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Anno nuovo: un forte impegno per obiettivi alti.

Di Paolo Razzuoli

Uno sguardo sul mondo

Ora che le feste sono finite e si sono spente le luci natalizie, la politica riprende a camminare con i ritmi di sempre, ad ogni livello, con un’agenda foltissima dei molteplici e gravi problemi che attendono risposte adeguate.

Sullo scacchiere internazionale, questo nuovo anno si apre con molteplici scenari inquietanti, che proiettano scure ombre sulla nostra capacita’ di costruire un mondo di pace, fondato su criteri di giustizia, di tolleranza, di rispetto dei diritti umani: insomma di tutto cio’ che rappresenta la condizione necessaria per l’edificazione di un mondo di pace.
Iraq, Libano, Medio Oriente, Afghanistan, Iran, sono alcuni dei punti di piu’ acuta crisi: situazioni esplosive, capaci di incendiare regioni strategiche con conseguenze catastrofiche.
Ma la sensazione, al di la’ dei punti di maggior criticita’, e di una generalizzata insicurezza, con scenari complessi e sfuggenti ai tradizionali strumenti di analisi: una situazione che, come attestato da importanti sociologi, fa del nostro, un tempo dominato da una sensazione di diffusa insicurezza e preoccupazione.

La straordinaria rivoluzione tecnologica, mentre ha creato condizioni di vita molto piu’ agiate che in passato, ha generato uno scenario cosi’ profondamente diverso, in un tempo cosi’ breve, che non sembra essere affiancato da una altrettanto pronta capacita’ di capirlo e di gestirlo.
L’abbattimento delle barriere che ha fatto del globo un “piccolo villaggio”, la mobilita’ delle persone, la moltiplicazione dei mercati, l’esigenza di una diversa ripartizione delle risorse, sono conseguenze del “mondo nuovo” che la politica dovra’ trovare la capacita’ di gestire, cercando l’armonizzazione dei vari interessi, in una prospettiva di sviluppo equilibrato. L’alternativa sarebbe il caos, in una sorta di darvinismo politico-sociale nel quale i piu’ forti prevarrebbero con le catastrofiche conseguenze facilmente prevedibili.

Una situazione che noi occidentali dobbiamo trovare la capacita’ di affrontare senza pregiudizi ma anche con la consapevolezza del valore della nostra storia e della nostra cultura.
Il richiamo alle radici cristiane dell’Europa e dell’Occidente costituisce - a mio avviso - il patrimonio di riferimento nella prospettiva di un incontro-confronto fra culture e civilta’, in un quadro di reciprocita’, senza alcuna volonta’ egemonica ma con la consapevolezza che solo facendosi portatori dei valori che sono a fondamento della nostra storia si potra’ sviluppare un dialettico rapporto con gli altri, scevro tanto da mire egemoniche quanto da atteggiamenti autolesionisti.
Sembra che la civilta’ occidentale abbia preso “in odio se stessa”, in una sorta di volonta’ di autoflagellazione per la propria storia. Certo non dobbiamo nascondere i nostri errori ma nemmeno dobbiamo nascondere quanto di grande la nostra storia e la nostra cultura, emanazione del cristianesimo, sono state capaci di produrre.

Problemi complessi che non potranno essere elusi pena l’aggravarsi di un processo di decadimento della nostra civilta’, gia’ fortemente minata dal consumismo sfrenato, dall’individualismo esasperato, dall’egoismo, dall’edonismo, dalla caduta del senso di solidarieta’ ecc..

Non intendo sviluppare ulteriormente questi argomenti che pur debbono essere ben presenti a chiunque voglia riflettere sul nostro tempo, anche in relazione ad esperienze attive nel mondo della politica.
Molti autorevoli intellettuali, hanno offerto su questi temi importanti contributi che invito a leggere.
Penso che siano temi fondamentali e per questo Fucinaidee ospitera’ - quando possibile - interventi ad essi riferibili.
Sollecito i lettori del sito a voler intervenire, offrendo contributi capaci di animare il dibattito e di aiutare la riflessione.

L'Italia

Venendo ora a problemi piu’ concreti legati alla nostra realta’ nazionale e locale, mi piace partire da alcuni richiami contenuti nel messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
IN modo particolare voglio richiamare l’auspicio che egli ha fatto sulla necessita’ di un profondo cambiamento dello stile del dibattito politico, ed il richiamo all’impegno politico particolarmente rivolto ai giovani.

Leggiamo anzitutto le parole del Capo dello Stato:
“Le diversità, anche radicali, degli orientamenti e dei programmi, e quindi l'asprezza dei contrasti, non possono preoccupare perché fanno naturalmente parte della competizione democratica. E non cancellano tutto quel che ci unisce come italiani. Ma forte è il bisogno di un clima più sereno e costruttivo. Ho creduto e credo di doverlo dire.
Se la politica diventa un continuo gridare, un gareggiare a chi alza di più i toni, uno scontrarsi su tutto, su ogni questione, in ogni momento, ne soffrono le istituzioni, a cominciare dal Parlamento, e ne soffre il rapporto con i cittadini.
Quando nel frastuono generale non si possono nemmeno più cogliere bene le diverse posizioni e proposte, allora molti finiscono per allontanarsi non da questo o quel partito, ma dalla politica.
E invece, attenzione. A chi mi ascolta, e a tutti gli italiani, vorrei dire : non allontanatevi dalla politica. Partecipatevi in tutti i modi possibili, portatevi forze e idee più giovani. Contribuite a rinnovarla, a migliorarla culturalmente e moralmente.”

Ebbene, le parole del Presidente Napolitano risultano in sintonia con un disagio che in varie occasioni ho avuto modo di evidenziare.
La politica oggi si fa, purtroppo molto spesso, per slogans gridati anziche’ per riflessioni meditate. Mentre la complessita’ della societa’ contemporanea richiede raffinati strumenti di analisi, il dibattito sembra sempre piu’ scadere, nell’imboccare i binari della strumentale ricerca del consenso, della demagogia ingannevole, della disinvolta corsa a promesse, amplificate dai mezzi di comunicazione di massa, che nessuno e’ poi in grado di mantenere.

Una situazione, per lo meno in parte, generata da uno scenario politico di netta contrapposizione, i cui protagonisti sono schieramenti fortemente condizionati dalle componenti piu’ estreme, animati piu’ da problemi di cassetta che non dalla volonta’ di affrontare i nodi strutturali del Paese.

Eppure i problemi ci sono e le risposte non possono essere procrastinate all’infinito.
E’ difficile immaginare che le soluzioni possano essere il frutto di questo scenario.
Io non sono certo contrario all’alternanza ma e' di tutta evidenza che questo bipolarismo non funziona.
E’ un bipolarismo che costringe forze sostanzialmente omogenee ad essere divise e forze profondamente disomogenee ad essere assieme.

Qui non si tratta certo di riesumare il passato: per favore non ripetiamo il solito ritornello sulla volonta’ di rinvivire la Democrazia Cristiana, glorioso partito, perno di una fase straordinaria della nostra storia recente, frutto pero’ di un contesto ormai passato.

Si tratta invece di fare quel salto di qualita’ auspicato anche da Napolitano, che passa attraverso un ripensamento del modo e dello stile della politica: un cambiamento che ponga la volonta’ di risolvere i problemi del Paese al vertice delle priorita’, declassando a ruolo secondario la ricerca immediata del consenso a qualsiasi costo.

Non debbono certo spaventare le diversita’, i contrasti di progetto politico: sono il sale della democrazia.

Nella logica dell’alternanza non e’ possibile pero’ che attorno a grandi temi di interesse nazionale, primo fra tutti il problema istituzionale, non possa essere trovato quel consenso necessario per realizzare le riforme dell’edificio che poi ciascuno riempira’ con i contenuti propri.

Vi sono poi alcune riforme, ad esempio quella della scuola che, per i tempi lunghi che richiedono, difficilmente possono essere esaurite nell’arco temporale di una legislatura.
Se ad inizio di una nuova legislatura viene cancellato cio’ che e’ stato fatto nella precedente, il ping-pong diventa infinito e la riforma non vedra’ mai la luce.

Altri problemi richiedono un vasto consenso: basti pensare alla situazione delle pensioni piuttosto che alla pubblica amministrazione, alla legge sull'autonomia locale piuttosto che all'ordinamento giudiziario, alla legislazione sul lavoro piuttosto che alle grandi scelte infrastrutturali o alla politica estera ecc..

Un problema di stile che, ben inteso riguarda tutti: Riguarda il centrodestra che non ha saputo resistere a tentazioni muscolari anche quando non ce n’era bisogno; riguarda il centrosinistra che in quanto a supponenza ed arroganza non teme confronti.

Venendo all’ambito politico che piu’ mi riguarda, quello alternativo alla sinistra, mi auguro che possa essere avviato un reale dibattito di natura politico-programmatica, con l’obiettivo di un forte ripensamento degli assetti attuali, in vista di una vera e propria rifondazione dello schieramento, caratterizzandolo decisamente sul versante della tradizione cattolico-liberale-democratico-riformista europea.

E’ certo interessante quanto sta facendo l'UDC, sotto la spinta dell'On. Casini, purche’ non si tratti del solito giochetto per poi alzare il prezzo della rincasata.

Con interesse penso debbano essere seguite altre iniziative, quali ad esempio quella animata dall'On. Marco Follini.

Mi auguro pero' che il confronto, ancor prima che sul leader, possa svilupparsi sui contenuti politici e programmatici.
I nodi delle riforme della legge elettorale e degli assetti istituzionali sono improcrastinabili.
Nel ribadire che – nell’attuale scenario - il modello alla tedesca mi pare quello da preferirsi, penso che altre soluzioni possono anche funzionare purche’ si attui un modello coerente.
Il grave limite delle soluzioni proposte, o anche praticate, negli ultimi anni, mi pare che vada individuato nella scarsa coerenza interna delle soluzioni adottate: un limite frutto della necessita’ mediatoria all’interno di schieramenti disomogenei, che ha partorito soluzioni pasticciate, anche quando contenevano scelte in parte condivisibili.
E’ il caso della riforma costituzionale approvata nella scorsa legislatura, bocciata nel referendum. Una riforma che non ho condiviso nel suo assieme, se pur convinto che essa conteneva anche elementi di bonta’ (vedi il bicameralismo imperfetto o la riduzione del numero dei parlamentari) che dovranno essere ripresi.

Altro tema trattato dal Presidente della Repubblica e’ quello della partecipazione alla vita politica: un tema di grande attualita’ stante la caduta di partecipazione.
Ma perche’ la gente si allontana sempre piu’ dalla politica?
Credo perche’ non esistono piu’ strumenti capaci di dare un senso vero alla partecipazione.
Si tratta, in buona sostanza, della crisi dei partiti che, anziche’ assolvere al ruolo di strumenti di partecipazione e di mediazione fra societa’ civile ed istituzioni di governo, si sono trasformati in mere macchine elettorali, con forti connotazioni leaderistiche.
Partiti leaderistici quindi, con classi dirigenti sostanzialmente cooptate dall’alto e non frutto di scelte della base.
Partiti somiglianti sempre piu’ a societa’ per azioni che non a strumenti di dibattito politico.
Partiti quindi interessanti per i carrieristi della politica ma non per chi la politica la interpreta come espressione di una autentica e disinteressata passione civile.

La riforma dei partiti diventa quindi necessita’ paradigmatica se vogliamo rilanciare la partecipazione, soprattutto dei giovani, alla vita politica.
E’ certo impresa non facile laddove si tenga presente l’individualismo e l’egoismo sempre piu’ dominante nel nostro tempo. E’ pero’ una battaglia da fare poiche’ senza dibattito e senza partecipazione la democrazia e’ in pericolo.

La politica a Lucca

Infine, ma non certo per ultimo in ordine di importanza per noi luchesi, vengo alla situazione della nostra citta'. In primavera si votera’ per eleggere la nuova amministrazione cittadina: un fatto politico di grande importanza, che viene a chiudere una fase di grande turbolenze.

Alle spalle abbiamo un periodo di grande aspettative e di cocente delusione.
I fatti politici del 2001 e del 2002 avevano costituito le premesse di una fase potenzialmente di grandi opportunita’ per Lucca.
Purtroppo questa fase si e’ chiusa come sappiamo, gettando chi ci si era impegnato e ci aveva creduto, in una situazione di grande disorientamento.
Ma ora e’ il momento di reagire, nella consapevolezza che Lucca ha una specificita’, una storia ed una tradizione che richiedono una classe politica che sappia interpretarla e valorizzarla al meglio.

Dobbiamo saper trovare la grinta necessaria, nella consapevolezza che la risposta di cui Lucca ha bisogno non e’ certo la “conquista” della citta’ da parte di un centrosinistra i cui obiettivi e le cui strategie sono estranee a cio’ che la nostra comunita’ vuole.

Pur comprendendo lo stato d’animo di chi e’ rimasto deluso dall’esperienza di questi anni, sottolineo la diversita’ della prospettiva che si apre per la citta’ con la candidatura del Senatore Mauro Favilla.
Poiche’ i fatti recenti ci hanno insegnato che il rinnovamento della politica non e’ un fatto generazionale, Mauro Favilla, non certo giovane anagraficamente e con alle spalle una consolidata esperienza politico-amministrativa, rappresenta una preziosa occasione di rinnovamento della politica lucchese.

Rappresenta il rinnovamento poiche’ il suo noto equilibrio e senso delle istituzioni potranno essere garanzia del superamento delle storture e delle arroganze che sono alla base del distacco fraistituzioni di governo della citta’ e societa’ civile.
Potra’ essere un elemento di rinnovamento giacche’ sara’ capace di favorire la crescita di una classe politica giovane e qualificata, grazie alla sua esperienza e competenza.
Sara’ un elemento di rinnovamento poiche’, profondo conoscitore ed interprete della “lucchesita’”, potra’ interpretarla al meglio attraverso scelte che ne sappiano esaltare la specificita’, in un corretto rapporto istituzionale con gli altri enti del territorio.
Sara’ elemento di rinnovamento poiche’ la sua competenza ed esperienza gli consentiranno di affrontare i nodi strutturali dello sviluppo del nostro territorio che in questi anni, anche per le inadeguatezze della classe politica a cui e’ stata affidata la gestione della provincia, sono rimasti irrisolti.

L’adesione sulla candidatura di Mauro Favilla di un vasto schieramento, con connotazioni di originalita’ rispetto alla Casa delle liberta’, e’ un fatto di grande interesse la cui portata politica non va assolutamente sottovalutata.
In numerose occasioni si e’ parlato di Lucca quale laboratorio politico.
Se n’e’ parlato a ragione poiche’ la nostra citta’ a sperimentato soluzioni che poi hanno trovato una proiezione anche nella dimensione nazionale.

A Lucca, l’occasione elettorale e la candidatura di Mauro Favilla potranno costituire momenti di elaborazione politica di un progetto con connotazioni di interesse anche per l’evoluzione del centrodestra nazionale.
La natura del progetto politico-programmatico, ispirato alla storia ed alla tradizione della nostra citta’, pervasa di quei valori che hanno fatto grande la tradizione cattolico-liberale-democratico-riformista, potra’ offrire elementi di riflessione per la costruzione di quel centrodestra nuovo di cui il Paese ha bisogno.
Un centrodestra con tinteggiature piu’ centriste, laddove per centro non si intende certo una furbesca azione di galleggiamento bensi’ una capacita’ di mediazione fra interessi, necessaria in una societa’ complessa nella quale le sfide che ci vengono poste potranno essere risolte solo grazie all’impegno convinto delle forze vive della societa’ civile.

Cosi’ una proposta “centrista” dovra’ saper coniugare mercato e solidarieta’, efficienza e partecipazione, valorizzazione delle risorse individuali ed interessi collettivi, ambiente e sviluppo, crescita economica e tutela del lavoro e cosi’ via.
Dati certo non facili da ricondurre a sintesi: una partita che non potremo esimerci da giocare, sia nella dimensione nazionale che locale.

A Lucca la giocheremo con Mauro Favilla e cercheremo di giocarla andando in ogni angolo del comune a spiegare la nostra proposta.
Sappiamo che sara’ una partita dura; le avvisaglie di una partita giocata senza esclusione di colpi, anche bassi, gia’ le abbiamo viste.

Sappiamo che metteranno in campo ogni mezzo ma abbiamo la forza della convinzione di giocare una partita necessaria per la nostra citta’.
Machiavelli dice che la fortuna va cavalcata con la virtu’:
concludo questa mia riflessione con un appello ad una indispensabile virtu’ per chi si accinge ad una grande battaglia politica: quella dell’impegno e della capacita’ di far sempre prevalere i fini di interesse generale su quelli particolari.

Se saremo uniti potremo farcela!!!

Lucca, 4 gennaio 2007
Paolo Razzuoli

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