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Forse ci siamo: si intravvede il tramonto dei partiti ad personam. Ma e' necessario un nuovo slancio nell'impegno politico.

di Paolo Razzuoli

Flavia Perina scrive:

"Le dimissioni di Umberto Bossi, dopo quelle da premier di Silvio Berlusconi, segnano la fine del modello del partito carismatico, il partito “ad personam” come si dice correntemente. Umberto era l'ultimo faraone di una stagione segnata – soprattutto nella coalizione del centrodestra – dal rapporto “mistico” dell'elettorato e dei quadri dirigenti con il capo, un rapporto che aveva a che vedere più con le categorie della fede che con quelle della politica. «Bossi non si discute, si ama». «Berlusconi non si discute, si ama».

Quanta parte degli ultimi vent'anni è stata segnata da questa adesione aprioristica alla personalità e alle scelte dei capi? E quanto ha inciso l'acritico inginocchiarsi al sovrano nella degenerazione della politica italiana?
Chiunque frequenti il Parlamento sa che molte delle indicazioni dell'asse Silvio-Umberto erano scarsamente condivise, o addirittura disprezzate, da parti significative dei rispettivi gruppi di vertice. Ma non è stato ne' un congresso ne' una sconfitta elettorale a segnare la caduta delle due leadership, bensì eventi assolutamente esterni: per Berlusconi il crollo della fiducia internazionale, per Bossi una devastante indagine giudiziaria sul “Cerchio magico” che lo circondava. Entrambi hanno gettato la spugna piuttosto che affrontare il disonore della sconfitta sul campo. A entrambi va riconosciuta una dignità nell'addio. Ma la politica italiana dovrebbe interrogarsi sul perché il nostro centrodestra, a differenza di tutti quelli europei, abbia prodotto leadership “incorreggibili” nelle loro fasi di massimo consenso e “inamovibili” nel loro pur evidente declino. La Thatcher, Kohl, Aznar sono stati leader popolarissimi, amati e potenti nei loro partiti. Ma nessuno di loro è dovuto arrivare al baratro per uscire dalle stanze del potere.

L'anomalia italiana è tutta qui, e lo sappiamo da un pezzo. È legata a molti dati, non ultimo quello del potere economico: sia Berlusconi sia Bossi, come si è visto, sono stati e sono i “proprietari materiali” dei loro partiti. Ma l'altra componente, quella che resta in ombra e della quale invece si dovrebbe parlare, è la pavidità delle classi dirigenti, il loro affidarsi alla logica del “finché dura...”. È la mancanza di coraggio, il rifiuto della categoria del rischio che ha ammazzato la politica in Italia."

Sin qui Flavia Perina. Proviamo ora a sviluppare alcune riflessioni.

Lo scenario sin qui descritto, ha prodotto uno stile che dal livello centrale si e' diffuso a quello locale generando una classe dirigente servile verso l'alto e deltutto estranea ad un autentico collegamento con il territorio.
Uno stile che ha prodotto la proliferazione di una congerie di "personaggi in cerca di autore", figure in cerca di protettori insomma ai quali chiedere la concessione di un incarico e/o di una prebenda, non raramente indispensabile per le essenziali necessita' della vita, visto che in casi non poi cosi' rari si tratta di soggetti che cercano nella politica un'attivita' per il sostentamento.
E pensare che Berlusconi, al momento della sua comparsa nell'agone politico nel 1994, della lotta contro i professionisti della politica fece uno dei cardini della sua proposta.

In questa logica perversa, sono emersi personaggi privi di qualsiasi capacita' politico-amministrative, di ogni attitudine nel saper costruire un serio rapporto con il territorio, sprovviste di qualsiasi senso delle istituzioni e del ruolo pubblico ad essi assegnato.
L'unica loro attitudine e' la capacita' di sapersi trovare un protettore adeguato, che sappia in qualche modo collocarli nel puzle della suddivisione del potere.

E' di tutta evidenza che un siffatto scenario - soprattutto nell'area di centrodestra ma non solo in essa - ha contribuito ad allontanare le migliori energie dall'impegno pubblico, quando invece solo da esse potra' venire l'aria nuova e fresca di cui tutti avvertiamo il bisogno.

In vari scritti ho avuto modo di dire che non credo nell'immagine di una politica ammalata in un corpo sociale sano: immagine molto diffusa ma assolutoria per una societa' pervasa da individualismi, da egoismi, da corporativismi. Una societa' che sembra non rendersi conto che i destini individuali sempre piu' dipenderanno dai destini collettivi, in uno scacchiere globalizzato nel quale si stanno ridisegnando ruoli ed assetti delle sfere economiche, politiche e culturali.
Cosi' come non e' vero che i mali della politica affliggano esclusivamente la societa' italiana: sono infatti in atto processi che riguardano l'intero mondo occidentale e che sono riconducibili alle conseguenze diciamo "antropologiche" del tempo che viviamo.

Focalizzando comunque sulla situazione italiana, la fine della stagione dei leaderismi potra' veramente costituire la premessa per l'avvio di una nuova stagione della politica nel nostro Paese se il corpo sociale prendera' coscienza della necessita' di un nuovo impegno diretto, mediante l'espressione di una nuova classe dirigente capace, onesta, che recuperi l'impegno pubblico come servizio alla comunita'.
Una classe dirigente che si legittimi tramite un processo di autentica democrazia che parta dal basso, e non dalle attitudini adulatorie verso il feudatario di turno.

Un cambiamento che mai potra' avvenire senza una forte spinta dal basso, che sappia costringere la classe politica ad uscire dal recinto di privilegi che si e' saputa costruire.
Pertanto, se una nuova stagione si inaugurera', non potra' che essere il frutto di una forte mobilitazione della societa' civile: un appuntamento quindi che interpella tutti, che non ammette deleghe, che richiede la capacita' di coerenza e assunzione di responsabilita'.

Le elezioni amministrative ormai prossime potranno costituire l'occasione per dare importanti segnali in questa direzione.
E' auspicabile che compiti di responsabilita' pubblica vengano affidati a persone provviste dei necessari requisiti, sia tecnico-politici, sia di natura morale e culturale.
Sicuramente ne esistono in entrambi gli schieramenti ed e' da augurarsi che gli elettori sappiano individuarli nell'interesse delle loro comunita': una scelta che, soprattutto nella dimensione civica, potra' avvantaggiarsi della preminenza dei profili personali e/o programmatici rispetto ad astratte valutazioni di schieramento.

Lucca, 11 aprile 2012

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