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I BANCHIERI NON POSSONO GOVERNARE UN PAESE DEMOCRATICO

 

Di Fulvio Mandriota

 

Se il nostro paese non trova presto una via di uscita,  rischia seriamente di arrivare al declino socio-politico-istituzionale a seguito di un possibile (per fortuna ancora incerto) fallimento economico. Tutto ciò agevolato dalla dipendenza dell’Italia a una Europa senza idee e senza una politica comune. Il tanto odiato Bettino Craxi predisse tutto ciò, durante il suo esilio: “l’Europa sarà un inferno per l’Italia, una specie di limbo…. Si doveva pretendere la rinegoziazione dei parametri di Maastricht; se l’Italia – che è un grande paese – ha bisogno dell’Europa, l’Europa ha bisogno dell’Italia…. Il nostro paese doveva, per questo, richiedere decisamente una revisione delle regole della Ue.”

Queste parole di Craxi erano del 1997, ma nel frattempo i fatti dei primi anni '90 (Mani pulite, nuovo sistema elettorale mai del tutto realizzato, ecc.) hanno prodotto un mix micidiale e scadente; il bipolarismo in salsa italiana è fallito ed è cosi mancata la capacità di esprimere una classe dirigente all’altezza di farsi rispettare dagli alleati europei. La seconda repubblica  doveva portarci alla stabilità, invece ha solo dato vita ad un carrozzone che, all’insegna del dilettantismo, procede ora  con la fuga dei partiti maggiori, davanti alle loro responsabilità. Per governare è stato necessario ricorrere ai cosiddetti tecnici; il Pdl e il Pd (due parti della stessa medaglia) si sono dileguati facendosi commissariare, e hanno delegato il governo Monti per le riforme strutturali. Le maggioranze avvicendatesi negli ultimi venti anni hanno spinto  l’Italia verso un federalismo ‘alle vongole’ provocando solo aumenti di costi per la collettività, senza incidere sul debito strutturale del paese.  E tantomeno sulla efficienza dei servizi...

Così, oggi siamo arrivati al momento delle risposte e non più degli impegni a parole, e siamo convinti che ci voglia, a questo punto, una  soluzione da parte di coloro che hanno ancora a cuore le sorti delle nostre comunità. Questo perché, dopo il governo Monti-Passera-Fornero, si spera che la politica sappia riformarsi con un moto di orgoglio, per tornare ad una seria guida del paese.

Ripetiamo, l’analisi è facile e non può che essere spietata: lo scontento tracima, l’indifferenza è in pericoloso aumento, la crisi di partecipazione è totale, mai come oggi il potere democratico è stato così lontano dalla gente e dai suoi problemi. Il dibattito politico non c’è più, al suo posto è iniziata la caccia all’untore e agli esponenti della casta, anticamera di una nuova possibile, spietata e sbagliata piazzale Loreto.

Sempre meno persone (cittadini, operatori economici, professionisti, ecc.) hanno interesse che la situazione resti così cristallizzata, lasciando tutto in mano ai tecnici e ai banchieri. L’unico alibi che i nostri massmediologi  sanno accampare nella circostanza è quello di addossare le colpe alla Merkel, allo spread e alla finanza d’assalto.

Cosa fare, allora, per invertire la tendenza? E’ urgente che qualcuno, finalmente, si metta insieme e cominci a ragionare su come creare i presupposti per una possibile via d’uscita. Secondo noi è un’esigenza improcrastinabile, un’assunzione di responsabilità della quale farsi carico, tutti. E, sempre a nostro avviso, non si deve avere il timore di organizzare soggetti o contenitori nuovi; molto più semplicemente luoghi esterni dove dibattere e riflettere, mettendo da parte ogni vincolo di schieramento e rifare politica di servizio. Negli USA, i personaggi emergenti americani che ritengono di essere in possesso di idee forti, tali da spiazzare i partiti, si ritrovano nei ‘tea parties’, fuori da luoghi tradizionali; da noi si continua a far sterile propaganda e basta. Oggi nel mondo ed in Italia la gente è delusa e tende ad essere indipendente dai partiti. Anche dal punto di vista intellettuale, non si segue più la scia del gruppo (mediocre), annichiliti dai morsi della crisi economica.

Oggi si cerca un protagonista fuori dagli schemi, che sappia tener fede ai suoi impegni per tirarci fuori dagli impicci. ma costui non può essere un banchiere. Una vera democrazia non può delegare il governo del paese ai banchieri, perché, come diceva Napoleone Bonaparte, quando uno Stato dipende per il denaro dai banchieri, sono questi stessi e non i capi dello Stato che dirigono le cose. La mano che dà sta sopra a quella che prende. I finanzieri sono senza patriottismo e senza decoro.

Vi è, dunque, necessità di una linea politica moderna, di una guida autorevole nel Paese ed in Europa. Per cui le persone di maggior esperienza sono invitate ad assumere un ruolo fondamentale, prescindendo dagli interessi personali e di bottega.

 

 

Fulvio Mandriota

 

 

3 gennaio 2012

 

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