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SECONDA LETTERA APERTA ALL’ASSESSORE ALLA POLIZIA MUNICIPALE

di Luigi PINELLI, già Comandante della polizia municipale di Lucca.

Dopo la messa a punto, sotto il profilo giuridico, dei termini di un corretto rapporto tra Sindaco o Assessore alla polizia municipale e Comandante del Corpo, mi permetto, con la libertà di espressione consentitami attualmente dalla condizione di pensionato, di mettere a disposizione dell’Assessore del ramo alcune osservazioni di carattere generale frutto della esperienza di Comandante nel Comune di Quarrata e successivamente in quelli di Lucca, Camaiore e Porcari, e della attività formativa svolta per vari lustri nelle maggiori scuole di polizia locale d’Italia, isole comprese, allo scopo di consentire all’Amministratore eventualmente sprovvisto di esperienza specifica di non compromettere fin dall’esordio le potenzialità della funzione con iniziative anacronistiche e di non disattenderne altre effettivamente rispondenti alle esigenze del Corpo.

Sarà bene, a tal fine, che l’Assessore prenda atto rapidamente che il personale della polizia municipale - a qualsiasi livello - generalmente è tutt’altro che ingenuo, uso com’è - per forza di cose - ad operare spesso individualmente, ad assumere come tale decisioni immediate, a sottoscriverne contestualmente gli atti ed a farsi personalmente carico - suo malgrado - di tutte le possibili conseguenze delle soluzioni individuate in rapporti su strada quasi sempre concitati e caratterizzati da una conflittualità sicuramente dall’agente più subita che cercata.
Per acquisire autorevolezza con soggetti generalmente formati - se non altro dalle quotidiane esigenze di sopravvivenza - a riconoscere istantaneamente la praticabilità e la realistica efficacia di qualsiasi provvedimento su cui vengano chiamati ad operare, il ricorso a soluzioni apparentemente accattivanti ma in realtà ingenuamente populistiche è assolutamente da evitare, a pena di perdite di credibilità difficilmente recuperabili nel prosieguo. Nei riguardi di chi opera isolatamente e senza il costante controllo cui è assoggettabile e di cui può avvalersi il personale d’ufficio, infatti, il “carisma” di chi sia a vario titolo investito di funzioni di responsabilità del servizio è una componente essenziale per il raggiungimento di qualsiasi obiettivo.

Accanto a ciò che l’Assessore non dovrà fare, nella consapevolezza che il servizio di polizia è una cosa estremamente seria, mi permetto di evidenziare anche alcune delle iniziative più auspicabili almeno nella fase iniziale del mandato, senza la minima intenzione di interferire in valutazioni di merito riguardo alle “direttive” che egli ritenga di adottare nel prosieguo per l’attuazione degli indirizzi della Giunta e dei programmi presentati agli elettori.
Nella trattazione degli argomenti di cui sopra, confido che alcune “perle di saggezza” di personaggi noti varranno a sintetizzarne meglio i significati.

PRIMO - Evitare di esordire nell’incarico chiedendo al Comando di predisporre e utilizzare temporaneamente un cosiddetto “Preavviso di cortesia”, da apporre ai tergicristallo dei veicoli in sosta vietata, recante più o meno : “Il veicolo è in sosta vietata, ma per questa volta non si applicano sanzioni, certi che per il futuro saprà attenersi alla segnaletica stradale”. In passato, allorché un Comune limitrofo mise in atto una iniziativa del genere, l’effetto fu che un automobilista del capoluogo illegalmente “graziato” dal volantino trovato al parabrezza si sentì in dovere non tanto di ringraziarne l’autore della indebita iniziativa ma di tacciare subito i vigili di Lucca, con una lettera naturalmente anonima, di “Aguzzini, imparate come si fa il servizio, ecc. ecc.”. E siccome il Comando del capoluogo dette allo scritto immediato seguito verso prefettura e autorità giudiziaria, se l’ignoto autore delle ingiurie la fece purtroppo franca l’ideatore dell’iniziativa di sicuro, risulta, non ne ebbe i riconoscimenti che verosimilmente si era proposto.
La polizia municipale di Lucca, benché richiesta, durante il mio periodo di comando non si è mai prestata ad illegittime forme di “captatio benevolentiae” del genere, benché consapevole che “è assai più facile essere caritatevole che giusto” (Arturo Graf)

SECONDO - Appelli alla prevenzione senza una esatta conoscenza dei contenuti dell’istituto sminuiscono anch’essi immediatamente, come per il caso precedente, l’autorevolezza dell’Assessore agli occhi del personale del settore. Occorre infatti aver presente che agli addetti al controllo si possono astrattamente prefigurare, rispetto a qualsiasi ipotesi di violazione, tre distinte figure di intervento: la PREVENZIONE, la REPRESSIONE, l’OMISSIONE.
La prevenzione, lo dice la parola stessa, per quanto auspicabile è evidentemente possibile SOLO PRIMA che la violazione si concretizzi. Riguardo in particolare alla circolazione stradale, la sensibilità dell’utente verso tale istituto si manifesta invece unicamente dopo la consumazione della violazione, all’evidente fine di sfuggire alla applicazione della sanzione attraverso quella che, per l’agente che vi si prestasse, costituirebbe non attività di prevenzione ma semplicemente una OMISSIONE perseguibile legalmente sotto vari profili.
Su tali presupposti, la prevenzione, in verità, può concretizzarsi non tanto per mezzo degli addetti al controllo, che in pratica possono soddisfarne la domanda quasi esclusivamente con la visibilità della loro divisa sul territorio o con gli effetti dissuasori della repressione, ma soprattutto - relativamente alla disciplina della circolazione - attraverso una adeguata segnaletica verticale e orizzontale, con il reperimento e la necessaria sistemazione di ogni possibile area di sosta e di scorrimento, con l’adozione di limiti di velocità non assurdamente ingiustificati, con la costante attenzione alla variazione dei flussi di traffico in conseguenza della evoluzione dei poli di attrazione, con ogni possibile semplificazione di obblighi e divieti intesa ad agevolarne la più rapida comprensione anche agli utenti provenienti da altri comuni.
Al di là di tutto, comunque, il massimo della prevenzione andrebbe in realtà perseguito attraverso una legislazione concretamente efficace e soprattutto con il generale incremento del senso civico della popolazione, in ambiti quindi da un lato al di là delle immediate potenzialità del singolo ente locale e dall’altro di lunga e purtroppo assai incerta prospettiva. In attesa che l’educazione generale evolva in tal senso, è sicuramente incomprensibile ed ingiustificabile, ed è opportuno che l’Assessore sappia rendersene conto, l’imbarazzo che l’attività di repressione sembra suscitare talora non solo negli organi elettivi ma addirittura anche negli agenti non adeguatamente dotati, di fronte anche a rimostranze assolutamente improponibili, quasi che il trasgressore – in forza del principio secondo cui si fanno regole per gli altri ed eccezioni per sé (Charles Lemesle) - non avesse niente di cui eventualmente scusarsi ma spettasse piuttosto all’agente di doversi giustificare semplicemente perché colpevole di averne rilevato la violazione.
Prevenzione si, dunque, ma a nessuno spazio alla confusione tra il ruolo di guardia e quello di ladro, mutati mutandis.

TERZO - Sollecitare gli appartenenti alla polizia municipale ad “usare il buon senso”, inteso come “capacità di giudicare e comportarsi con saggezza”. (Zingarelli, 2005), è ugualmente da evitare, perché se vi è una figura di operatore che avrebbe ben scarse probabilità di sopravvivenza professionale senza il possesso di tale requisito questa è indubbiamente quella del vigile urbano o, meglio, quella di chiunque sia chiamato a correggere e reprimere. Lo sanno bene, in particolare, soprattutto gli agenti più attivi e non usi a tirarsi indietro di fronte alle responsabilità, nei riguardi dei quali anche il cittadino solitamente rispettoso delle regole, anche se non incline a schierarsi con il trasgressore, è però quasi sempre poco disponibile anche nei riguardi del tutore dell’ordine, definito bene che vada come “fiscale” ed oggetto di lezioni di quel particolare “buon senso” di cui già Cartesio, nel suo Discorso sul metodo, ebbe a suo tempo ad osservare che "il buon senso è la cosa al mondo meglio ripartita: ciascuno infatti pensa di esserne ben provvisto, e anche coloro che sono i più difficili da contentarsi in ogni altra cosa, per questa non sogliono desiderarne di più".
In realtà, qualsiasi appartenente al Corpo sa da subito e chiaramente che il buonsenso richiesto al vigile dal trasgressore è nient’altro che un invito ad omettere un atto del suo ufficio di fronte ad una violazione accertata, pacificamente ammessa e che tuttavia si vorrebbe non sanzionata in base a considerazioni o senza pregio o comunque non di competenza di chi si vorrebbe trasformato anche in giudice proprio mentre se ne contestano le capacità di accertatore. Un malinteso buon senso del genere, inteso a sviare l’attenzione dai doveri del servizio, sarebbe addirittura pericoloso.
Anche in questo caso, meglio sarebbe che un generico buon senso correttamente inteso “come una sorta di deposito sacro della sapienza del genere umano” (Cartesio) fosse non tanto richiesto al singolo operatore quanto permeasse i contenuti delle norme di qualsiasi livello intese a regolare ogni aspetto della convivenza umana.
Se valesse solo il buon senso del singolo, chi potrebbe affermare che gli organi di polizia ed i magistrati che hanno rilasciato per sedici volte gli scippatori minorenni di piazza della stazione a Milano abbiano agito sensatamente? Eppure nessuno dubita che abbiano agito secondo legge. Se invece si fossero mossi in base ad un qualsiasi buon senso comune, mettendo gli scippatori in condizione di non reiterare il reato con l’adozione di misure non inumane ma semplicemente adeguate allo scopo, avrebbero agito bene? Certamente no, anche nel caso di pieno conseguimento dell’obiettivo perseguito, perché si sarebbero sostituiti alla legge commettendo dei gravi reati.
Allo stesso modo, se l’ubriaco che si mette alla guida dopo tre ritiri di patente per lo stesso motivo ammazzando una innocente ragazza sedicenne fosse stato arrestato e trattenuto in carcere per un anno, in modo almeno da disintossicarsi dall’alcool, gli organi di polizia ed il magistrato avrebbero assai probabilmente agito secondo il buon senso inteso come espressione della “opinione della maggioranza” ma sicuramente avrebbero violato le disposizioni di legge vigenti al momento.
La pretesa di far carico al singolo operatore di responsabilità per la mancata adozione di misure di prevenzione caratterizzate dal buon senso ma non consentite dal legislatore può anche rappresentare un comodo alibi ma costituisce semplicemente, oltre che una palese ingiustizia, una autentica sciocchezza.
Forse - in definitiva - la prima prova di buon senso è nel non pretendere di risolvere tutto col buon senso (Ugo Bernasconi, pittore e scrittore)

QUARTO - A pena della stessa perdita di autorevolezza di cui ai punti precedenti, l’Assessore non ricorra mai alla formula “vediamo di chiudere un occhio”. Al di là del fatto che sia più probabile che gli inviti a lasciar perdere incidano a carattere permanente sulla produttività più di qualsiasi sollecitazione a lavorare, va da sé che se c’è una cosa che nessun vigile dovrà e potrà mai ammettere è la disponibilità ad allinearsi ad inviti a chiudere un occhio e tanto meno due: il vigile, infatti, può vedere o non vedere ma se vede e ammette di aver visto ha l’obbligo di attenersi alla legge a pena di conseguenze per qualsiasi volontaria omissione.
Diverso, ovviamente, è il caso in cui una situazione legittimi soluzioni interpretative più favorevoli o meno funzionali agli obiettivi dell’Amministrazione: in tal caso è naturale che il vigile, in quanto dipendente comunale, tenga conto anche senza esserne sollecitato dell’interesse pubblico perseguito dall’Ente laddove – come già detto – la lettura della norma lo consenta.
Anche se consultando abbastanza esperti si può trovare conferma a qualsiasi opinione (Anonimo), qualsiasi forzatura, ancorché infruttuosa, andrebbe però ad incidere ugualmente ad incidere in modo negativo sul rendimento degli addetti: il cane mordace trasformato in cane da salotto, infatti, non sempre torna a fare la guardia in modo efficace.

QUINTO - L’Assessore non dimentichi che l’impiego della polizia municipale è valutato, da parte dell’opinione pubblica e dei mezzi di informazione, soprattutto in base alla consistenza dell’organico e dei mezzi messi a disposizione del Comando. E’ pertanto compito dell’Amministrazione di assicurare dotazioni di uomini e cose adeguate agli obiettivi, riguardando l’attività di polizia possibilmente alla stessa stregua di ogni altra attività dell’Ente. Se per costruire un ponte l’ingegnere comunale fa presente che occorrono tot quintali di cemento e l’Amministrazione non fornisce il cemento richiesto, il ponte non viene realizzato senza addebiti per l’ufficio. Allo stesso modo, se per eseguire un nuovo servizio occorrono tot unità, non è ragionevole disporre che il servizio sia ugualmente assunto e addirittura pubblicizzato, rimettendo al Comandante di “vedersela lui” come se la gratificazione della implicita attestazione di fiducia fosse sufficiente a compensarne la successiva inevitabile lapidazione.
E’ irrinunciabile, sull’argomento, la costante attenzione dell’Assessore alle eventuali richieste di impieghi anche temporanei di personale del Corpo in mansioni non di competenza, che possono andare da occasionali compiti di autista comunale (tranne che per Sindaco o Assessore del ramo), ai recapiti di plichi o corrispondenza estranei al Corpo, alle notifiche di atti diversi da quelli rimessi all’organo di polizia da parte dell’Autorità giudiziaria a mente del codice di procedura penale e ad altre simili incombenze estranee al Corpo ed ugualmente esperibili da personale comunale sprovvisto delle qualifiche di polizia o addirittura di competenza di organi o uffici estranei all’Ente.
Quanto meno discutibili, ad esempio, risultano anche le intese di rimettere alla polizia municipale la rilevazione di tutti gli incidenti stradali, in centro abitato o addirittura nell’intero territorio comunale, intercorse tra vari comuni e le relative prefetture. Mi permetto ricordare, in proposito, che proprio lo scrivente ebbe a suo tempo l’incarico, all’interno della Commissione interministeriale per la stesura dell’attuale “Nuovo codice della strada” di predisporre la prima bozza dell’articolo 12, relativo ai servizi di polizia stradale, su cui lavorare per la stesura definitiva e come nell’occasione le richieste di figurare tra gli organi di polizia competenti alla esecuzione di detti servizi andassero non solo oltre l’ipotesi di ridurre l’elenco ai soli organi effettivamente operanti in materia ma addirittura al di là della più ampia elencazione poi adottata nell’occasione e addirittura integrata nel 2003. Su tali premesse, francamente sconcerta come in dette realtà locali la polizia municipale, benché ora al sesto posto dell’elenco, debba farsi carico della totalità degli interventi di ogni giorno o per tre quarti di giorno: chi volesse verificare il numero degli incidenti effettivamente rilevati da ciascuno degli organi che in detto elenco precedono o seguono la polizia municipale si troverebbe probabilmente davanti a diversi convitati di pietra, sicuramente meritevoli di ogni considerazione nell’ambito dei servizi di istituto svolti quotidianamente ma evidentemente del tutto estranei di fatto alla materia della sinistrosità della circolazione stradale.
Allo stesso modo accade che le funzioni di polizia giudiziaria e, in parte, quelle di pubblica sicurezza riconducibili alla polizia municipale, abbiano subito nel tempo una espansione probabilmente al di là della effettiva volontà del legislatore. Sia chiaro, in proposito, che l’impiego in dette attività non ha mai incontrato avversioni da parte dei componenti dei Corpi, a partire dallo scrivente, ché anzi il maggiore coinvolgimento nelle attività di cui trattasi è generalmente inteso come prova di fiducia e apprezzamento indubbiamente gratificanti. E va anche dato atto che le ragioni e le necessità all’origine della maggiore chiamata in causa non possono né vogliono essere disconosciute da nessuno, essendo quotidianamente sotto gli occhi di tutti. In linea di principio non può tuttavia non osservarsi come l’assunzione continuativa di competenze ordinariamente e tradizionalmente facenti capo a specifici organi dello Stato non possa continuare ad essere rimessa ad intese tra singoli enti locali ed i relativi uffici territoriali del governo, dato che dette intese incidono sullo status degli appartenenti alla polizia municipale senza riflessi né a livello legislativo né, se vogliamo, sotto il profilo economico, dato che in sede di rinnovi contrattuali, nonostante qualche parziale differenziazione, il vigile continua ad esser visto quasi esclusivamente come ogni altro dipendente comunale.
Da un punto di vista più generale, anche semplici esigenze di correttezza contabile vorrebbero comunque che Stato ed Enti locali o di altra natura, per l’ordinario perseguimento dei rispettivi fini, si avvalessero ciascuno esclusivamente delle proprie risorse.

SESTO - Nell’espletamento della funzione di Assessore alla polizia municipale è opportuno che il designato presti la migliore attenzione al rispetto delle posizioni gerarchiche del Corpo, limitando i contatti ufficiali e pubblici esclusivamente con il Comandante o con chi abbia ad essere da costui incaricato in particolari occasioni o per determinate questioni. Ovviamente l’esercizio della funzione non esige che l’Assessore rinneghi conoscenze ed amicizie pregresse ma sicuramente comporta che le direttive non siano inviate al Comandante per terze persone, che appartenenti al Corpo non siano convocati né ricevuti in sede dall’Assessore per questioni di servizio senza il preventivo assenso del Comandante, che l’Assessore si astenga da interventi diretti sul servizio di qualsiasi appartenente al Corpo ricorrendo, ove occorra, esclusivamente al Comandante o a chi lo sostituisce, che - in definitiva - l’Assessore concorra attivamente a consolidare quella uniformità di comportamenti tra tutti gli appartenenti al Corpo che rappresenta una delle migliori garanzie per l’Ente e per i cittadini.

SETTIMO - Si astenga, l’Assessore del ramo, da qualsiasi interferenza nelle materie di polizia giudiziaria e di modalità di applicazione del codice della strada, per le quali la polizia municipale fa capo rispettivamente all’Autorità giudiziaria ed al Prefetto. In tali ambiti è preclusa a chiunque non competano le specifiche qualifiche anche la semplice visione degli atti. Qualsiasi tentativo di maldestra invasione di campo non farebbe altro, conoscendo gli uomini, che accentuare la gelosa difesa delle particolari prerogative che la legge riserva agli addetti.

OTTAVO - Favorisca invece e se del caso solleciti, l’Assessore alla polizia municipale, il recupero della formale articolazione del Corpo in unità organizzative già prevista in un allegato B al Regolamento del personale vigente una decina di anni fa. Se ancora in vigore, ne verifichi l’attualità ovvero, d’intesa con il Comandante, si adoperi per le necessarie modifiche, estese alla analitica elencazione delle competenze allora affidate ad ogni singola U.O., in modo da assicurare alla articolazione del Corpo una visibilità agevolmente percepibile anche dal pubblico. In verità, avendo scelto a suo tempo di non frequentare l’Ente dopo il collocamento a riposo per aver più volte constatato che i pensionati sembrano avere la capacità di visitare i colleghi in momenti nei quali è impossibile averne le attenzioni che si aspetterebbero, non tanto il Corpo quanto l’intero Comune mi è apparso ultimamente, non solo per l’accentuazione dei distacchi in sedi diverse da quelle tradizionali, quasi irreperibile anche riguardo agli uffici ed ai servizi che ancora vi operano.
Relativamente al Corpo, peraltro, l’esigenza di una chiara ripartizione in unità organizzative corredata dell’elenco analitico delle rispettive competenze appare indispensabile anche per il consolidamento delle posizioni degli addetti al coordinamento prepostivi, ai fini della acquisizione delle necessarie professionalità specifiche e di una ragionevole sperimentazione pratica. In termini più semplici, in generale non sembra condivisibile, perché non conveniente, che l’assunzione di una qualsiasi nuova funzione da parte del Settore debba essere seguita dalla costituzione di uno specifico ufficio. Se si tratta di controllare le insegne, è poco comprensibile l’esigenza di istituire l’ufficio insegne, bastando il servizio di vigilanza edilizia, così come una particolare attenzione all’uso delle cinture di sicurezza non può presupporre l’apertura di un ufficio cinture.
Una struttura ragionevolmente consolidata anche nelle figure dei responsabili agevola inoltre non solo la rilevazione della produttività ma anche la contestazione di eventuali responsabilità, laddove la continua alternanza dei preposti non consente neppure di disporre delle situazioni di fatto al momento dei passaggi delle consegne indispensabili a tal fine. Contemporaneamente, incentivi tutte le iniziative per l’aggiornamento del personale, indispensabile quanto o addirittura più della stessa voglia di fare, avendo presente che la buona volontà da sola non può essere sufficiente e che anzi “niente è più terribile di un'ignoranza attiva” (Wolfgang Goethe).

NONO - Non si presti, l’Assessore alla polizia municipale, alla proliferazione dei divieti di sosta, essendo prevedibile che sia atteso al varco dalla schiera di coloro che semplicisticamente pensano di poter risolvere tutto con un cartello. In proposito, molto favore incontrano tra chi si trova a che fare con una discarica abusiva nelle sue proprietà anche i cartelli di “divieto di scarico”, quasi che in assenza di un cartello del genere fosse lecito abbandonare i rifiuti in qualsiasi posto. In realtà, dal momento che secondo la legge è vietato scaricare in qualunque luogo tranne nelle discariche autorizzate, chi autorizzasse l’installazione di un cartello del genere di fatto concorrerebbe semplicemente ad agevolare al trasgressore la individuazione del luogo dove meglio concretizzare lo scarico, accreditando il detto secondo “cui le cose peggiori sono sempre state fatte con le migliori intenzioni” (Oscar Wilde).
Oggettivamente, almeno laddove l’apposizione di una determinata segnaletica non sia obbligatoria, è opportuno tener conto preventivamente delle possibilità di controllo, considerando che “dove non c'è tigre, anche la lepre spadroneggia” e che il cartello impunemente non osservato alla lunga incentiva le violazioni anche nelle zone in cui la violazione risulti costantemente incompatibile con le esigenze generali.

DECIMO - Non lasci spazio, l’Assessore alla polizia municipale, al “buonismo” di singoli o di certe categorie, sia quelle facilmente intuibili che altre più imprevedibili e inattese, inteso ad “ammorbidire” l’attività di repressione della polizia municipale in occasione di manifestazioni o ricorrenze non più classificabili come eccezionali, dato che il calendario ne è ordinariamente zeppo da anni. E ricordi anche che se ora (dal 1978) il Comune ha la titolarità del rilascio delle licenze di polizia già di competenza della Questura, ciò non equivale a dire che il Comune sia autorizzato a prendersi delle licenze, nel senso che anche le attività di tale natura svolte eventualmente dal Comune stesso esigono il rilascio del medesimo titolo autorizzativo ed il possesso degli stessi requisiti richiesti per i privati. Anche se una ipotetica tolleranza, secondo Goethe, dovrebbe essere una fase di passaggio e dovrebbe portare al rispetto, è comunque opportuno ricordare anche che secondo altri “l’uomo va visto com’è e non come si vorrebbe che fosse” (Machiavelli), ed avere realisticamente la consapevolezza che purtroppo assai spesso “tollerare è offendere”.

Ringrazio dell’attenzione e comunque, nel caso in cui “il decalogo” risulti involontariamente troppo pretenzioso, me ne scuso e “mi riservo, con fermezza, il diritto di contraddirmi” (Paul Claudel).

Lucca, 19 luglio 2007

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