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"Vertrauen ist gut, Kontrolle ist besser"

"La fiducia è bene/buona cosa, il Controllo è meglio"

Cosi' recita un detto - sembrerebbe di provenienza Ddr - che circola fra i grandi esponenti della finanza ed imprenditori tedeschi, che debbono essersi ben fissato nella mente alla cancelleria di Berlino.

E pensare che la concreta capacita' dell'Europa di compiere un passo importante verso una maggiore integrazione economica e politica, e' soprattutto un problema di reciproca fiducia.
Senza questo fondamentale ingrediente, i vertici non potranno compiere passi decisivi e le buone intenzioni si sprecheranno, al di la' dell'assenza di reali passi concreti.
Si cerchera' di mettere insomma un bel vestito su un corpo invecchiato e malato.

Certo la fiducia va meritata. E' fuor di dubbio che i comportamenti dei Paesi dell'Unione europea non sono stati sempre virtuosi. Basti per tutti l'esempio italiano delle pensioni nel pubblico impiego, o un certo modo di gestione della pubblica amministrazione che ha portato alla creazione di un apparato enormemente piu' costoso ed inefficiente delle corrispondenti amministrazioni tedesca o olandese.
Un certo tasso di diffidenza e' quindi giustificabile, cosi' come e' deltutto comprensibile la richiesta di comportamenti virtuosi, capaci di creare in modo strutturale le condizioni atte ad evitare sprechi e furberie.
Cio' posto, e' di tutta evidenza che mentre e' utile, anzi necessaria, la creazione di strumenti in grado di evitare pericolose derive, e' altrettanto chiaro che una politica di rigore estremo, basata su una puntigliosa azione di controllo, chiusa a qualsiasi ambito di fiducia, oggi non potra' che portare allo sfascio di cio' che faticosamente si e' riusciti a costruire quanto ad integrazione europea.

Delresto la Germania ha gia' riscosso una cambiale di fiducia, politica, allorche' il mondo occidentale e Gorbaciov hanno dato il semaforo verde alla riunificazione tedesca.

Nella attuale contingenza l'Europa sembra essere ostaggio del dogma tedesco: un dogma che, se portato alle estreme conseguenze, potra' travolgere la stessa Germania.
La Merkel prima o poi se ne rendera' conto. Forse potrebbe pero' essere troppo tardi. Intanto continua a dare legnate all'Europa.

Il rinnovato 'niet' di Angela Merkel agli eurobond ha oggi affossato i listini europei. Maglia nera a Piazza Affari, con l'indice principale Ftse Mib che ha lasciato sul terreno il 4,02% a 13.113 punti. Le tensioni, in vista del vertice europeo di fine settimana su cui i mercati sembrano non riporre particolare fiducia, si sono riversate anche sul mercato obbligazionario, con lo spread tra Btp e Bund decennali volato fino a 455 punti rispetto ai 422 punti dell'ultima chiusura.

Quanto ci costa il cinismo tedesco?
Se lo chiede anche Romano Prodi in un articolo che offriamo all'attenzione dei nostri lettori.

Paolo Razzuoli.
Lucca, 25 giugno 2012.

il vertice di Roma. Quanto costa il cinismo tedesco.

di Romano Prodi

Al G.20 in Messico si è parlato quasi solo dell’Euro. Venerdì a Roma i responsabili di Francia, Italia, Germania e Spagna hanno parlato dell’Euro. Giovedì e venerdì prossimi al vertice di Bruxelles si parlerà dell’Euro. Non è una novità perché, da quando è cominciata la crisi economica, i vertici che hanno avuto in agenda l’Euro si contano a decine.

Tutti questi vertici hanno avuto una caratteristica simile: quella di affrontare in modo positivo problemi specifici e parziali ma, nello stesso tempo, hanno dovuto prendere atto dell’impossibilità di offrire soluzioni capaci di chiudere finalmente il doloroso e lungo capitolo della crisi dell’Euro.

Così è stato anche per l’incontro a quattro di venerdì scorso a Roma.

Un aspetto certamente positivo è stato quello di essere stato un incontro a quattro, con un confronto aperto tra paesi con interessi diversi, ponendo quindi fine ai prevertici a due nei quali Germania e Francia pretendevano invano di parlare a nome dell’intera Unione Europea.

Positiva, anche se non ne sono chiari gli aspetti operativi, la volontà di dedicare la cospicua somma di 130 miliardi a progetti di investimento a livello europeo, in modo da offrire qualche sbocco concreto al fumoso dibattito sulla politica europea nei confronti della crescita.

Considero inoltre molto positiva la dichiarazione di volontà riguardo alla tassazione sulle transazioni finanziarie ( la così detta Tobin Tax). Di fronte ad una speculazione finanziaria, che agisce in modo rapidissimo ed automatico e con dimensioni tali da destabilizzare i mercati, era opportuno mettere un punto fermo anche senza aspettare l’assenso britannico. Esso non sarebbe infatti mai arrivato perché è su queste transazioni speculative che prospera una notevole parte della City di Londra. Ed è bene perciò, perché tecnicamente possibile, che si vada avanti su questa strada anche senza attendere gli amici britannici. Se coerentemente applicata si tratterebbe inoltre della prima nuova imposta veramente europea.

Di tutte queste decisioni non sono state tuttavia specificate le modalità e soprattutto i tempi di attuazione, aspetti importantissimi perché la casa sta bruciando e non si possono attendere anni per chiamare i pompieri.

Non si può in ogni caso dare un giudizio negativo ad un vertice che è durato in tutto settantacinque minuti, cioè un quarto d’ora in meno della partita di calcio fra Germania e Grecia, partita che è stata la ragione della riduzione ai minimi termini della riunione a quattro.

Tanto più dobbiamo essere soddisfatti noi italiani in quanto, con quest’incontro, Mario Monti ha reinserito stabilmente Roma tra le capitali nelle quali si svolge il dialogo europeo, dopo che essa ne era stata a lungo estraniata.

Precisato tutto questo bisogna doverosamente sottolineare che il vertice di Roma non si è discostato dagli incontri precedenti: esso ha preso decisioni corrette e nella giusta direzione ma ancora insufficienti per frenare la speculazione e ridurre gli spread che stanno mettendo a dura prova la resistenza dei paesi europei più indebitati. Nella situazione in cui ci troviamo una decisione può infatti definirsi efficace solo se riesce a rovesciare le aspettative dei mercati.

Progressi solo verbali sono stati raggiunti riguardo alla cooperazione nel sistema bancario e nessun progresso nemmeno verbale si deve registrare nei confronti delle uniche misure decisive per la salvezza dell’Euro, cioè gli eurobond e il rafforzamento del ruolo della Banca Centrale Europea.

Nonostante il mondo delle imprese sia unanime nel ritenere l’Euro lo strumento indispensabile per non soccombere di fronte alla globalizzazione ( posizione appassionatamente ribadita a Roma proprio in contemporanea col vertice europeo dai presidenti italiano e francese e dal direttore della Confindustria tedesca) non si riesce a raggiungere alcun risultato riguardo alle sole decisioni in grado di rovesciare le aspettative dei mercati e di rendere concretamente possibile il progressivo risanamento dei bilanci pubblici.

La situazione è così imbarazzante da raggiungere quasi l’assurdo: la Germania sta infatti da qualche mese predicando di volere creare l’Europa federale ma rifiuta di compiere qualsiasi passo per avvicinarsi a questo obiettivo, mentre la Francia mantiene ancora la sua posizione di distanza nei confronti dell’Europa federale ma sembra essere disposta a prendere le decisioni concrete che conducono verso questa conclusione.

Dal punto di vista concreto a Roma si è riprodotto il posizionamento consueto degli ultimi vertici, cioè la Germania contro tutti. Una differenza di posizioni talmente netta da rendere ancora lontana qualsiasi possibilità di mediazione.

Credo quindi che di vertici capaci di evitare la tragedia ma ancora incapaci di trovare una soluzione alla crisi dell’Euro ne avremo ancora molti ed è probabile che il periodo di mare mosso duri ancora a lungo.
E’ anche certo tuttavia che la paura di perdere i grandi vantaggi e le grandi prospettive dell’Euro sia una forza talmente potente da impedirci di cadere nell’abisso. Dopo la tempesta penso perciò che riprenderemo a navigare in un mare più tranquillo, anche se dovremo rimpiangere di avere a lungo sprecato tante risorse umane e materiali.

(da Il Messaggero - ediz. del 24 giugno 2012)

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