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La circolazione e la sosta dei veicoli al servizio di persone invalide
Il buon senso sembra la cosa meglio distribuita del mondo. Eppure………

di Luigi Pinelli - già Comandante della polizia municipale di Lucca

Si sente ripetere spesso, soprattutto quando vi sia da applicare una disposizione “scomoda” per qualcuno, che bisognerebbe utilizzare il buon senso.
A parte il fatto che chi fa appello alla soluzione del buon senso mira, in genere, non alla applicazione ma piuttosto alla disapplicazione della legge a suo esclusivo vantaggio, non si può negare che il buon senso sia di per sé un “ingrediente” in grado di rendere apprezzabile qualunque pietanza, se ben collocato.

Su tale premessa, siccome il buon senso sembra la cosa meglio distribuita del mondo, al punto che, nonostante la fiscalità delle varie finanziarie, nessuno si è mai lamentato di non averne a sufficienza, non è sempre agevole capire come il rapporto tra utenti della strada e vigili urbani sconfini troppe volte in una conflittualità meritevole quanto meno di un adeguato approfondimento.

Il problema, evidentemente, non è una questione di buon senso o, meglio, di solo buon senso.
Nello “Stato di diritto”, la migliore garanzia per i diritti del cittadino è rappresentata, se si esclude l’inevitabile caso limite, dalla impersonalità del rapporto tra la legge e l’individuo, che da un lato sottopone tutti a norme generali e astratte uguali per chiunque e dall’altro pone tutti al riparo dall’arbitrio dell’autorità e dei singoli che a qualunque livello la rappresentano.
Una impostazione del genere non esclude, naturalmente, la necessità di quel “buon senso” solitamente invocato dai singoli, però, quasi esclusivamente a posteriori rispetto alle violazioni delle regole e purtroppo e soprattutto in situazioni in cui esso sembra rappresentare unicamente la risorsa di chi non ha altre risorse per sottrarsi alle conseguenze dei propri comportamenti.

L’individuo, infatti, ha di solito una così grande presunzione di sé e, allo stesso tempo, una tanto cattiva opinione degli altri che lo portano a sentirsi autorizzato a stabilire regole, torti e ragioni secondo i propri personalissimi criteri ed a pretendere che il proprio “buon senso” sia anche il buon senso di tutti.

In realtà, in uno “Stato di diritto”, il “buon senso”, inteso non come opinione del singolo ma come il “buon uso dei sensi della ragione” che caratterizza “tutto un ordine, tutto un popolo, tutta una nazione o tutto il genere umano” (Giambattista Vico) deve essere utilizzato soprattutto nella formazione delle norme destinate a regolare i rapporti tra i cittadini in base a criteri di giustizia il più possibile oggettivi.

Vero è che anche in sede di formazione delle leggi la individuazione del “buon senso”, inteso non come opinione del singolo ma come il “buon uso dei sensi della ragione” che caratterizza “tutto un ordine, tutto un popolo, tutta una nazione o tutto il genere umano” (Giambattista Vico), appare tutt’altro che agevole, se solo si considera che fino a ieri chi avesse invocato interventi nei riguardi dei lavavetri molesti o un ritorno della scuola allo studio delle tabelline e della grammatica, all’obbligo di imparare a memoria le poesie o le date ed addirittura all’esame di riparazione, sarebbe stato immediatamente qualificato, chissà perché oggi non più, come oscurantista, reazionario e retrogrado.
Ciò nonostante, l’obiettivo è da ritenersi irrinunciabile, in quanto con regole prive di tale componente anche una partita di calcio affidata alla libera interpretazione dell’arbitro avrebbe poche probabilità di concludersi ai tempi regolamentari.

Su tali presupposti, l’idea di poter affidare al “buon senso” individuale, ad esempio, la soluzione della conflittualità riscontrabile frequentemente nel rapporto tra vigili ed utenti della strada non porta evidentemente da nessuna parte o, meglio, finisce il più delle volte per dar luogo ad una degenerazione dei comportamenti che, solo con la legislazione di pochi anni fa, avrebbe sicuramente ingolfato più di quanto già non lo siano oggi gli uffici della giustizia penale.
In proposito, volendo applicare concretamente la premessa ad alcune disposizioni del codice della strada (ognuno è bene che parli di ciò che presume di sapere) apparentemente marginali ma in realtà di estrema importanza per i destinatari, merita una adeguata disamina la disciplina della circolazione e della sosta dei veicoli al servizio di persone invalide, nelle quali l’approssimazione con cui sono stabiliti sia i precetti che le deroghe evidenzia nella legge proprio una “carenza” di “buon senso” che dà luogo a molte delle incomprensioni tra gli organi di vigilanza ed una categoria di utenti della strada particolarmente svantaggiati nelle attuali situazioni del traffico e in particolare della sosta.

La situazione, per chi non ne sia per sua fortuna attore diretto, è ampiamente documentata su molti siti telematici in cui giornalmente si lamentano presunte ingiustizie e conseguenti soprusi in danno di utenti fisicamente in difficoltà, la cui responsabilità nella maggior parte dei casi si vorrebbe attribuire alla solita categoria dei vigili urbani, la cui maggiore colpa - in realtà - è in genere riconducibile semplicemente all’obbligo di non disattendere gli obblighi imposti loro dalla legge.
Se è infatti vero, come è vero, che accanto a vigili che conoscono il loro mestiere ve ne siano altri meno preparati e meno dotati di savoir-faire o addirittura poco educati, è però ugualmente impossibile, a meno di una discriminazione alla rovescia, riconoscere che tutti gli invalidi, i loro familiari e soprattutto i soliti “noti” pronti a difenderne le ragioni “a prescindere”, siano titolari esclusivi di ogni virtù. Del resto, se tutti gli automobilisti possedessero realmente anche solo una minima parte di tutto quel buon senso che regolarmente pretendono di trovare nei vigili, probabilmente i vigili potrebbero farne del tutto a meno o addirittura la comunità potrebbe fare a meno dei vigili.

In realtà, lasciando da parte appunto quei “buoni” convinti che essere buoni sia una professione a tempo pieno ed a senso unico, il fatto è che i torti e le ragioni non hanno quasi mai un unico padrone, come in tanti altri aspetti della vita. Ma se, nel caso in esame, all’invalido si possono agevolmente passare certe non infrequenti uscite fuori luogo, pensando al peso di un disagio personale toccatogli in sorte generalmente senza colpa, la stessa indulgenza non può essere riservata al legislatore, quale autore di una disciplina normativa in cui, per qualche imprecisione riconducibile probabilmente alla fretta di emanare il codice, nell’imminenza di un appuntamento elettorale, anche senza un adeguata revisione in una riunione plenaria della Commissione interministeriale incaricata della stesura, vanno invece ravvisati gran parte dei motivi di una conflittualità estremamente sgradevole per tutti.

Per migliore comprensione del discorso, conviene individuare subito con precisione le agevolazioni spettanti alla circolazione ed alla sosta dei veicoli al servizio delle persone invalide attraverso i necessari riferimenti al quadro normativo vigente.
Tenendo conto del quadro risultante, ognuno si chieda almeno se fa il suo dovere il vigile disposto a chiudere un occhio o quello fedele alle disposizioni volute dal legislatore.

Le deroghe stabilite dalla legge sono dunque quelle di seguito elencate.

“1 – Art. 188 Codice della strada.

1. Per la circolazione e la sosta dei veicoli al servizio delle persone invalide gli enti proprietari della strada sono tenuti ad allestire e mantenere apposite strutture, nonché la segnaletica necessaria, per consentire ed agevolare la mobilità di esse, secondo quanto stabilito nel regolamento.
2. I soggetti legittimati ad usufruire delle strutture di cui al comma 1 sono autorizzati dal sindaco del comune di residenza nei casi e con limiti determinati dal regolamento e con le formalità nel medesimo indicate.
3. I veicoli al servizio di persone invalide autorizzate a norma del comma 2 non sono tenuti all'obbligo del rispetto dei limiti di tempo se lasciati in sosta nelle aree di parcheggio a tempo determinato.

2 - Art. 381 Regolamento del codice della strada. Comma 2.

Per la circolazione e la sosta dei veicoli a servizio delle persone invalide con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta, il sindaco rilascia apposita autorizzazione in deroga, previo specifico accertamento sanitario. L'autorizzazione è resa nota mediante l'apposito "contrassegno invalidi”. Il contrassegno è strettamente personale, non è vincolato ad uno specifico veicolo ed ha valore su tutto il territorio nazionale.

3 – Art. 11 DPR 503 del 24 luglio del 1996.

1. Alle persone detentrici del contrassegno di cui all'art. 12 viene consentita, dalle autorità competenti, la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico servizio, purché ciò non costituisca grave intralcio al traffico, nel caso di sospensione o limitazione della circolazione per motivi di sicurezza pubblica, di pubblico interesse o per esigenze di carattere militare, ovvero quando siano stati stabiliti obblighi o divieti di carattere permanente o temporaneo, oppure quando sia stata vietata o limitata la sosta.
2. Le facilitazioni possono essere subordinate alla osservanza di eventuali motivate condizioni e cautele.
3. La circolazione e la sosta sono consentite nelle «zone a traffico limitato» e «nelle aree pedonali urbane», così come definite dall'art. 3 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, qualora è autorizzato l'accesso anche ad una sola categoria di veicoli per 1'espletamento di servizi di trasporto di pubblica utilità.
4. Per i percorsi preferenziali o le corsie preferenziali riservati oltre che ai mezzi di trasporto pubblico collettivo anche ai taxi, la circolazione deve intendersi consentita anche ai veicoli al servizio di persone invalide detentrici dello speciale contrassegno di cui all'art. 12.
5. Nell'ambito dei parcheggi o delle attrezzature per la sosta, muniti di dispositivi di controllo della durata della sosta ovvero con custodia dei veicoli, devono essere riservati gratuitamente ai detentori del contrassegno almeno 1 posto ogni 50 o frazione di 50 posti disponibili.

4 - Art. 3 Codice della strada. - Definizioni stradali e di traffico 2) Area pedonale: zona interdetta alla circolazione dei veicoli, salvo quelli in servizio di emergenza,

i velocipedi e i veicoli al servizio di persone con limitate o impedite capacità motorie.”

Volendo semplificare per i non addetti ai lavori, i contenuti delle disposizioni appena trascritte possono essere sintetizzati nel modo seguente:
a) - Coloro che hanno problemi di deambulazione hanno diritto, previo specifico accertamento sanitario, ad un contrassegno strettamente personale, rilasciato dal Comune di residenza, valido in tutta Italia e con durata di cinque anni (o con durata inferiore, nei casi di invalidità temporanea), per agevolare il transito e la sosta di veicoli al loro servizio.
b) - L’esposizione del solo contrassegno, nella parte anteriore del veicolo, consente direttamente, su tutto il territorio nazionale:

La disciplina, fino a questo punto, è abbastanza chiara, anche se non sempre la varietà delle situazioni che possono presentarsi in concreto risulta agevolmente riconducibile alle fattispecie astratte prefigurate dalle norme richiamate. Per fare un esempio, basti rilevare che la legge non specifica se la libera sosta nelle zone con limitazioni di tempo riguardi anche i parcheggi a pagamento. Vero è che il ministero, con una apposita circolare, ha ritenuto di affermare che il veicolo con contrassegno dell’invalido possa sostare a tempo indeterminato e gratuitamente anche nei parcheggi a pagamento, ma la tesi appare difficilmente accettabile da parte dei gestori dei parcheggi, non solo perché non ancorata espressamente ad alcuna norma specifica ma anche perché in contrasto con la logica elementare.
I parcheggi a pagamento su aree pubbliche, infatti, sono generalmente dati in concessione a privati, dietro consistenti corrispettivi per l’occupazione del suolo utilizzato. Se valesse l’indicazione ministeriale, in teoria il concessionario potrebbe trovarsi il parcheggio esaurito a tempo pieno da veicoli non paganti, senza la previsione di rimborsi, e praticamente costretto alla inattività seppure con l’onere del pagamento della concessione.

Per una corretta attuazione della normativa a favore delle persone svantaggiate, tuttavia, le maggiori difficoltà insorgono rispetto al dettato delle disposizioni aggiuntive sopravvenute in materia con i primi due commi dell’articolo 11 del DPR 503 del 24 luglio del 1996, già sopra riportato e che conviene trascrivere nuovamente di seguito, per esaminarne più da vicino i contenuti:
“Art. 11 DPR 503 del 24 luglio del 1996. 1. Alle persone detentrici del contrassegno di cui all'art. 12 viene consentita, dalle autorità competenti, la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico servizio, purché ciò non costituisca grave intralcio al traffico, nel caso di sospensione o limitazione della circolazione per motivi di sicurezza pubblica, di pubblico interesse o per esigenze di carattere militare, ovvero quando siano stati stabiliti obblighi o divieti di carattere permanente o temporaneo, oppure quando sia stata vietata o limitata la sosta.
2. Le facilitazioni possono essere subordinate alla osservanza di eventuali motivate condizioni e cautele.”

Mentre le deroghe stabilite dal codice della strada hanno efficacia ex lege, come già detto, per tutto il territorio nazionale con la semplice esposizione del contrassegno, le ulteriori facilitazioni introdotte con il DPR 503 restano subordinate a tre diverse condizioni:
1 – che siano consentite dalle autorità competenti;
2 – che la sosta non costituisca grave intralcio al traffico;
3 – che restino subordinate alla osservanza di eventuali motivate condizioni e cautele.

Come si vede, va tenuto innanzitutto presente che le deroghe di cui trattasi debbono essere autorizzate dalle autorità competenti.
La prima domanda che sorge spontanea è dunque la seguente: chi sono le autorità competenti?
Parendo pacifico che non possa trattarsi, come taluno pretenderebbe, né del titolare del contrassegno né del singolo vigile addetto al controllo, benché si pretenda di farne il bersaglio di qualunque benpensante dell’ultima ora, l’autorità competente non può essere altra che quella indicata dal codice della strada, vale a dire il Sindaco (o chi per esso) di ciascun Comune nel cui territorio le deroghe dovrebbero aver valore.

Una conclusione del genere è imposta, oltre che dalla lettera della norma, anche dalla logica comune, essendo impensabile che una deroga materialmente possibile - ad esempio - a Viareggio possa automaticamente estendersi al centro storico di Lucca, ovvero, guardando la cosa da un altro punto di vista, che il Sindaco di Capannori possa decidere se e a quali condizioni il veicolo al servizio di un invalido residente a Capannori possa circolare o sostare sulle mura urbane di Lucca, in deroga al divieto di transito ivi esistente.

La seconda domanda, che dovrebbe sorgere ugualmente spontanea ma che nessuno sembra invece porsi esplicitamente, è la seguente: in quale modo le deroghe concesse dall’autorità competente, prevista dal DPR 503, debbono essere rese note, in modo da consentire agli addetti al controllo di operare con i necessari riferimenti, la cui mancanza è la causa degli spiacevoli malintesi che caratterizzano la situazione attuale?
Soccorre, in proposito, soprattutto l’articolo 5 del codice della strada, che al comma 3 prescrive appunto che “i provvedimenti per la regolamentazione della circolazione sono emessi dagli enti proprietari, attraverso gli organi competenti a norma degli articoli 6 e 7 (per il Comune: il Sindaco n.d.r.), con ordinanze motivate e rese note al pubblico mediante i prescritti segnali”.

Su tali presupposti, dunque, le ulteriori deroghe, in aggiunta a quelle spettanti sull’intero territorio nazionale per il semplice possesso del contrassegno giallo, che il singolo Comune ritenga di poter accordare per la circolazione e la sosta sul proprio territorio possono essere rese note in uno dei due modi seguenti:
1 – mediante apposizione, nel caso di deroghe di carattere generale, della necessaria segnaletica agli accessi delle zone interessate dalla deroga. In queste condizioni la deroga potrà essere utilizzata da tutti i possessori del contrassegno giallo, da qualsiasi Comune esso sia stato rilasciato. Ovviamente, l’eventuale stallo di sosta contrassegnato da cartello che ne indichi la riserva ad uno specifico veicolo, potrà essere utilizzato unicamente da quel veicolo.
2 – mediante rilascio di apposita autorizzazione scritta ai singoli titolari di contrassegno che ne abbiano diritto, con indicazione della natura delle varie deroghe e delle condizioni di utilizzazione.

Siccome proprio questa è l’eventualità all’origine della gran parte della conflittualità tra la categoria degli invalidi e gli addetti al controllo, è indispensabile riservare all’argomento tutto l’ampio approfondimento che merita, partendo dal testo degli articoli del codice della strada già riportati nella prima parte del presente scritto.

Debbo ricordare, avendo fatto parte della commissione interministeriale che ha redatto l’attuale codice della strada, che ebbi a sollecitare il collega, inserito nella sottocommissione cui era affidata la stesura delle disposizioni di cui trattasi, di far sì che risultasse nel modo più chiaro possibile che il rilascio del contrassegno giallo, valido su tutto il territorio nazionale, comportasse di per se stesso da un lato le deroghe efficaci su tutto il territorio nazionale già elencate più sopra ma dall’altro necessitasse invece, per deroghe di carattere locale non rese note dalla segnaletica, di una apposita autorizzazione da parte del singolo Comune di volta in volta interessato, da esporsi al parabrezza unitamente al contrassegno giallo rilasciato dal Comune di residenza.
Nonostante le assicurazioni ricevute, purtroppo va dato atto che la stesura dell’articolo 188 del codice e del corrispondente articolo 381 del regolamento risulta non sufficientemente esplicita in tal senso, anche se non ne escludono ed anzi oggettivamente ne confortano la leggibilità nella direzione sollecitata allora dal sottoscritto.
Quando l’articolo 381 del regolamento prevede infatti che da parte delle autorità competenti (sindaci) ai titolari del contrassegno giallo viene consentita la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico servizio, purché ciò non costituisca grave intralcio al traffico, nel caso di sospensione o limitazione della circolazione per motivi di sicurezza pubblica, di pubblico interesse o per esigenze di carattere militare, ovvero quando siano stati stabiliti obblighi o divieti di carattere permanente o temporaneo, oppure quando sia stata vietata o limitata la sosta e che le facilitazioni possono essere subordinate alla osservanza di eventuali motivate condizioni e cautele, è evidente che l’unico modo per rendere note deroghe ulteriori, che non risultino dalla apposizione della corrispondente segnaletica stradale, va forzatamente identificato nel rilascio di una apposita autorizzazione scritta da esporsi al parabrezza in caso di sosta in aggiunta al contrassegno giallo, in assenza della quale agli organi di controllo risulterebbe materialmente impossibile tenerne conto.
Neppure l’accorgimento adottato da diversi Comuni, di annotare le ulteriori deroghe direttamente sul retro del contrassegno giallo, appare rispondente allo scopo, dato che non tiene conto delle più elementari esigenze degli organi di polizia stradale, impossibilitati materialmente – nel caso in cui il veicolo sia lasciato in sosta – a prenderne visione. Che questa non sia la soluzione, è del resto confermato dal fatto che il modello di contrassegno stabilito dal regolamento del codice della strada, già notevolmente approssimativo anche nel fronte, non risulta predisposto sul retro per alcuna annotazione ulteriore.

Anche se avrebbero avuto bisogno di una stesura più accurata, le disposizioni che regolano la materia fin da ora sembrano confortare ugualmente, a giudizio dello scrivente, l’ipotesi del rilascio di una specifica autorizzazione a corredo del contrassegno giallo, ove si tenga conto del fatto che le norme non solo utilizzano tale duplice terminologia ma prevedono espressamente (vedi il DPR 543) il consenso della autorità competente per le ipotesi derogatorie diverse da quelle già derivanti dal semplice possesso del contrassegno.
Del resto, anche semplicemente alla luce di quel “buon senso” che non può essere solo quello del “senno di poi”, qualcuno se la sentirebbe, avendone la responsabilità civile e penale, di delegare a priori alla valutazione del singolo titolare di contrassegno giallo, ancorché verosimilmente sprovvisto di adeguate cognizioni in materia, “che la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico servizio non costituisca grave intralcio al traffico, nel caso di sospensione o limitazione della circolazione per motivi di sicurezza pubblica, di pubblico interesse o per esigenze di carattere militare, ovvero quando siano stati stabiliti obblighi o divieti di carattere permanente o temporaneo, oppure quando sia stata vietata o limitata la sosta”?.

Utilizzando l’interpretazione della legge non solo compatibile con il testo ma più rispondente alla logica, l’impostazione viene dunque ad essere la seguente.
L’esposizione del contrassegno giallo, attestante la invalidità del titolare con efficacia su tutto il territorio nazionale indipendentemente dal Comune di residenza che l’abbia rilasciato, autorizza di per se stesso le deroghe di carattere generale già elencate, su tutto il territorio nazionale.
Laddove il titolare del contrassegno necessiti di altre deroghe particolari, costui potrà, semplicemente esibendo il contrassegno giallo (quindi senza doversi assoggettare a nessun’altra visita medica) ai competenti uffici di qualsiasi altro Comune, conseguire una specifica autorizzazione aggiuntiva con le deroghe che ogni singolo Comune riterrà ammissibili in base alla propria situazione viaria, da esporre al parabrezza unitamente al contrassegno giallo rilasciato dal Comune di residenza.
Qualcuno, assai probabilmente, obietterà che l’assoggettamento della efficacia del contrassegno giallo al conseguimento, per deroghe al di là di quelle fissate direttamente dal codice della strada e dal DPR 503 del 1996, di una specifica autorizzazione da parte di ogni singolo Comune in cui avvalersene, rappresenti un aggravio insostenibile e improponibile. A giudizio dello scrivente, al contrario, il disturbo occorrente per l’immediato conseguimento di una autorizzazione a latere del contrassegno, idonea a precisare preventivamente, una volta per tutte, le agevolazioni, gli obblighi ed i limiti per circolazione e la sosta dei veicoli di cui trattasi nel territorio di qualsiasi Comune, non è minimamente paragonabile alle complicazioni, alle arrabbiature ed alle conseguenze, anche solo in termini di tempo, connesse con la inammissibile pretesa di circolare praticamente a briglia sciolta, vale a dire di stabilire personalmente l’ammissibilità di deroghe che la legge rimette esclusivamente alla valutazione del Sindaco (o chi per esso) e, per la precisione, al Sindaco del singolo Comune in cui si voglia avvalersene. Volenti o nolenti, vale la pena di ribadirlo, nessun Sindaco ha comunque il potere di concedere deroghe con efficacia anche per altri Comuni, dato che ogni Ente ha autonomia propria, oltre che situazioni oggettive diverse da un Comune all’altro.
Anche in questo caso, dunque, se la legge fosse stata più precisa e sufficientemente esplicita da imporre a carattere generale l’impostazione fin qui proposta nonostante tutto, in quanto ugualmente ricavabile – con un po’ di “buon senso” aprioristico – anche dal non particolarmente felice testo delle disposizioni del codice e del relativo regolamento attualmente vigenti, la maggior parte della conflittualità risultante dai siti telematici sarebbe stata prevenuta.

Per chi ritenesse, invece, che l’argomento trattato rivesta tutto sommato una importanza non proporzionata allo spazio dedicatogli, mi limito a ricordare che anche le questioni minime, ancorché non sia questo il caso, se lasciate senza regole o affidate a regole permanentemente in discussione contribuiscono ad avvelenare i rapporti tra cittadini ed istituzioni più di quanto si creda. E comunque, siccome è la somma che fa il totale, come diceva Totò, non si vede perché le conflittualità agevolmente eliminabili non debbano essere risolte con interventi a monte, vale a dire, nel caso in esame, attraverso un ritocco alla normativa richiamata ovvero mediante una interpretazione ministeriale a mente dell’articolo 5 del codice della strada, da estendere a tutti i comuni.
Per chi preferisce affidarsi invece al “buon senso” a posteriori, richiamo semplicemente le considerazioni rintracciabili nella parte iniziale del presente intervento.

Lucca 4 ottobre 2007
Luigi PINELLI - già Comandante della polizia municipale di Lucca

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