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Fisco e costi della politica.

di Antonio Rossetti

Non penso di fare una forzatura se, nel parlare del imposte sui redditi e più in generale dei costi del le imposte dirette, indirette e delle tasse a carico dei cittadini e delle imprese, inserisco nella riflessione i costi della politica e della pubblica amministrazione intesa in senso complessivo.

La mia opinione scaturisce da una riflessione che prende le mosse dall’art. 53 della Costituzione, che tutti conoscono.
Su questi due riferimenti ognuno può riflettere come ritiene più opportuno, per quanto mi riguarda considero questi elementi come propedeutici ad una discussione sulle questioni che sono al centro del confronto e che si legano, non solo nel rapporto quantità e qualità dell’imposizione fiscale e costi della politica, ma più in generale con riguardo al rapporto tra partiti e cittadini, tra istituzioni e cittadini, tra carico tributario e utilizzazione delle risorse prelevate.

Nel caso della discussione dei costi della politica, sembra che tutto si risolva non facendo nulla, che in sostanza non si metta mano ai regolamenti di Camera e Senato ( nei trattamenti e negli altri capitoli e tanto meno nelle agevolazioni).
Si finge di fare un provvedimento di riduzione e successivamente, con il vecchio criterio degli agganci( nel senso che un trattamento si aggancia ad un altro di categorie diverse) e si ripristina o si aumentano i costi che si dichiarava di volere ridurre.
In tanti anni di discussione e di dichiarazioni di intenti non si è ancora capito che l’esempio deve obbligatoriamente venire proprio da li, da Camera, Senato, Regioni, dalle aziende pubbliche, per rendere credibile un processo che investa tutti i livelli.( ne questo ne altri governi in precedenza hanno assunto provvedimenti concreti in questa direzione).

Per quanto riguarda le imposte dirette( ma si potrebbe parlare anche delle indirette e delle tasse),anziché continuare negli annunci di alleggerimento e di riduzione, gli italiani aspettano fatti concreti, anche di modesta entità se la situazione non lo permette, ma gli annunci non li sopportano più.
Il rischio, anche in questo caso, è nel tentativo di spostare la discussione parlando di Bossi, e delle gravi frasi da lui dette, altri cittadini semplici avrebbero pagato certamente di più per le stesse parole, per non parlare di cose concrete.
Se dopo tutto la proposta di non giocare al lotto diventa uno dei punti della lotta fiscale siamo proprio ad una confusione totale:
Nessuno di coloro che scelgono di giocare al lotto o lotterie lo fa per pagare le imposte, l’obiettivo, pur discutibile e criticabile, è un’ altro.
Se Bossi decide di non giocare al lotto faccia pure, così come altri decideranno di fare, ma la discussione vale per quelle imposte per le quali non è soggettiva la scelta di pagare, salvo decidere di evadere, rischiando in modo più o meno calcolato , le conseguenze.

Che dire poi della confusione nel ministero e nel Governo, non tanto per le proposte che ognuno è libero di presentare, ma per la contraddizione tra le proposte avanzate da un sottosegretario, che si suppone abbia la consapevolezza di ciò che dice e la diffusione di notizie, da parte dello stesso ministero, che le entrate tributarie sono in notevole incremento e non c’è nessun bisogno di nuove imposizioni.
L’utilità di una maggiore e attenta azione di controllo ed il superamento, speriamo definitivo, della stagione dei condoni non sono sufficienti a ricreare quel rapporto credibile tra contribuenti ed amministrazione.
Qui si torna sull’argomento dei costi, degli sprechi e disservizi, sui cosidetti lacci e laccioli( così si diceva) che rendono farraginoso il rapporto con la pubblica amministrazione.

Pensare che vi sia soddisfazione nel pagare le imposte è impossibile, ma dare il senso di una utilizzazione equa, utile delle risorse in modo tale da restituire credibilità nella gestione della cosa pubblica è obiettivo possibile.
Tra qualche giorno le sparate di Bossi saranno assorbite, ma i problemi della quantità, della qualità, dell’equità e della progressività dei carichi tributari resta, così come resta il nodo dei costi della politica, nell’accezione sopra richiamata.
Fingere che dopo un po’ tutto si dimentica non solo è politicamente scorretto, ma è falso.
Se i cittadini che disertano le urne aumentano, ci sarà pure da domandarsi perché e cosa fare perché tornino ad avere fiducia nelle istituzioni e negli uomini che le rappresentano, a modo loro i cittadini si ricordano e mandano segnali, comprenderli per assumere decisioni è compito della politica.

Lucca, 30 agosto 2007
Antonio Rossetti

art. 53 Costituzione della Reppubblica Italiana

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

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