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L’Autonomia e le risorse, i costi della politica.

Di Antonio Rossetti

Si continua a parlare di autonomia, sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza e di autonomia finanziaria delle amministrazioni locali( comuni, province regioni, città metropolitane), e del fondo perequativo, per i territori con minore capacità di risorse per abitante, questi ed altri aspetti importanti sono contenuti negli art. 118 e 119 della Costituzione.

Prendiamo ad esempio l’argomento dei comuni.
Il numero dei comuni, nonostante i tentativi degli anni novanta,è aumentato. . Oggi sono 8103, di questi la stragrande maggioranza sono al disotto di 3000 abitanti e molti al disotto di mille.
Se pensiamo al rapporto tra il numero dei residenti e l’organizzazione amministrativa di un comune, con meno di tremila persone non possiamo fare a meno di immaginare un processo di riorganizzazione e quindi di individuazione di un minimo di presenza istituzionale, sindaco consiglio e giunta, ad una dimensione minima tra 5 e 10.000 residenti ed ai livelli inferiori esercitare funzioni delegate.

Nonostante tutti i tentativi, non c’è stato nessun processo di aggregazione e probabilmente le condizioni di resistenza a tale disegno non diminuiranno.
La resistenza dei piccoli comuni è giustificata, in parte, da ragioni di democrazia e di partecipazione e lo è ancora di più oggi in presenza di una riduzione dei luoghi di deliberazione e di partecipazione.
La vita democratica, la partecipazione, la presenza diffusa di occasioni di vera democrazia deliberativa si stanno riducendo e la presenza istituzionale dei piccoli comuni è fondamentale anche come presidio di democrazia per le comunità più piccole, che sarebbero dimenticate ancora di più di quanto non lo sono oggi.
Nei piccoli comuni, oltre alla scarsa presenza di residenti si stanno disimpegnando anche alcuni importanti servizi e quindi le condizioni di permanenza sono sempre più difficili per le persone che restano per convinzione o per necessità.
In questo quadro di riduzione dei luoghi di relazione e di partecipazione, il comune è punto di riferimento istituzionale, politico, e voce autorevole, nei limiti in cui lo può essere, e comunque senza questa presenza l’abbandono sarebbe ancora più grave.

Un tessuto sociale che rischia di scomporsi e disperdersi insieme alle ricchezze di tipo ambientale, del patrimonio culturale, religioso, e delle strutture esistenti ( scuole, abitazioni, presenza del sacerdote, attività economiche e servizi) .
Un processo di riordino, ha bisogno di credibilità e soprattutto di fiducia da parte dei cittadini coinvolti in quel processo.
Deve risultare chiaro e stabile, nel tempo, il concetto di differenziazione come azione tesa a ridurre le distanze e quindi dare attuazione a tutti gli interventi utili per migliorare le condizioni delle persone, dei luoghi che oggi si trovano in posizioni di svantaggio.
Il clima che deve accompagnare una così importante riorganizzazione necessita di una partecipazione democratica solida, di presenza diffusa di vita associata, di attenzione da parte dei partiti, di regole e risorse certe per favorire una migliore condizione sociale: al momento non mi pare sia questo il livello della discussione sui costi della politica.

Qualora si volesse applicare,alla luce di questo argomento, una specie di taglio dei rami improduttivi, assumendo concetti di tipo economico ed applicarli agli enti locali, non solo si produrrebbero danni incalcolabili sul piano sociale , ma si finirebbe per aumentarne i costi.
Il concetto di autonomia è fondamentale, ma senza la perequazione e la solidarietà nella distribuzione delle risorse vi sarebbero solo differenziazioni in negativo, con il peggioramento di prestazioni e condizioni fondamentali per coloro che hanno di meno.

Lucca, 28 luglio 2007
Antonio Rossetti

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