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Coerenza politica e difesa delle classi meno abbienti
Lettera aperta all'Assessore Regionale Rossi

Di Raffaello Papeschi

Caro assessore,

si apprende dai giornali che nella sua recente visita a Lucca lei ha dichiarato che il progetto di costruzione dei nuovi ospedali deve andare avanti così com'è e che di cambiare la localizzazione non se ne parla nemmeno.
O non era lei che in campagna elettorale, invitato dalla CGIL di Lucca per Tagliasacchi, aveva dichiarato che se il nuovo sindaco le avesse chiesto di spostare la localizzazione avrebbe interpellato di nuovo l'avvocatura della Regione per sentire se ciò era possibile e quanto eventualmente sarebbe costato alla Regione?

Mi congratulo con lei per la sollecitudine con cui lei ha già interpellato l'avvocatura, che evidentemente ha già risposto di no, senza naturalmente che il fatto che il nuovo sindaco di Lucca non sia Tagliasacchi ma Favilla abbia minimamente influito sulla risposta.
Anzi lei ha di nuovo minacciato il Comune di Lucca di pesanti sanzioni economiche nel caso di recesso o variazione dell'Accordo di Programma, ratificato in sua presenza dalla passata amministrazione con i voti determinanti dell'Ulivo.

Ma non aveva detto che eventualmente sarebbe stata la Regione a pagare?
Si tratta di vendetta o ricatto?
Sorprendono questi cambiamenti di atteggiamento in un uomo della sua levatura politica.

Ma in fondo queste sono inezie di fronte all'attuazione del processo di deospedalizzazione programmato dalla Regione già nel lontano 2003 con delibera di consiglio n°31, Allegato A, che, richiamando in premessa che "la definizione di salute, formulata dall'OMS nel 1948, ha incorporato ... anche le valenze emozionali, relazionali e spirituali ... [e] aspetti non solo comportamentali ma anche filosofico-cognitivi ed esistenziali-emotivi", proclama il passaggio dal "concetto di sanità a quello di salute", il che tradotto in Italiano corrente significa riduzione progressiva dei posti-letto di media e lungo-degenza negli ospedali (naturalmente solo nelle piccole città della Toscana, perchè le sedi universitarie e alcune città importanti non si toccano), compensandoli con "strategie di pianificazione capaci di pensare la salute in modo integrato con le politiche sociali".
Si apprende dal corpo della stessa delibera che questi nobili propositi di adeguamento "all'avanzamento del movimento culturale per la salute" saranno attuati mediante il ricorso "all'ospedale di comunità, all'albergo sanitario, al diurno per prestazioni specialistiche ed ai centri residenziali per cure palliative".
Lasciando da parte l'albergo per il pernottamento di parenti, il diurno per cure ambulatoriali e l'Hospice per i terminali, l'unico riferimento che noi siamo stati capaci di trovare all'ospedale di comunità nella legislazione toscana è contenuto nella delibera C.R. n°384, del 25-11-97, che prevede che tale ospedale sia destinato solo a "pazienti oncologici, anche per trattamenti palliativi, altri pazienti terminali (non affetti da immunodeficienza acquisita), pazienti neurologici che non necessitano di ausilii per il mantenimento delle funzioni vitali, e pazienti con temporanea non autosufficienza che abbisognano di assistenza integrata".

Domanda: e degli altri pazienti (es. proprio quelli con immunodeficienza acquisita, che magari abbiano contratto TBC, un politraumatizato per incidente con concomitante insufficienza circolatoria, polmonare o renale, un operato con complicanze, un diabetico con disturbo circolatorio generalizzato - e si potrebbe continuare - tutti malati non terminali che abbisognano di assistenza integrata non preventivamente quantificabile nel tempo) cosa ne facciamo dopo i cinque giorni di degenza media previsti nell'ospedale per Alta Intensità di cura?
C'è di più, l'Ospedale di Comunità non è un ospedale, perchè ha solo personale infermieristico e non medico, il paziente è seguito dal medico di base che deve assicurare "gli accessi programmati all'atto del ricovero, comunque non inferiori a due settimanali", è affidato alla responsabilità del coordinatore del distretto socio-sanitario che esercita le sue competenze e il suo orario di servizio di norma al di fuori dell'ospedale, ed è dotato di soli 12-16 posti-letto. E la Regione Toscana pensa che questa struttura possa garantire un'assistenza non dico di eccellenza, ma almeno sufficiente ai nostri pazienti non-terminali, di media e lungo-degenza?

Ritornano in mente le belle parole spese per lodare i nobili principii della legge 180/78 per la psichiatria, che prevedeva l'analogo passaggio dall'assistenza ospedaliera a quella sul territorio, e che ha prodotto altrettanti lutti in Italia quanti ne produsse agli Achei l'ira funesta del Pelide Achille.

Però la cosa più incomprensibile a noi ottusi piccolo-borghesi di provincia è come questa rivoluzione filosofico-culturale nel concetto di salute, programmata per noi dalla Regione e suffragata da riferimenti internazionali, non abbia conseguenze nefaste proprio su quella classe popolare che la Regione dice di difendere e rappresentare; perchè chi avrà soldi o potere troverà sempre un modo per compensare alle eventuali carenze del servizio sanitario pubblico con una casa di cura privata. E chi non li avrà si rassegni, le leggi del progresso ideologico sono ferree e inarrestabili.

O che si tratti invece della legge del più forte e di quella del libero mercato, per cui i bilanci si risanano a spese dei più deboli?

Lucca, 23 giugno 2007
Raffaello Papeschi, Comitato "Lucca, per una Sanità Migliore"

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