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Moderatismo, centrismo, politica come valore.

Di Andrea Talia

In Italia, sul versante della scienza della politica, abbiamo assistito da sempre ad alcune anomalie.
Fratture verticali e orizzontali; divario tra Paese legale e Paese reale; duplice funzione di supplenza dei partiti: nei confronti dello Stato e della societa' civile.

Varie le alchimie politiche succedutesi nel tempo: bipartitismo imperfetto; pluralismo polarizzato, impianto bipolare. Quest'ultimo e' stato mitizzato: siamo bipolari. Ergo, per definizione, siamo moderni, europei, avanzati, politicamente civilizzati. Ma non si tratta di un bipolarismo mite, ma guerreggiato. Continua a mancare la reciproca legittimazione; il dibattito - tutto gridato - si impernia su un sistema referendario su Berlusconi. Ulteriore conseguenza: le opposizioni ideologiche si sono irrobustite, erodendo progressivamente l'area della governabilita'.

Su di un versante una destra aziendale, peronista, spartitoria. Su di un altro: una sinistra che non offre aggiornate chiavi di lettura della societa' e della politica, appesantita da stereotipi, elitaria, con una "proposta" riformista spesso solo enunciata. Sullo sfondo: una visione della democrazia come "democrazia di mandato". Il che e' esattamente il contrario di quanto avviene in quelle democrazie mature, ove le riforme istituzionali (federalismo, giustizia, legge elettorale, ecc.), o le grandi scelte politiche (politica estera, ricerca, ecc.), destinate a superare la vita di un singolo governo, avvengono in spirito bipartisan...

Premesso che ormai l'idea di fondare la competizione politica principalmente come una contesa tra due poli, sia ormai entrata nel cuore e nella testa degli elettori, il problema e' di far maturare il bipolarismo, sottrarlo a una deriva di fanatismo, di radicalismo, di troppa brusca contrapposizione.

Delresto, non si intravvedono realistiche possibilita' di un ritorno all'indietro. Le grandi famiglie politiche si sono divise; nessuna delle forze oggi in campo ha i quattro quarti di nobilta' delle grandi tradizioni del repubblicanesimo, del socialismo, e del popolarismo. Nessuno puo' richiamare, per definire la propria identita', momenti topici nella storia del nostro Paese.

Occorre recuperare - come gia' dettto - una politica moderata. In primis: una questione di stile e di galateo politico e di atteggiamenti piu' rispettosi degli interlocutori, degli alleati e degli avversari. Poi, in termini di affrontare i problemi, di prendere decisioni. Una ripresa etica del Paese ha bisogno che tutti mettano da parte il proprio alibi.

Sosteneva Moro, con la solita lungimiranza: "il potere contera' sempre di meno, contera' sempre di piu' una parola detta discretamente, rispettosa e rispettabile".
Bisogna allora riscoprire una sorta di "terza via" di un liberalismo socialmente orientato. Classe media in espansione; eguaglianza delle opportunita'; mobilita' sociale; patriottismo solidale, senza rigurgiti xenofobi, appaiono questi gli ingredienti.

La "terza via", almeno per noi, potrebbe poi postulare in un certo qual modo la riedizione di un nuovo centro, pur piccolo e residuale, che inglobi i "moderati" della sinistra e della destra. Con alcune precondizioni: la prima, che sia diverso dall'attuale che appare connotato da ambiguita': strizzando l'occhio ora a destra, ora a sinistra, a seconda delle convenienze. Sotto l'aspetto valutativo, questo centrismo puo' apparire come sinonimo di indecisione, di immobilismo, di opportunismo.
La seconda: deve trattarsi invece di un centrismo "dinamico" il situarsi, senza se' e senza ma, al di sopra delle parti, con delle oscillazioni ma solo di lieve momento. La terza: un centrismo diverso dall'accezione delle geometrie politiche da prima repubblica, ma nel senso in cui sono riusciti a crearlo Gerard Schroeder nel suo primo mandato, Tony Blair, Bill Clinton e oggi Barack Obama.
La quarta: essere intriso di valori liberali. Il liberalismo, una volta affermata la dignita' della politica, diventa una filosofia pubblica "aperta", antidogmatica, tesa ad indicare, di volta in volta, con spirito pragmatico, le strategie migliori, piu' adatte ai tempi e alle circostanze, per la difesa della liberta'. In questa ottica, non puo' esistere discontinuita' fra individuo e comunita', mentre vi e' contrasto fra comunita' chiusa e comunita' aperta. La comunita' chiusa e' un'incubatrice del fondamentalismo, la comunita' aperta e' un moltiplicatore delle dimensioni esistenziali.

La terza gamba del nostro argomentare che lega il moderatismo e il centrismo, e' data dalla "politica come valore".
La politica e' "l'attivita' (o l'insieme delle attivita') che hanno in qualche modo come termine di riferimento la polis, cioe' lo Stato": cosi', Bobbio. Gramsci, poi distingue nettamente il momento del consenso (che chiama societa' civile) e il momento del dominio (che chiama Stato). Il carattere politico dell'azione umana emerge quando il potere diventa un fine.

Vi e' poi una differenza incolmabile tra l'agire secondo la massima dell'etica della convinzione, la quale in termini religiosi suona "il cristiano opera da giusto e rimette l'esito nelle mani di Dio", e l'agire seconda la massima dell'etica della responsabilita', secondo la quale bisogna rispondere dellle conseguenze prevedibili delle proprie azioni (Weber, La politica come professione, Torino, 1948).

Premesse queste notazioni di quadro, premesso altresi' che bisogna sforzarsi di contrarre lo spazio della politica su poche questioni essenziali (le altre ad altre dinamiche), cosa possiamo intendere per "buona politica"?
Direi - quanto meno - l'ambizione personale, ma coniugata con l'interesse collettivo; rifiuto dello schema amico/nemico; impegno civile; etica; l'essere, piu' che l'apparire; profezia per la preparazione del futuro.

Erano le ideologie, le vecchie chiese, una volta, ad animare la nostra fede politica. Archiviato quel passato, ci siamo chiusi nel presente a spese del futuro. Non siamo abituati a programmare il nostro futuro. Ci adattiamo alle circostanze.
Si delinea cosi', tra una giustificazione e l'altra, una sorta di "eccezionalismo" italiano, che descrive la nostra anomalia e se ne fa scudo e vanto.
In un'epoca in cui la morale e' tornata ad essere politicamente cruciale, noi dobbiamo cambiare un po' la nostra rotta. In altre parole, archiviamo pure la vecchia, noiosa "questione morale". Purche', nel frattempo, siamo capaci di trovare in noi stessi una morale.

P.s. - Questi appunti hanno la finalita' di contribuire ad aprire il dibattito fra di noi su questioni cruciali dell'agenda politica. Oltre il particolare e il contingente.

Lucca, 12 dicembre 2008
Andrea Talia

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