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La Bce cerca scudi politici

di Guido Tabellini (1)

Come ha rivelato la reazione altalenante dei mercati, le decisioni annunciate dal presidente Draghi contengono aspetti sia positivi sia negativi. Ma esse sollevano anche profondi interrogativi su come la Bce stia interpretando il compito di una banca centrale indipendente dal potere politico.

In positivo, vi è l'ampliamento delle risorse a disposizione per arginare il contagio. Ora sappiamo che, per aiutare un Paese in difficoltà, l'Eurozona potrà avvalersi non solo delle esigue risorse dell'Efsf (o dell'Esm), ma anche degli interventi della Bce sul mercato secondario dei titoli di Stato. Inoltre, la Bce è disposta a rinunciare allo status di creditore privilegiato sui titoli di Stato acquistati. Sono novità rilevanti, anche perché la distinzione tra mercato primario e secondario non è fondamentale in presenza di acquirenti captive e suscettibili di influenza politica, come di fatto sono alcuni degli intermediari che partecipano alle aste del debito pubblico. In negativo, la Bce potrà intervenire solo dopo che sia stato concordato un programma di assistenza tra il Paese che chiede aiuto e l'Efsf (o in futuro l'Esm). Questa subordinazione ha almeno due inconvenienti.

Primo, la richiesta di aiuti all'Efsf è un'ammissione di impotenza. Ciò ha ovvi costi politici, ma anche economici, perché rivela che lo stesso Paese ritiene di non riuscire a farcela con le proprie forze. L'esperienza (europea e internazionale) insegna che, quando un Paese chiede prestiti a organismi sovranazionali, l'accesso ai mercati gli rimane poi precluso a lungo.
Secondo, la richiesta di aiuto è formulata prima di sapere quali condizioni saranno imposte per ricevere assistenza. L'incertezza non è di poco conto, perché l'intervento dei fondi europei deve essere approvato dall'Eurogruppo. Le condizioni imposte sono quindi il frutto di un negoziato politico e non solo tecnico. Un negoziato intergovernativo, condotto in posizione di estrema debolezza contrattuale, potrebbe costringere il Paese che chiede aiuto a subire condizioni fortemente pregiudizievoli dell'interesse generale dei propri cittadini.

Perché allora la Bce ha voluto subordinare qualunque suo intervento all'esistenza di un accordo con l'Efsf o con l'Esm? Una possibile risposta è il solito problema dell'azzardo morale. Vi è il timore che, senza la pressione dei mercati, i Paesi in difficoltà abbandonerebbero presto la strada virtuosa delle riforme. Gli interventi delle autorità monetarie, quindi, devono essere accompagnati da impegni e clausole di condizionalità, che mantengano il Paese sotto stretta sorveglianza e sulla retta via.

Questa risposta non è convincente, tuttavia. Come si e' da piu' parti osservato, la sfiducia dei mercati riguarda le fondamenta dell'euro e la sua tenuta, più che la politica economica dei singoli Stati. Anche per questo motivo, non è affatto detto che, a lungo andare, la pressione dei mercati faciliti l'adozione delle riforme nei Paesi del Sud Europa. Al contrario, vi è il rischio che il persistere della crisi spinga i cittadini nelle braccia dei partiti anti-europei.

Inoltre, tutti i Paesi sono già soggetti alla sorveglianza della Commissione europea, che deve approvare i programmi di stabilità presentati durante il semestre europeo. Il cosiddetto fiscal compact renderà questa sorveglianza ancora più incisiva. Per quale ragione un Paese in regola con gli obiettivi stabiliti dalla Commissione deve sottostare a condizioni aggiuntive per ottenere una politica monetaria adeguata? Il punto centrale è che oggi non vi sono le stesse condizioni monetarie e creditizie all'interno dell'area euro. I Paesi del Sud Europa subiscono una stretta monetaria senza precedenti, pur essendo in grave recessione e con una politica fiscale estremamente restrittiva. La Bce ha gli strumenti per porre rimedio a questa situazione insostenibile, e dal punto di vista economico non vi è alcun dubbio che dovrebbe usarli. Con il tasso di interesse prossimo a zero e l'intera area euro in recessione, il modo più efficace per allentare la stretta monetaria in Sud Europa è acquistare titoli di Stato sul mercato secondario.

Ma la Bce è disposta ad agire solo se prima i Paesi accettano di sottostare a ulteriori condizioni, aggiuntive rispetto a quelle già concordate con la Commissione europea, e imposte in un negoziato politico dagli esiti difficilmente prevedibili.
La sorveglianza speciale richiesta dalla Bce per attuare una politica monetaria più espansiva non ha valide giustificazioni, economiche o legali. La vera ragione di questa pistola puntata alla tempia è che la Bce ha bisogno di una copertura politica. Senza l'accordo e la sorveglianza dei governi europei, non vi sarebbe una maggioranza abbastanza ampia nel Consiglio della Bce per approvare gli acquisti di titoli di Stato sul mercato secondario. Prendiamone atto, nella consapevolezza che i governatori delle banche centrali europee sono tutt'altro che indipendenti dal potere politico.

L'Italia, che si trova a subire i difetti costitutivi della moneta unica, dovrà presto valutare se chiedere l'intervento dell'Efsf (e avere auspicabilmente poi quello della Bce), oppure se cercare di tirare avanti da sola. Anche per via dell'incertezza politica legata alle imminenti elezioni, non è difficile prevedere come andrà a finire. Se, come è probabile, saremo costretti a chiedere lo scudo "anti-spread", la campagna elettorale sarà un inutile esercizio retorico: la politica economica italiana dei prossimi anni verrà comunque decisa a Francoforte.

(da Il Sole 24 Ore - 4 luglio 2012)

(1) Guido Tabellini

Guido Enrico Tabellini (Bergamo , 26 gennaio 1956) è un economista italiano . È stato rettore dell'Università Luigi Bocconi di Milano da novembre 2008 a luglio 2012.

Guido Tabellini si è laureato in Economia nel 1980 a Torino. Ha conseguito nel 1984 il dottorato presso la UCLA negli Stati Uniti, dove ha poi lavorato cinque anni come assistant professor e associate professor presso la Stanford University.
Rientrato in Italia, è stato professore ordinario di Economia politica alle università di Cagliari (1990-1991) e Brescia (1991-1994) prima di approdare alla Bocconi, presso la quale insegna dal 1994. Dal 2002 al 2008 ha diretto l'istituto di ricerca bocconiano IGIER.

Tabellini è uno degli economisti italiani più conosciuti a livello internazionale. È autore di una decina di monografie e di una vasta serie di articoli pubblicati in riviste scientifiche. I suoi contributi più importanti sono nel campo della politica economica, soprattutto nell'analisi del rapporto fra istituzioni politiche e crescita economica .

(da Wikipedia)

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