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Ultime considerazioni estive

di Fulvio Mandriota

Ultime considerazioni estive:
1) il risultato elettorale al Comune ha consentito al centrodestra di salvare Lucca, ma quelle che a maggio sembravano rose rosse ora sembrano anche spine;
2) il Partito Democratico non decolla.

Iniziamo con Favilla, che concluderà il suo mandato in concomitanza con la celebrazione del “ventennio” della crisi politica nazionale e locale, in eterna transizione dopo la mancata rivoluzione di “Mani pulite”. La scelta di richiamare il ‘vecchio’ Giulio Lazzarini anni fa sembrava occasionale; con Mauro Favilla si è certificata l’assuefazione. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: manca la classe dirigente e, soprattutto nel centrodestra, i responsabili attuali sono immobili, non intendono rischiare nulla, tanto meno i posti di comando (però la gente li vota ugualmente, grazie a Berlusconi che ci ha trasformato tutti in tifosi).

La lunga carriera politica di Mauro Favilla è legata a Piero Angelini, ma adesso – forse perché il sindaco non ha più nulla da perdere – i due si stanno allontanando. Ciò che si era intravisto con l’elezione del presidente del consiglio comunale, può diventare realtà: la verifica a breve, entro un mese o due, con le prossime nomine. A niente, a quanto pare, è valso il richiamo alle comuni origini democristiane (storicamente Favilla era sempre stato fedele al gruppo del leader, Angelini) e soprattutto all’ultima scelta di dar vita alla lista civica “Governare Lucca”, decisiva per la vittoria. Nello scontro fra Pera e Angelini, se Favilla fa pendere l’ago della bilancia verso la CdL per Angelini si apre uno scenario di improvviso ridimensionamento.

Il Partito Democratico. Irrompe in autunno, ma quanto potrà incidere nel quadro comunale lucchese? Troppo presto per dirlo, anche perché il nascituro non sembra venire alla luce nel migliore dei modi.
Non vorremmo essere precipitosi o dare giudizi affrettati ma, stando a oggi, per quanto emerge giorno dopo giorno, il Pd lucchese sembra una minestra (anzi, un minestrone) riscaldata. Appare ormai chiaro: le cose si stanno muovendo come un’operazione di facciata, mentre i giochi veri si svolgono per linee interne, secondo i canoni classici di chi non intende rinunciare a spartirsi il potere: in concreto, niente ricambio generazionale, le donne vanno bene purchè già incardinate, in più c’è solo qualche nome (magari famoso) della cosiddetta società civile, giusto per completare il quadro. In realtà è una questione tra Dl e Ds, una cosa a te e una a me, e così via.
Una riflessione come esempio: è normale che un partito che ancora non esiste abbia già il suo leader e il suo vice espressi dagli apparati? La logica e il buon senso imporrebbero di procedere in maniera esattamente opposta: si fa il partito e poi si sceglie democraticamente la leadeship. Altrimenti che partito democratico è?
La vera novità, se così vogliamo definirla, sarà dunque la certificazione delle correnti. Questo però accadeva già nella Dc (bene, fra l’altro) nella tanto vituperata prima Repubblica: il nuovo dov’è?

E’ vero che si vive nella civiltà dell’immagine, e in tal senso Veltroni è quello che si avvicina maggiormente a Berlusconi, ma i problemi degli italiani li risolviamo con le apparizioni in tv?
Avevamo capito che il Pd intendesse sfondare al centro, con metodo moderno, dinamico. Ora la nascita del Partito delle Libertà della Michela Brambilla complica l’apertura al centro dello stesso Pd perché voluto proprio da Berlusconi per procurarsi forze nuove moderate della società civile da strappare alla leadership di Veltroni.

Riflessione: si combina tutto questo “putiferio” per rieleggere quelli che sono già ai vertici dell’attuale assetto? E gli altri? Che spazio hanno? E il rinnovamento? La parola d’ordine sembra sia sempre la stessa: tutto deve cambiare perché nulla cambi.

Lucca, 28 agosto 2007
Fulvio Mandriota

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