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Giorgio Napolitano. Una forte e opportuna strigliata al Parlamento sulla riforma della legge elettorale

di Paolo Razzuoli

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha oggi inviato ai Presidenti del Senato, Renato Schifani, e della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, una lettera per sollecitare l'intervento parlamentare per la riforma della legge elettorale.
Una legge ormai a parole sconfessata praticamente da tutti, ma come di sovente succede in Italia, anche le intenzioni piu' buone si insabbiano nella palude dei distinguo, dei veti incrociati, dei comportamenti non sempre ispirati a buona fede.

A mio avviso la vicenda della riforma della legge elettorale e' in questo senso emblematica: tutti dicono di volerla riformare, non tutti pero' lo vogliono, come appare ben evidente analizzando attentamente i comportamenti delle forze in campo.

Una situazione che delresto avevo paventato, con una profezia sin troppo facile, al momento della bocciatura del referendum da parte della Corte Costituzionale.

In Italia non vi e' chi non si dichiari contro una legge che ha di fatto tranciato il filo che deve legare i parlamentari al loro territorio: un filo che potra' riannodarsi ridando la possibilita' irrinunciabile per gli elettori di poter scegliere chi li rappresenta nel massimo organismo politico nazionale.
Il tema delle preferenze e' sicuramente quello piu' dibattuto e di maggior impatto sull'opinione pubblica.

Il problema e' in verita' assai piu' complesso. Le impostazioni delle leggi elettorali incidono fortemente sugli assetti politici anche se la nostra storia degli ultimi vent'anni ci insegna che la forza di certi atteggiamenti e di certi "vizietti" e' tale da comprometterne anche gli effetti piu' prevedibili.
Con il referendum del 1993 si spero' di avviare un processo di semplificazione del quadro politico italiano, mediante l'avvio di una stagione che approdasse anche da noi ad un bipolarismo maturo.
Anch'io ci speravo. Il fallimento di tale illusione e' sotto gli occhi di tutti.
La frammentazione non si e' certo ridotta, il trasformismo e' galoppante, il bipolarismo maturo e' un sogno, il peso dei partiti non e' mai stato cosi' opprimente.
La situazione attuale e' infinitamente peggiore di quella della cosiddetta prima repubblica: basti questo semplice esempio. Le liste, bloccate, vengono fatte da partiti che, in moltissimi casi, non hanno piu' alle spalle nessuna seria struttura democratica: partiti cioe' leaderistici, nei quali il potere e la struttura rispondono a logiche di tipo feudale.
Naturalmente ci sono differenze fra i partiti: ove si e' proceduto a primarie, si e' certo temperato questo gravissimo deficit di democrazia.

A mio avviso, l'effetto piu' dirompente e perverso dell'attuale legge elettorale e' quello di stravolgere il senso della rappresentanza democratica.
In condizioni normali, e' il volere degli elettori che legittima l'eletto. Con l'attuale legge, gli eletti non guardano piu' agli elettori, che non contano, bensi' ai vertici che hanno il potere di decidere le liste, quindi i destini politici dei candidati. Si guarda insomma in alto anziche' in basso. Si cerca di compiacere i vertici anziche' rappresentare il territorio. Si va a Roma a pietire dal padrone di turno un posto utile nella lista, anziche' conquistarselo con la capacita' di saper rappresentare con intelligenza il territorio e le sue istanze.
Come ben si vede, si e' stravolto il senso piu' profondo del principio di democrazia rappresentativa.

Un pericolo che ho sottolineato sin dal momento dell'approvazione della legge, anche se il ritorno ad un sistema proporzionale con il premio di maggioranza mi apparve come cosa utile al superamento di schieramenti che gia' allora erano vittime del ricatto delle loro componenti piu' estreme.
Problema delresto ancora presente, e che sarebbe cosa molto sbagliata se la nuova legge elettorale non tenesse nel debito conto.

E' qui il caso di ricordare un primato non invidiabile della Regione Toscana ove, con l'assenso del Pd e della galassia del centrodestra di allora, si approvo' la legge elettorale ancora vigente, con liste bloccate, quindi in qualche modo anticipatrice di cio' che successivamente e' stato fatto a livello nazionale.

Dicevo sopra che a parole tutti si dicono d'accordo per la riforma, salvo poi tenere comportamenti ispirati a ben altro risultato.
A tale logica appare sicuramente ispirarsi la condotta del PdL, che pretende di legare la riforma elettorale ad un piu' vasto disegno di riforma istituzionale che in questo scorcio di legislatura mai sara' possibile.
Posto che a mio avviso il Paese ha ora altre evidenti priorita', legare la riforma elettorale ad un piu' vasto disegno di riforma istituzionale appare "peloso" poiche' non vi e' chi non comprenda che tale riforma per la sua complessita' e per le procedure a cui deve essere sottoposta, non e' compatibile con i pochi mesi di vita di questa legislatura che dovra' peraltro destinare un forte impegno nell'attivita' legislativa legata alle emergenze economiche del Paese.

Puo' essere che "a pensar male si vada all'inferno ma spesso ci si piglia".
Berlusconi, che sa di perdere le elezioni, fara' di tutto per andare al voto con questa legge, in modo da assicurarsi un gruppo di fedelissimi con cui cercare di garantire alcune questioni.

La "sveglia" di Napolitano alle Camere e' un atto politico di grande significato, del quale il Paese deve essergli profondamente grato.
Un invito ad agire presto, poiche' solo cosi' si puo' realisticamente pensare di poter approdare a qualche risultato.

So benissimo che la materia non e' facile: molte sono le ipotesi in campo, e tutte hanno elementi di validita' purche' si percorrano con coerenza.
Il rischio tutto italiano e' quello che sull'altare delle mediazioni, si sacrifichi la coerenza.
E' comunque urgente fare qualcosa per ridare la possibilita' al corpo elettorale di poter scegliere i propri rappresentanti: questa e' una questione di emergenza democratica. i partiti piu' responsabili debbono prenderne coscienza, raccogliendo l'invito pressante del capo dello Stato.
Andare alle prossime elezioni politiche con l'attuale legge sarebbe un disastro: trovino le forze politiche piu' responsabili il modo di fronteggiarlo, mediante una piena assunzione di responsabilita' e di coraggio, mostrando di saper guardare agli interessi del Paese, enon ai loro tornaconti elettorali.
Se poi nella prossima legislatura si creeranno le condizioni per una riforma istituzionale di piu' ampio respiro, vedremo.

Termino queste mie riflessioni riportando integralmente il testo inviato dal Presidente Giorgio Napolitano ai presidenti delle Camere.

"Stanno purtroppo trascorrendo le settimane senza che si concretizzi la presentazione alle Camere - da parte dei partiti che hanno da tempo annunciato di voler raggiungere in proposito un'intesa tra loro - di un progetto di legge sostitutivo di quella vigente per l'elezione della Camera dei Deputati e del Senato.
Debbo ricordare che su questa materia (e più in generale su quella di possibili modifiche istituzionali) consultai nel gennaio scorso i rappresentanti di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, ricevendone indicazioni largamente convergenti anche se non del tutto coincidenti a favore di una nuova legge elettorale.
Mi auguro che l'autorevole opinione dei Presidenti delle Camere, nel loro continuo rapporto con i Presidenti dei gruppi parlamentari, possa concorrere a sollecitare la oramai opportuna e non rinviabile presentazione in Parlamento di una o più proposte di legge elettorale, anche rimettendo a quella che sarà la volontà maggioritaria delle Camere la decisione sui punti che non risultassero oggetto di più larga intesa preventiva e rimanessero quindi aperti ad un confronto conclusivo.
Confronto che è bene non resti ulteriormente chiuso nell'ambito di consultazioni riservate tra partiti".

9 luglio 2012

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