necessario che questo elettorato possa ritrovarsi attorno ad una forza politica che sappia dignitosamente rappresentarlo. Una forza politica che non puo' scaturire da una piu' o meno accurata operazione di maquillage politico come quella di Casini a Chianciano, ma da una piu' ampia e complessa riaggregazione di forze, oggi anche innaturalmente riconducibili ai due maggiori attori dello schieramento politico, attorno ad una proposta politica in linea col sentire della maggioranza degli italiani.
Si tratta di una prospettiva molto complessa, ma fortunatamente sempre piu' avvertita in mondi importanti per la societa' italiana: ampi strati del mondo produttivo, una parte importante del mondo sindacale, ampi settori della cultura, la Chiesa Cattolica ecc.

A questo punto del ragionamento, va a mio avviso introdotta la vicenda delle primarie nel Pd ove non e' tanto in gioco una partita fra persone, bensi' uno scontro di linea politica.
Da un lato Renzi, che a Lucca ha parlato di "merito, futuro ed Europa"; valori certamente in linea con il pensiero liberal-riformista.
Dall'altro Bersani, proveniente dalla scuola del Pci, quindi piu' sensibile alla tradizionale scuola di pensiero della sinistra, fautore dell'alleanza con Vendola.
Una vittoria di Renzi aprirebbe ovviamente prospettive deltutto nuove: il suo profilo fortemente innovativo e la capacita' di raccogliere consensi ben oltre il tradizionale recinto del Pd, penso lo portera' ad una vittoria elettorale assai netta, conferendogli pertanto gli strumenti per governare stabilmente nel prossimo quinquennio. E cio' anche se dovesse perdere - cosa peraltro possibile - qualche pezzo del suo stesso partito che potrebbe ritrovarsi attorno ad un'opposizione di sinistra.
E' superfluo annotare che un tale scenario non riguarderebbe solo il governo, ma investirebbe l'intero assetto politico nazionale.

Ben diverso si presentera' lo scenario nel caso di vittoria di Bersani. La sua piattaforma politica - tanto di governo quanto di collocazione del Pd - non potra' certo raccogliere il consenso di coloro che guardano all'esperienza liberal-riformista. Ecco quindi che ritorna in primo piano il fondamentale tema della costruzione di un soggetto nuovo, idoneo a dare degna voce e rappresentanza a tale cultura politica.

Ma il raggiungimento di questo traguardo non e' semplice e potrebbe mancare l'appuntamento con le elezioni ormai imminenti.
Dall'esito delle urne potrebbe emergere un quadro di pericolosa instabilita' e/o ritorno indietro, che il Paese non puo' permettersi, pena conseguenze drammatiche.
Ecco che la figura di Mario Monti potrebbe essere il punto di riferimento di questa cultura politica e del suo programma di governo. Certo un Mario Monti non piu' alla guida di un governo tecnico, bensi' di un gabinetto politico, sostenuto da un ampio schieramento bipartisan, i cui confini siano quelli della piena condivisione di una nuova stagione di rifondazione della Repubblica, partendo dai valori della nostra mirabile Carta Costituzionale, e dalla grande tradizione del pensiero cattolico-liberale e riformista italiano ed europeo. Una rifondazione complessiva del nostro tessuto civile, non limitata quindi a qualche ritocco dei meccanismi istituzionali, bensi' a un intervento in profondita' che rimetta ordine nel disintegrato tessuto sociale del Paese, gettando cosi' le basi per l'avvio di un nuovo ciclo della storia della Repubblica.
Questo Paese, infatti, dopo due decenni di illusioni e smarrimenti, merita qualcosa di profondamente nuovo e diverso: Un nuovo ciclo della sua storia, all'insegna di un ritrovato senso civico, e fondato su un nuovo patto fra politica e cittadini, grazie al quale la politica si impegni a non calpestare e tradire piu' la buona fede degli elettori.
Una nuova stagione insomma, nella quale si possa ammainare la bandiera della rassegnazione, ed al suo posto possa sventolare quella della speranza.

Lucca, 1 ottobre 2012

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